Non è un caso che i fratelli Coen siano sono tra i registi e sceneggiatori più importanti della propria generazione – e non solo. Innovativi ma radicati nel cinema classico, impietosi nella scrittura ma compassionevoli nello sguardo, sempre ironici eppure profondi, hanno saputo reinventarsi più volte, riuscendo a lasciare il segno anche con pellicole diversissime tra loro. A partire da quel lontano esordio con Blood Simple (1984) sono infatti riusciti ad esplorare territori diversissimi, elaborando però un linguaggio totalmente personale dal quale, grazie a un indiscutibile talento, sono riusciti ad allontanarsi e riavvicinarsi a piacimento, senza mai perdere la propria identità anche in titoli più vicini al cinema di genere.
QUEL PERIODO MAGICO CHE HA SEGNATO PIÙ DI OGNI ALTRO IL CINEMA DEI FRATELLI COEN
Se tutta la loro filmografia mantiene un’impronta comune, c’è però un periodo che distilla più di ogni altro la poetica che ha reso e rende unici Joel ed Ethan Coen, ed è quello che intercorre tra il 1998 e il 2004. Cioè appena dopo e appena prima quelli che forse sono le loro due opere più importanti.
Un percorso di consolidamento ed evoluzione racchiuso tra due pietre miliari del loro cinema e caratterizzato da spietata ed elegante leggerezza; una fase in cui i due, reduci della gentile amarezza e dalla rivoluzionaria contraddittorietà di Fargo (1996) e indirizzati verso l’anima nero pece del Bardem di Non è un paese per vecchi (2007), hanno cristallizzato i temi chiave della loro cifra stilistica regalandoci pellicole memorabili su cui il marchio Coen era impresso a lettere capitali.
Ad allora risalgono Il grande Lebowski (1998), Fratello, dove sei? (2000), L’uomo che non c’era (2001), Prima ti sposo, poi ti rovino (2003) e Ladykillers (2004). Un corpo unico in cui solo apparentemente stride la straordinaria divagazione drammatica del film con Billy Bob Thornton, che pur risalendo a un periodo precedente – i fratelli Coen vi stavano lavorando ancor prima de Il Grande Lebowski – è in fin dei conti perfettamente armonica nel contesto. Un periodo che a suo modo sembrava chiuso, e cui invece molto più tardi i fratelli registi sono tornati con due titoli altrettanto notevoli: Ave, Cesare! e La Ballata di Buster Scruggs. Opere che per temi e linguaggio riportano alla suddetta cornice, e infatti ad essa risalgono: il primo deriva da uno script del 2004, mentre l’episodio che dà il titolo al secondo risale a un copione del 2002.
LE 8 COSTANTI DELL’EPOCA D’ORO DELLE COMMEDIE DEI FRATELLI COEN
1) L’IDIOZIA NELLA VANITÀ
Probabilmente il più ovvio dei comuni denominatori, nonché la maschera che ci ha regalato il Clooney che amiamo. Il tema di una miope o demenziale vanità è tratteggiato con l’iconico bowler Jesus Quintana de Il Grande Lebowski; incarnato con più amarezza da un barbiere che cerca maldestramente di affermarsi provando a scoprirsi imprenditore e talent scout (L’Uomo Che Non C’era), e ancora è presente nel fuggitivo incapace di rinunciare alla brillantina Dapper Dan (Fratello, dove sei?); nell’avvocato farfallone che si lascia irretire con i suoi stessi strumenti (Prima ti sposo, poi ti rovino), nel dotto criminale dagli improbabili mustacchi (Ladykillers) e nella superficiale star del cinema manipolata da chiunque (Ave, Cesare!).
2) IL COLPO GROSSO
Un altro topos del cinema dei fratelli Coen è il grande colpo. Che si tratti di un riscatto (Il grande Lebowski e Ave, Cesare!), di una fuga (Fratello, dove sei?), di un affare (L’uomo che non c’era), di un contratto (Prima ti sposo, poi ti rovino) o di un furto (Ladykillers), potete star certi che qualcuno proverà a trovare la strada più rapida verso il proprio vantaggio.
