Storia di un Fantasma, straordinaria pellicola del 2017 disponibile in home video CG Entertainment / Universal, è come suggerisce anche il titolo internazionale (A Ghost Story) un film sui fantasmi. Se siete in cerca di un film horror però, di certo non lo troverete in questa piccola opera d’arte drammatica firmata dal talentuosissimo David Lowery (Il Drago Invisibile, Old Man & The Gun). Un soggetto semplice quanto ardito nell’intuizione, diretto e reso in uno stile minimalista di grande efficacia.
STORIA DI UN FANTASMA: LA TRAMA
Storia di un Fantasma parte seguendo le vicende di una giovane coppia pronta al trasloco, interpretata da Casey Affleck e Rooney Mara (già co-protagonisti per Lowery nel 2013 in Senza Santi in Paradiso, premiato al Sundance). I due vivono un rapporto intenso, intessuto di prospettive comuni e di silenzi condivisi nell’intimità di abbracci notturni. Nella pacatezza e semplicità di questo scenario, la morte improvvisa dell’uomo devierà il corso della loro storia, obbligando l’amata a dover affrontare il peso di un lutto inaspettato e lui all’eterna permanenza nella loro casa, nella forma di un fantasma invisibile coperto da un lenzuolo bianco – idea vagamente ironica ma tutt’altro che ridicola.
A GHOST STORY: LA SPIEGAZIONE DEL 4:3 E IL SIGNIFICATO DEL FANTASMA SOTTO IL LENZUOLO
Storia di un fantasma (A Ghost Story) è un dramma sul tempo, sul nostro rapporto con i luoghi e sulla difficoltà di accettare il cambiamento; intessuto di una lentezza malinconica e poetica resa da inquadrature fisse, intrappolate in un aspect ratio 1.33:1 dagli angoli arrotondati (dichiaratamente ispirato dal film Jauja di Lisandro Alondo). Lo scopo di tale scelta creativa, indicata già nello script, è quello di trasmettere il senso claustrofobico del tempo come gabbia e al contempo di fermarne il fluire rievocando le emozioni contrastanti che suscitano le vecchie fotografie. Pochi dialoghi: a parlare sono infatti le immagini, così da restituire una semantica del cinema puro che semplicemente mostrando veicola significati. Uno stile complessivo che, oltre al suddetto titolo con Viggo Mortensen, rievoca alla lontana anche The Presence, opera prima di Tom Provost del 2010.
UN’ICONOGRAFIA CADUTA IN DISUSO
Altro elemento distintivo del film di Lowery è l’operazione di superamento dello stereotipo novecentesco della presenza oltremondana per sua riconfigurazione: prende il paradigma teatrale settecentesco del fantasma coperto da un lenzuolo, ormai caduto in disuso e ridicolizzato da un secolo di racconti per l’infanzia, e gli restituisce mistero e gravità drammatica riportando quel drappo bianco ad essere il ‘sudario’ che copriva il cadavere sul tavolo d’obitorio al momento del risveglio dell’anima.
Una rappresentazione iconografica tradizionale, familiare e immediatamente riconoscibile, ma che risulta nuova ed elegante per esubero di pacatezza e quiete, e che si fa simbolo di un bianco candore che cede il passo al grigio logorio, mentre lo spirito si muove sinuosamente fra gli spazi, sempre più ossessionato da piccoli dettagli ma spettatore fuori dal tempo di un mondo che può fare a meno di lui; incapace di lasciar andare il suo vecchio posto in un contesto che diventa sempre più irriconoscibile.
I LUOGHI CHE CI SOPRAVVIVONO E LA SPIEGAZIONE DEL FINALE DI STORIA DI UN FANTASMA
In Storia di un Fantasma (A Ghost Story) il tema del rifiuto di una morte improvvisa è intrecciato con la l’intensità della storia d’amore tra i protagonisti, che lascia ricordi tanto vividi da resistere all’assenza che irrompe nella vita dei due.
Il fantasma quindi non è solo mera entità paranormale, ma è anche la manifestazione simbolica del ricordo che sopravvive agli eventi e che dura nel silenzio e nell’ombra, senza apparire eppure mostrandosi in maniera velata: una presenza nell’assenza, ben rappresentata dagli occhi inespressivi, eppure tristi, come i due fori nel lenzuolo che tirano verso il basso.
IL LATO TANGIBILE DELLA «NOSTRA STORIA»
Il film di David Lowery sviluppa il proprio corso su questo lieve confine tra la vita e la sua negazione, e gli obiettivi lasciati in sospeso, non raggiunti, determinano non solo un’impossibilità di accettare la fine di un percorso, ma soprattutto un’incapacità di separarsi dai luoghi, simulacro tangibile destinato a sopravvivere alla caducità delle emozioni. Quei luoghi che il protagonista già da vivo difficilmente voleva lasciare, quando nel corso di un flashback affermava che «qui c’è la nostra storia».
Così lo spazio si interseca con il senso della memoria, custode della vestigia del passato; esso è ciò che non muta, nonostante l’assenza di chi è stato amato. Il luogo vissuto, simbolicamente carico, costituisce la cornice di un sistema relazionale e quando la relazione si esaurisce, per un motivo come può essere la morte, il luogo continua a permearsi di emozioni e memorie trasformandosi in un triste incarto vuoto.
STORIA DI UN FANTASMA: COSA C’È SCRITTO NEL FOGLIETTO?
