In occasione del ventennale della morte di Vittorio Gassman, nel 2020, la Rai decise di ricordarlo mettendo a disposizione sul web service RaiPlay le puntate de Il Mattatore, programma TV che lo ebbe come protagonista . Siamo nel 1959 e Gassman è già quello famoso per avere la dizione perfetta, ma capace anche all’occorrenza di declinare vari dialetti. È quello famoso per la professionalità della preparazione e le spigolature del carattere. È quello famoso perché preferisce gli spettacoli del teatro impegnato alla facile popolarità del cinema. Ma è anche quello che ha già fatto I Soliti Ignoti (1958), rivelando una vena comica insospettabile. Insomma, Gassman è già Gassman.
La TV è quella della RAI nata solo 5 anni prima. Quella che viene trasmessa in apparecchi grandi quanto una credenza. Quella che viene vista e condivisa nei bar. Quella che trasmette in bianco e nero e che quando finisce le trasmissioni manda a letto tutta l’Italia. Questa la cornice, ecco il fatto.
Gassman, con un manipolo di autori (tutta gente che nel tempo entrerà nella storia della cultura italiana), parte da una una domanda: cos’è un mattatore? Nel corso di 10 puntate da 80 minuti (delle quali oggi ne disponibili su RaiPlay solo 8 per motivi tecnici) andrà a ricercare i mattatori nella storia, nello sport, nella musica, nel cinema e persino nel circo. Perché quello di Gassman è un amore per l’arte dello spettacolo a 360 gradi.
IL MATTATORE: IL PROGRAMMA TV CHE DIEDE A VITTORIO GASSMAN IL SUO CELEBRE SOPRANNOME
Ogni puntata quindi si sviluppa come una monografia che alterna sapientemente toni leggeri e scherzosi a prove attoriali serie – se non drammatiche – a canzoni e ad acrobazie, costruendo un mirabile pastiche. Probabilmente è anche questa l’occasione per far conoscere al grande pubblico i monologhi di Shakespeare, di Alfieri e tanti altri. Non dimentichiamo infatti che sono questi gli anni in cui la TV diffonde in tutto il Paese la lingua e la cultura.
Le serate finiscono con una sigla divertente dei compagni di Gassman che, mentre tentano inutilmente di scacciarlo via, lo prendono in giro perché vuole essere sempre il protagonista. «Son tutti fusti, belli e robusti, ma non c’è nessuno che sia più gigione, sia più trombone, più matto di te…»
VITTORIO GASSMAN, ANIMALE DA PALCOSCENICO
Ma questa storia che Gassman sia un animale da palcoscenico prepotente, è appunto una storia. Almeno una parte. Un contenuto che non coincide completamente con il contenitore. Se è vero che Gassman è in scena spesso da solo per recitare i suoi monologhi, tanti sono i colleghi che si alternano affiancandolo in scene corali. A volte poi sulla scena Gassman persino non c’è, mostrando quindi una grande generosità: e sì, il mattatore è in grado, quando serve, di farsi da parte lasciando agli altri le luci della ribalta. Ciò accade in tanti momenti come con Dario Fo e Franca Rame, all’epoca giovanissimi, dominatori incontrastati in una lunga scena circense.
Tra le sue doti c’è anche una buona dose di autoironia. Nella puntata dedicata alla ricostruzione della sua carriera, scopriamo cosa sarebbe stato di lui, se Gassman fosse stato solo Vittorio. Sarebbe stato un cialtrone, pronto a rubare la scena a chiunque, raccontando ai giornalisti successi inesistenti, pronto a usare qualsiasi espediente pur di arrivare a Hollywood e di rimanerci.
Tutto però sarebbe andato chiaramente a rotoli. Ma Gassman non è un cialtrone e la sua è la storia di un grande attore senza se e senza ma. Il pubblico lo sa e il gioco riesce.
DAL MATTATORE DELLA RAI A QUELLO DI DINO RISI
Gassman racconta quindi in chiave minore le vicende che lo hanno portato dritto al successo giocando con lo spettatore in modo chiaro seppur sottile. Il Mattatore ci offre inoltre l’occasione di vedere squarci di un mondo che (forse) non c’è più. Almeno si spera.
Una scena tra tutte, che oggi si presterebbe a non poche critiche: quattro attrici nel circo come delle iene parlano e sparlano tra loro. Gassman arriva e, come nella miglior tradizione di domatori, le chiude in gabbia a colpi di frusta. Qualche anno dopo, nel 1963, la stessa frusta passerà nelle mani di un altro gigante, Mastroianni, che con la stessa ‘autorevolezza’ domerà altre donne in una scena di 81⁄2.
E poi le polemiche. Quelle di Gassman e quelle contro di lui. «C’è capitato di dare unghiate e di riceverle» dichiara il Mattatore, ma «il teatro, si sa, è confronto!». Insomma erano tempi in cui ogni cosa era nuova e il teatro faceva parlare di sé.
L’anno dopo il programma Rai, Dino Risi volle Gassman come protagonista del suo film Il Mattatore, il cui script ricordava da vicino le pagine di Zardi portate in scena dal grande attore nello show del ’59. Da quella trasmissione – e dalla pellicola che ne cavalcò il successo – Vittorio Gassman divenne per tutti Il Mattatore. Per il resto la storia è nota: quella di Gassman, quella della Rai e quella del Paese.