Kantemir Balagov, che aveva già impressionato per il suo esordio con Tesnota (uscito quest’estate in Italia con due anni di ritardo) ha portato al concorso del Torino Film Festival il suo nuovo lavoro, La Ragazza d’Autunno (titolo originale Beanpole), acclamato alla scorsa Certain Regard di Cannes (Premio alla Regia e Fipresci) e che la Russia ha scelto per rappresentare il paese ai prossimi premi Oscar. La conferma di un autore, già allievo di Alexander Sokurov, che a soli 28 anni è già uno più grandi talenti del cinema russo.
Due donne nel dopoguerra sovietico
Differentemente da Tesnota, che trattava una vicenda localizzata negli anni ’90, con La Ragazza d’Autunno il regista di Nalchik si immerge in dramma storico ambientato a Leningrado nel 1945 durante l’immediato secondo dopoguerra, ispirandosi al libro di Svjatlana Aleksievič, La guerra non ha un volto di donna. La timida e bionda Iya, detta “giraffa” per la sua statura spropositata, lavora come infermiera in un ospedale in cui sono ricoverati i reduci di guerra mentre nel contempo si occupa del piccolo Pashka (Timofey Glazkov). Lya (interpretata da Viktoria Miroshnichenko) è anche affetta da un morbo che periodicamente blocca il suo corpo, la immobilizza, come rimanesse “incantata”. Quando l’amica Masha (Vasilisa Perelygina), la madre di Pashka torna dal fronte, il bambino non c’è più e Lya si sente colpevole della sua scomparsa. Spinta psicologicamente al limite dal dolore e dagli orrori vissuti, Masha, rimasta sterile, vuole un altro figlio e Lya dovrà aiutarla, a tutti i costi.
Un film dal rigore impressionante
Nel pedinare questa vicenda il rigore di La Ragazza d’Autunno è impressionante: ogni inquadratura è una cornice con una potenza pittorica sconvolgente, una ricerca estetica ricca e stratificata, un significato dialettico mai lasciato al caso. Ecco, Balagov non dirige, dipinge. E lo fa con uno sguardo immersivo capace di dilatare gli spazi stretti e con movimenti di macchina che si insinuano delicatamente fra i personaggi; una messa in scena che ci porta fin dentro il racconto filmico, tanto che anche noi in qualche punto ci sentiamo presenti in quel set come fossimo delle comparse e non semplici osservatori esterni. Anche i costumi e le scenografie sembrano avere una consistenza viva e tangibile, ne percepiamo quasi gli odori e gli spessori, mentre sprofondiamo in una splendida fotografia piena di significati: da una parte l’ocra trasmette il concetto di perdita e di trauma, dall’altra il colore verde (che rispunta in più oggetti di scena) rilancia un’idea di speranza per una nuova vita.
La Ragazza d’Autunno e la sovversione narrativa
Dopotutto la narrazione di Beanpole rimane sospesa tra dolore e speranza, tra guerra e pace, tra morte e vita. Anche il peso della storia fa paio con il peso dei traumi individuali, una simbiosi devastante e che riflette l’interdipendenza delle due protagoniste (a proposito, straordinarie): Masha ha bisogno di Lya (e viceversa) per recuperare quell’identità femminile cancellata dalla spietatezza del conflitto bellico. Fra le due si genera una vera e propria lotta di potere per il controllo dell’una sull’altra che ricorda, anche se per vicende dissimili, le due protagoniste de La favorita di Lanthimos. Sta proprio qui la sovversione narrativa di Balagov: contro ogni pseudo-patriottismo demolisce l’eroismo “maschile” dei soldati sovietici per approfondire la conseguenza che quella guerra ebbe sulle donne. Mentre infatti i personaggi maschili emergono come pedine prudenti e vulnerabili, sono le due protagoniste ad assumere un ruolo nuovo, fatto di sacrificio ma anche di responsabilità, con scelte tanto coraggiose quanto dolorose, spesso contro l’etica e la morale: l’aborto, l’eutanasia e un arcaica pratica di “utero in affitto” sono decisioni che portano avanti con freddezza e disperazione, pur di salvare un’idea di femminilità calpestata ed umiliata.
Per questa sua capacità di sovvertire i canoni dei racconti bellici e post-bellici, per la potenza drammatica delle due attrici protagoniste e per l’impressionante messa in scena, Beanpole non è solo una delle visioni più potenti viste al Torino Film Festival, ma assume tutti quegli elementi di splendore di cui sono fatti i capolavori. Il film di Balagov esce in Italia il 9 gennaio su distribuzione Movies Inspired.