Reduce dagli ottimi Lourdes e Amour Fou, Jessica Hausner ha alzato l’asticella con Little Joe, film presentato al Festival di Cannes 2019 e nelle sale italiane dal 20 agosto su distribuzione Movies Inspired. Un lungometraggio che naviga tra i generi e che pone allo spettatore una sfida interessante, in primis con se stesso.
Biologa fitogenetista per la società Planthouse, Alice (Emily Beecham) lavora sullo sviluppo di nuove specie vegetali ed a lei si deve la creazione di un fiore molto speciale, di colore rosso vermiglio e dall’importantissimo valore terapeutico: se viene mantenuta alla temperatura ideale, nutrita in maniera corretta e le si parla regolarmente, la pianta ha il potere di rendere felice il suo proprietario. Alice decide di portare un esemplare a casa e di regalarlo al figlio Joe (Kit Connor), battezzando la pianta “Little Joe”. Spalleggiata dal collega Chris (Ben Whishaw), Alice deve fare i conti con qualche problema legato alla sua creatura, non così innocua come originariamente previsto…
LITTLE JOE TRA FILM DI GENERE E FILM D’AUTORE
Tra le più interessanti registe del panorama internazionale, Jessica Hausner con Little Joe riesce a compiere il salto di qualità. Il suo film non è facilmente catalogabile e vanta elementi di fantascienza, horror, thriller, ma anche fiabe e parabole, muovendosi tra film di genere e film d’autore. Il tema principale della pellicola è rappresentato dal mistero, da quel segreto che appartiene ad ogni persona e che non può essere totalmente compreso dagli altri.
Come in Frankenstein, ci troviamo di fronte ad un mostro che va fuori controllo, in questo caso una meravigliosa pianta di color rosso vermiglio. Un esemplare nato grazie alla ingegneria genetica – tema molto attuale – in grado di poter cambiare le persone. Ma il risultato non è certamente quello desiderato da Alice: con Little Joe emerge qualcosa di insolito, di nuovo. E c’è un dettaglio da non trascurare: le relazioni umane, o semplicemente il legame tra due persone, viene sempre più a mancare…
EMILY BEECHAM GIGANTEGGIA
Il mistero rappresenta il fulcro di Little Joe, come dicevamo, e Jessica Hausner – che firma la sceneggiatura insieme a Geraldine Bajard – ha il grande merito di spiazzare lo spettatore e di tenerlo incollato alla poltrona fornendo diverse possibilità di lettura, più opportunità di interpretazione per ciò che succede. Fondamentali in tal senso i diversi momenti di ambiguità registrati nel corso del film, che permettono allo spettatore di trovare una propria risposta.
Altro fattore particolarmente interessante è la rappresentazione del rapporto madre-figlio, molto distante dal modello classico. In Little Joe troviamo una madre che inizia a dubitare del figlio, abbattendo un tabù e spazzando via una concezione della maternità abbastanza antiquata. Alice è una donna che teme di non essere sia una buona madre che una brava scienziata, diventando vittima dei suoi stessi sensi di colpa. Ma Joe e Little Joe, figlio e pianta, sono due cose che non può controllare e che fanno ciò che vogliono. E nei confronti di entrambi la fiducia verrà meno…
Come nei precedenti lavori, Jessica Hausner si è affidata ad uno stile molto rigido, forzando la mano con un’atmosfera fiabesca ai limiti dell’artificiale. Atmosfera che si rispecchia in ogni sequenza, curata maniacalmente come un quadro. E la macchina da presa assume sempre più importanza con il trascorrere dei minuti, non seguendo necessariamente il ritmo degli attori ma il proprio movimento, diventando un personaggio a sè stante.
Jessica Hausner fa centro con il suo primo film in lingua inglese, anche e soprattutto grazie ad un cast ben assortito e di ottima fattura. Spicca l’interpretazione di Emily Beecham, già apprezzata in Ave, Cesare! dei Fratelli Coen e premiata al Festival di Cannes con il Prix d’interpretation feminine. Infine, una menzione al meraviglioso commento sonoro: vincente e parecchio funzionale la scelta di ricorrere alla musica giapponese di Teiji Ito, compositore dei film di Maya Deren tra gli anni Quaranta e Cinquanta.