Sun Children (Khorshid), il nuovo film del regista iraniano Majid Majidi, si apre lanciando la propria dedica a tutti quei milioni di bambini che sono vittime dello sfruttamento del lavoro minorile. D’altronde il tema della fanciullezza è leitmotiv ricorrente del cinema di Majidi, che anche in questa occasione decide di porre davanti alla propria macchina da presa una gioventù obbligata a crescere troppo in fretta.
Con Khorshid, presentato a Venezia77, Majid Majidi ritorna sul tema della fanciullezza
Sono Ali, il piccolo adulto Rouhollah Zamani, e la sua banda di ladruncoli il cuore pulsante di una pellicola dove echeggiano ancora i temi della scuola come centro salvifico di speranze e occasioni future, dell’insegnamento di maestri ruvidi ma magnanimi come capisaldi di una retta via, delle istituzioni statali assenti e abbandonate ad un retrogrado che spesso sfocia nel vendicativo.
Tutto questo permea il semplice filo conduttore che porta Sun Children dal punto A al punto B, la missione affidata ad Ali che deve recuperare per conto di un capo criminale locale un “tesoro” nelle fogne sottostanti il cimitero del quartiere. Un tesoro scintillante nella mente della banda di ragazzini che vanno a cercare su internet quale possa essere la sua forma, quanto luminoso possa apparire una volta davanti ai loro occhi. L’unico modo per raggiungerlo però è quello di passare dal seminterrato della scuola dove la selvaggia tribù senza riferimenti genitoriali è costretta ad iscriversi, rosicchiando alle ore di lezione i preziosi minuti per l’opera di scassinamento e di scavo del tunnel che conduce alla meta.
Sun Children tra un sapore occidentale e nuove nascite
C’è un certo sapore a là Goonies che attraversa il film di Majidi, ovviamente più pragmatico nell’impatto con la stringente e dura realtà del Paese iraniano ma che non a caso cuce una confezione in grado di catturare più morbidamente l’immaginario occidentale (a partire proprio dalla particolare fisicità di Zamani). La spiccata cura estetica posta dal regista sul racconto non risparmia il rosso del sangue e il marrone della melma, nel tentativo comunque di avvolgere in un curativo liquido amniotico la banda che poco a poco va a perdere pezzi, in un collidere di sogni che si schiantano addosso alla dura scorza della realtà e non concedono alle roventi anime di raffreddarsi e cristallizzarsi nella meritata purezza dell’età infantile.
Nel mezzo di questi indotti aborti di fanciullezza Majidi decide di portare il suo protagonista nel punto più basso (letteralmente) della sua esistenza, trasmutando il tunnel che il ragazzo ha scavato con tanta dedizione in un cordone ombelicale che si riempie poco a poco di tutte le sofferenze e di tutti i peccati, sfociando in una scena finale che possiede l’isterico vigore e l’irruenza di una prima, reale nascita. Sun Children è in concorso nella selezione ufficiale del Festival di Venezia 2020.