Il rapporto che lega il fantasma ai luoghi della sua esistenza è lo stesso che lega il personaggio di Rooney Mara alla casa, e il gesto della donna di nascondere un bigliettino nella parete riprende un’abitudine del regista stesso. «L’idea di lasciare in un posto un piccolo ricordo di te e per te – ha dichiarato Lowery – è qualcosa che mi ha sempre affascinato. Il semplice sapere che è lì ti fa sentire più a casa e crea una maggiore connessione con gli spazi che vivi. Cerco sempre un modo di rendere uno spazio più ‘mio’. Certo, puoi decorare le stanze o cambiare la carta da parati, ma sono cose che svaniscono quando traslochi e qualcun altro prende il tuo posto. Ma lasciarti dietro una traccia e fare in modo che una parte di quel luogo sia per sempre legato a te è qualcosa che ho sempre amato.»
IL BIGLIETTO ERA UN MISTERO ANCHE SUL SET
Cosa c’è scritto nel bigliettino non importa veramente. Come ricorda il cineasta: «non importa tanto quanto mostrare che il fantasma è riuscito a leggerlo. A quel punto del film, qualsiasi cosa ci fosse stata scritta, non avrebbe cambiato nulla per lo spettatore, e avrebbe solo complicato le cose». Peraltro nessuno, nemmeno sul set, ha mai potuto sapere veramente cosa vi fosse scritto: lo script non lo riportava, e sul set Lowery ha chiesto a Rooney Mara di riportarvi qualcosa di estremamente personale senza rivelarlo a nessuno. Il biglietto vero è poi andato perso con la demolizione della casa, mentre quello che legge il fantasma alla fine è semplicemente un piccolo foglio bianco.
LE MUSICHE DI A GHOST STORY E LA CANZONE DEGLI EELS ISPIRATA AL FILM
Come in tutti i film di Lowery, la musica riveste un ruolo predominante nella costruzione di quella continua tensione emotiva che li caratterizza. In particolare in Storia di un Fantasma (A Ghost Story) la componente sonora diventa essenziale per la storia, giacché il protagonista in vita era un musicista ed è proprio una sua canzone a diventare un modo per l’amata di riconnettersi con lui una volta scomparso. Il meraviglioso brano in questione, I Get Overwelmed, è in realtà composto ed eseguito dalla band Dark Rooms, il cui frontman è proprio l’autore della colonna sonora del film, Daniel Hart.
Hart collabora sin dalla prima ora con Lowery, e ha composto tutte le colonne sonore dei suoi film dai tempi di St. Nick (2009) fino al prossimo The Green Knight (previsto per il 2020). In questo caso il suo commento musicale infestante ed evocativo ricorda non poco le composizioni orchestrali di Philip Glass e il musicista (violinista classico per formazione) mette su spartito atmosfere rarefatte e malinconiche che prendono forma – quasi suggerite e mai invadenti – da sonorità orchestrali spesso sospese in una nota persistente o addirittura interrotte da pause cui non segue una consueta risoluzione melodica. Rare concessioni vengono fatte a coloriture ultraterrene per mezzo di cori appena intuibili o di una soave voce lirica, dando vita a una delle più belle colonne sonore degli ultimi anni.
Ai lettori potrà interessare sapere che proprio il film Storia di un Fantasma ha ispirato Premonition, struggente brano della celebre rock band statunitense Eels, nota anche per le numerose colonne sonore cui ha partecipato. Nelle ispirate liriche della canzone, ospitata nell’album The Deconstruction, il frontman Mr. E/Mark Oliver Everett (già protagonista del bellissimo documentario Parallel Worlds, Parallel Lives) ripercorre con grande efficacia le tematiche del film.
STORIA DI UN FANTASMA: PERCHÉ IL TEMPO È IL FULCRO DEL FILM
Volendo accostarlo ad altri celebri film sui fantasmi, quello di Lowery, per certi aspetti, è vagamente avvicinabile a Ghost (1990) e The Others (2001): del primo condivide la vena sentimentalistica, del secondo il capovolgimento di prospettiva che porta lo spettatore a immedesimarsi con il fantasma, anziché con chi di solito ne viene spaventato. L’idea di una ghost story come pretesto per parlare d’altro riporta invece alla mente il coevo e bellissimo Personal Shopper di Olivier Assayas. Rispetto a questi però Storia di un Fantasma coglie maggiormente la malinconia dell’esser testimoni della propria assenza, la profondità del concetto di memoria, la distorsione e la vastità del tempo e il profondo rapporto che li lega ai luoghi, unico confine tra l’immaterialità del ricordo e la materialità del corpo.
L’AMORE E LA SFIDA DI SUPERARE I LIMITI
Ancora qui, proprio in relazione all’idea di confine, lo stereotipo viene in soccorso ma sotto una nuova luce: nella sequenza in cui il fantasma tenta di toccare la spalla dell’amata, si intravedono i lineamenti della mano nascosta che diventa limite sottile fra la memoria e il reale, fra passato e presente, fra assenza e presenza. Un mostrarsi così sottilmente interpretato che rievoca la delicatezza delle linee scultoree del Cristo Velato.
Non un film horror – come si diceva all’inizio – ma un dramma sentito, vero, che tratta dell’amore, della traccia che lascia e dei posti in cui si è fermato. Cambiano i luoghi, ma gli spazi rimangono immutati: custodi di ciò che è stato, matrice di ciò che sarà, simbolo del was bleibt – direbbe Nietzsche – del “ciò che resta”. Così si tramandano le storie, i significati, in un cerchio che dal passato si riconnette con il futuro. Il fantasma attende paziente che tutto eternamente ritorni, mentre i segni di ciò che è stato vengono sepolti senza scomparire, rimanendo custoditi nella memoria di un’ eternità in cui – per un paradossale gioco del destino – le pulsioni del mondo della vita diventano flebili e velate, come un’impercettibile ombra sotto un lenzuolo.