3) L’INUTILE AMBIZIONE
Strettamente legata alla costante del ‘colpo grosso’, la vana ambizione è il motore di tutte le storie. Che lo scopo sia l’arricchimento (Il grande Lebowski e Ladykillers), la libertà (Fratello, dove sei?), l’autorealizzazione (L’uomo che non c’era), l’amore (Prima ti sposo, poi ti rovino), o la lotta per quello in cui si crede (Ave, Cesare!), nessuno sta bene al proprio posto ma spesso, in un modo o nell’altro, è destinato a rimanerci.
4) IL FASCINO VINTAGE
Il sapore dei tempi andati diventa parte della storia, con i Coen. Lo troviamo nella colonna sonora de Il grande Lebowski, nell’ambientazione di Fratello, dove sei?, nel bianco e nero de L’uomo che non c’era, nei toni e nell’estetica di Prima ti sposo, poi ti rovino, nell’abbigliamento del professore in Ladykillers e nei numeri di nuoto sincronizzato di Ave, Cesare!.
5) IL GROTTESCO E IL METAFISICO
L’esagerazione e il superamento dei limiti è parte del mondo creato dai registi di Fargo. Tra religione, mitologia, alcolismo, sogno e vanità, abbiamo una galleria di varia umanità in cui le caratteristiche sono portate all’estremo, tanto che spesso i personaggi che ci raccontano sono vere e proprie caricature, che si tratti di ruoli principali (Il grande Lebowski, Fratello, dove sei?, Ladykillers e Ave, Cesare!) o di contorno (L’uomo che non c’era e Prima ti sposo, poi ti rovino). Caricaturali sono anche i toni con cui si porta in scena il piano del metafisico (le allucinazioni, il diavolo, il paradiso, l’aldilà, la fede), che ha in quasi tutti i film lo scopo di relativizzare gli affanni di noi poveri e buffi mortali.
6) UN’IRONIA FEROCE
Se ne L’uomo che non c’era abbiamo un’ironia beffarda che si rifiuta di strapparci alcun sorriso, in ognuna delle sopracitate pellicole ridiamo di gusto, e generalmente lo facciamo della pochezza umana. Eppure non ci sentiamo in colpa. I casi umani de Il grande Lebowski, le sventure di Fratello, dove sei?, le pene d’amore di Prima ti sposo, poi ti rovino, i fallimenti di Ladykillers e l’ipocrisia e l’illusione di Ave, Cesare! meritano il nostro amabile e divertito cinismo.
7) IL REKOMBINANT
Caratteristica immancabile nei migliori Coen è la capacità di muoversi con destrezza tra diversi generi nella stessa pellicola, miscelando alla commedia il thriller (Il grande Lebowski), l’epica e il road movie (Fratello, dove sei?), l’heist movie (Ladykillers) e il giallo (Ave, Cesare!), ma unendo anche la commedia romantica anni ’50 con la commedia demenziale (Prima ti sposo, poi ti rovino) e trasfigurando con il noir i cliché della commedia anni ’50 (L’uomo che non c’era).
8) IL PALESAMENTO DELLA MACCHINA DA PRESA
L’estetica ha un peso fondamentale nella poetica dei Coen, complice lo straordinario talento del direttore della fotografia Roger Deakins, loro collaboratore quasi fisso. La mano dei registi c’è e in alcuni casi è tanto ostentata da diventare protagonista, lasciando fluttuare lo spettatore tra le gambe di avvenenti signorine (Il grande Lebowski), riflettendo sempre del fuoco negli occhiali dell’antagonista (Fratello, dove sei?), trasformando una borchia in una lampada e una stanza della morte nell’aldilà (L’uomo che non c’era), trascinando irruentemente gli spettatori dalla commedia romantica alla visuale in prima persona di un cameraman televisivo (Prima ti sposo, poi ti rovino) e regalando ricercatissime simmetrie (Ladykillers) o strabilianti numeri di danza (Ave, Cesare!).
Molte delle suddette caratteristiche, com’è naturale, ritornano qui e lì in vari momenti della filmografia dei fratelli Coen, ma vanno altresì considerate come l’esatto perimetro nel quale si muove il momento più importante del loro cinema. Un percorso che, dalla pietra miliare Fargo – rinascita dopo il flop di Mr Hula Hoop – all’altra pietra miliare Non È un Paese per Vecchi, ci regala una parentesi di altissimo cinema che da sola basterebbe a benedire l’intera carriera di un autore. E che di certo non ha esaurito l’inesauribile vena creativa dei due.