Pieces of a Woman, con Shia LaBeouf (Nymphomaniac), Vanessa Kirby (The Crown) e Ellen Burstyn (Alice non abita più qui) è il primo film in inglese per l’ungherese Kornél Mundruczó, regista che sbarca al Lido dopo aver vinto il Pardo d’Argento a Locarno nel 2002, la sezione Un Certain Regard a Cannes nel 2014 e dopo aver avuto tre dei suoi lungometraggi presentati nel concorso principale del festival francese, Delta (2008), Tender Son (2010) e Jupiter’s Moon (2017).
Il nome di Mundruczó non è sicuramente nuovo alle orecchie dei già appassionati di cinema europeo, potrebbe rappresentare altresì una ventata d’aria fresca per il pubblico del Lido. Eppure, in un anno molto particolare in cui l’Est Europa è più presente che mai a Venezia (In Between Dying di Hilal Baydarov, Never Gonna Snow Again di Malgorzata Szumowska e Quo Vadis, Aida? di Jasmila Zbanić, solamente per citare alcuni dei titoli presenti nelle varie sezioni della Mostra), Mundruczó arriva con il suo primo film girato interamente in inglese, ambientato negli Stati Uniti e con Martin Scorsese tra i produttori esecutivi. Il risultato è straordinario.
PIECES OF A WOMAN: UN DRAMMA SUL DOLORE E SULLE SUE CONSEGUENZE
Sentimento caratterizzante del film è il dolore. La storia è quella di Martha (Vanessa Kirby) e Sean (Shia LaBeouf), giovane coppia di Boston che sta per dare alla luce una figlia. La loro vita sarà però completamente devastata dalle azioni di un’ostetrica distratta che sarà successivamente accusata di negligenza criminale. Martha si ritroverà così a dover gestire il dolore per la figlia mai nata e contestualmente a continuare relazioni già compromesse con il compagno Sean e la madre (Ellen Burstyn), oltre che a portare avanti la sua battaglia interiore contro una vita mai facile.
Scritto da Kata Wéber, storica sceneggiatrice e compagna di vita del regista, il film racconta di un’esperienza profondamente personale per la coppia, che parte proprio dal dolore derivante dalla perdita che entrambi hanno vissuto in prima persona. Una storia intima che diventa pretesto per una riflessione più ampia sul ruolo catartico dell’arte: è davvero in grado di curare il dolore? Per Mundruczó sì, fare arte è la terapia dell’artista.
MUNDRUCZÓ RACCONTA INDIRETTAMENTE L’AMORE INCONDIZIONATO
Lo snodo da cui questa riflessione parte, che rappresenta anche il vero nocciolo del film, è proprio l’essere madre. Pieces of a Woman è un film che parla di maternità, in senso profondo, ma vuole anche affrontare la questione spinosa dei figli mai nati, che tuttavia rimangono sempre presenti nella vita dei genitori, traslandola in senso più ampio verso l’orizzonte della perdita di una persona nei confronti della quale si prova un sentimento d’amore incondizionato.
La contraddittoria presenza delle persone che non ci sono più, unitamente alla paura che divora coloro che vivono una simile perdita è ciò che mette in difficoltà la forza di volontà di Martha. Lei è una donna che ha imparato ad andare avanti grazie alla madre, che è stata in grado di trasmetterle questa abilità, rendendola forte e indipendente abbastanza da poter trovare lei stessa una sua via particolare di espiazione, non desiderando mai vendetta nei confronti dell’ostetrica.
C’è una sottile metafora di rara potenza narrativa all’interno del film, che permette allo spettatore di comprendere con più chiarezza la storia di queste donne: una sedia è solo una sedia, ma quando questa viene rivestita con un cuscino diventa bella, rendendola adatta armoniosamente al contesto in cui è inserita. Così è la vita delle madri di questo film, sopravvissuta agli orrori dell’Olocausto una e alla perdita della primogenita l’altra, le due donne sono in grado di andare avanti, lottare contro le loro vite difficili affinché queste possano essere veramente degne di essere vissute.
Mundruczó e Wéber danno alla luce una storia universale, intima e vera; resa ancor più credibile da scelte di regia sorprendenti (tra cui la scena d’apertura del parto, tecnicamente ragguardevole, intensa e sconvolgente) e dalla straordinaria bravura degli attori. Degna di nota è la performance di Vanessa Kirby i cui silenzi rimbombano toccando la sensibilità dello spettatore.
La scelta di girare il film in inglese, per farlo arrivare ad un pubblico più ampio possibile, è un ulteriore punto di forza per una storia in cui, purtroppo, l’identificazione non risulterà difficile. Con Pieces of a Woman, Kornél Mundruczó racconta una di quelle sotto-storie che solitamente non vengono narrate, riuscendo ad arrivare direttamente al cuore del pubblico con un colpo che, come il film stesso, è violento e meraviglioso allo stesso tempo.