Toy Story 4, capitolo finale del celeberrimo franchise Pixar, ha conquistato quest’anno l’Oscar come Miglior Film d’Animazione; l’opera diretta da Josh Cooley è la pellicola che ha incassato di più nella storia della saga (più di un miliardo di dollari in tutto il mondo). Dato il debutto in Italia di Disney+, su cui sono disponibili alcuni episodi della serie animata I Perché Di Forky (in attesa del rilascio sulla piattaforma del film), torniamo ad occuparci di un’opera che si focalizza sulla delicata fase di passaggio dall’infanzia all’età adulta.
Il lungometraggio Disney/Pixar mette in scena le avventure dei giocattoli nella fase post-Andy (il proprietario del protagonista della saga, il giocattolo Woody): tra nuovi incontri (soprattutto con il simpatico Forky) e il ritorno di un turbolento passato sentimentale, lo sceriffo a cui il grande Fabrizio Frizzi ha prestato la voce nei primi tre film è l’indiscusso protagonista di questo ultimo episodio; anche lui dovrà imparare il significato della crescita, al pari del suo amato Andy.
TOY STORY 4: UN ‘ANIMISMO PRIMITIVO’ E IL VALORE DELL’OGGETTO NELL’ERA DEL CONSUMISMO
Toy Story 4 riflette su come andare oltre all’infanzia in riferimento a quei personaggi che sono cresciuti tra la stanza di Andy e l’Al’s Toys Barn cimentandosi con non poche disavventure, all’interno di un mondo animato in cui un giocattolo vive di vita propria (e dove gli esseri umani non sono i demiurghi).
La saga della Pixar ha sempre dato dimostrazione del valore dell’individualità dell’oggetto indipendentemente dal suo utilizzo, in un tempo in cui il consumismo e l’accumulazione compulsiva la fanno da padrone. Ciò si incastra in una visione più ampia, che richiama quella forma di animismo primitivo che tanto corrisponde alla predisposizione del bambino nella sua ricapitolazione filogenetica delle ere degli uomini. Di fronte a tutto questo la Disney si muove in maniera sincronica con le nuove dinamiche sociali, ne diventa specchio, ne accoglie la forma e le rilancia nella struttura simbolica del film d’animazione.
LA SAGA DI TOY STORY E LA SFIDA AI MODELLI TRADIZIONALI
La banda dei giocattoli è così travolta in una nuova avventura, tutta legata alla ricerca di senso che lo sceriffo Woody deve mettere in atto tra forchette parlanti, bambine che hanno bisogno di giocattoli e vecchi amori che tornano. In tutto questo si fa forza la decostruzione del simbolismo della tradizione, una vera e propria iconoclastia dell’immaginario collettivo messa in atto dalla potenza mediatica disneyana. Così, si assiste al passaggio simbolico della stella da sceriffo da Woody a Jessie, con un forte rimando ad una politica di genere che vede la rivalsa del femminile.
Lo stesso avviene per la pastorella Bo Peep, non di certo la dolce e mansueta ragazza che si conosceva ma una combattiva donna ben vicina al modello Lara Croft (e, parlando di politically correct, non si può non notare una coppia di due orsetti maschi che vogliono un bambino). Da qui l’utilizzo di linguaggi (immagini, dialoghi) pluristabili, che sottolineano l’idea di un mondo nuovo fuori dalla tradizione. Ecco che, ancora una volta, lo storytelling della Disney ha un impatto etico, politico e sociale.
TOY STORY 4 È UN FILM SULL’INEVITABILE EVOLUZIONE DEL LEGAME TRA GENITORI E FIGLI
Ma se questo potrebbe rappresentare un aspetto della filosofia del franchise Pixar, dall’altra emerge quel tema tanto caro alla saga: l’infanzia, che qui giunge alla sua capitolazione. Si pensava che fosse già avvenuto in Toy Story 3 – e probabilmente sarebbe bastato, perché non vi era finale più dolce e giusto per un ciclo così intenso – ma non è così, Cooley ha voluto offrire un’ultima opportunità per rivedere quel mondo, in quanto mancavano elementi per una conclusione davvero compiuta.
Toy Story 4 non pone fine all’infanzia di Andy (già conclusasi nel capitolo precedente) ma chiude quella dello spettatore, ovvero di chi aveva ancora da saldare i conti con il radicamento nell’idillio del puer aeternus. Questo lo può fare solo focalizzandosi sul quel personaggio che, più di tutti, nel tempo ha sacrificato se stesso per gli altri ma soprattutto per il suo bambino: Woody.
Sempre in testa, sempre convinto che ci sia da custodire, preservare, difendere il proprio bambino, Woody si mostra nel suo attaccamento, paradossalmente genitoriale, alla nuova piccola Bonnie. C’è una lezione da imparare, rivolta questa volta per il nostro amato sceriffo: lasciar andare. La classica premura del genitore e il suo eccessivo attaccamento mostrano come Woody ancora non abbia compiuto la sua piena evoluzione. Evolvere significa sradicarsi, comprendere l’esaurirsi di un legame originario, significa comprendere che le cose sono cambiate e che non c’è più bisogno di lui. Woody è invitato ad una nuova sfida: l’indipendenza. Ha già dato molto, forse troppo, per questo è il momento di un nuovo passo che assume un valore diverso. E se in un primo momento, di fronte all’angosciante bivio kierkegaardiano della scelta in cui il giocattolo sceglie Andy e non la bella pastorella Bo Peep, adesso è il momento di andare avanti.
LA SCELTA DELLA LIBERTÀ, MESSAGGIO-CHIAVE DEL CAPITOLO FINALE DELLA SAGA
Quella di Woody è una scelta consapevole, non egoistica. Ha dato tutto se stesso, ora è il momento di andare avanti, di lasciare che altri si prendano cura della piccola Bonnie. Così Forky – il nuovo giocattolo creato direttamente dalle mani della bambina – è educato consapevolmente alla relazione con l’altro.
Forky non sa, non comprende, non vuole assumere il valore della responsabilità per l’altro ma è proprio qui che interviene Woody esaurendo definitivamente la sua funzione tramite un passaggio di testimone. Lo sceriffo è maestro, lo invita a capire, lo rende un essere teleonomico conferendogli senso. Invece il nuovo giocattolo dall’inizio mostra insistenza, vuole tornare nella “spazzatura”, nel suo luogo d’origine; lui non vuole individualizzarsi, ancora non è pronto ma grazie all’esperienza del veterano la piccola e dismessa forchetta entra nella consapevolezza che è quella dello stare con l’altro e per l’altro: l’etica della cura.
Woody incontra la sua amata Bo, Forky ha finalmente compreso e anche gli storici compagni d’avventura dello sceriffo hanno tacitamente capito, mentre i loro volti scorrono l’uno dietro l’altro in un indimenticabile slow-motion. Lo sceriffo è libero, ha compiuto finalmente la sua evoluzione e lo spettatore è cresciuto insieme a lui.