Quella di Davud in In Between Dying (Sepelenmis Ölümler Arasinda), film in streaming nell’edizione totalmente online del Trieste Film Festival 2021 dopo il debutto alla 77 Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, è un’odissea alla ricerca dell’Amore, con la A maiuscola, in un percorso sospeso nella metafisica steppa dell’Azerbaigian, terra d’origine del regista, sceneggiatore e produttore del film Hilal Baydarov.
In Between Dying è un viaggio allegorico alla ricerca dell’Amore
Davud, nel cui ruolo c’è Orxan İskəndərli, vaga sul suo motorino malridotto per le brulle pianure e colline che accerchiano la grigia capitale azera Baku in un intreccio sospeso nel non-spazio e non-tempo di una narrazione inscritta all’insegna di uno sforzo allegorico stirato fino ai suoi margini, dove ogni inserto e volto è reso immagine simbolica del continuo errare e non fermarsi, se non per qualche istante, del protagonista.
Quello di In Between Dying è un organismo mortifero tenuto assieme dalla concordanza di scene che sono come cellule circoscritte dalla fissità di una macchina da presa utilizzata da Baydarov a mo’ di microscopio metaforico, dove è la riscrittura degli spazi e dei significanti la locuzione prima alla base del vagabondaggio di un Davud che ha dimenticato qualcosa e che forse non riesce più a ritrovare nelle increspature della perdizione del ricordo e del sentimento.
«Ha seminato ancora morte al suo passaggio» sottolineeranno i tre quasi-angeli alle calcagna del ragazzo in fuga che porta un velo nero di disgrazia in ogni luogo che visita e nel quale si ferma, in una posizione di evidenziatori filmici (ma di un inaspettato potenziale ironico) di un testo che non ha bisogno di essere rimarcato nella maniera insistente che il regista decide di mettere in atto, depotenziando di fatto il portato di una costruzione che in più di un frangente vede sporcare la sua natura da affresco allegorico in favore di un ingombrante didascalismo.
La regia di Hilal Baydarov dal documentario al cinema di finzione
Baydarov mette in mostra un potenziale registico davvero interessante in quello che è il suo secondo affacciarsi alla fiction cinematografica, trasferendo l’occhio messo sin qui anche a servizio del genere documentaristico sullo sfondo di un film che si avvale dell’utilizzo di focali corte e lunghe per dipingere i contorni di quinte teatrali che alternano una inconcludente erraticità alla dimensione di una stasi concepita come tempo del ricordo in sostituzione di uno spazio fisico inesistente.
Il limite affilato del rasoio sul quale viaggia In Between Dying è però quello di un latente autocompiacimento stilistico che si regge in virtù di un equilibrio precario costantemente tenuto sotto monitoraggio dal regista, che si assicura di tastare il polso della situazione tramite le diffuse ingenuità di uno script (alla quale stesura partecipa anche Rəşad Səfər) pronto ad osare a mezzo servizio e anche per questo non pienamente nella posizione di lasciare un segno in quella che, comunque, potrebbe essere la carriera di un Baydarov che potrebbe valere la pena di seguire negli anni a venire.