Night in Paradise pare mettere subito in chiaro le carte che vuole andarsi a giocare: una catena gerarchica criminale, regolamenti di conti, improvvisi e rabbiosi strappi di violenza. Il film scritto e diretto dal coreano Hoon-jung Park però va a perdere molto rapidamente la bussola di quella che è l’operazione dietro un gangster movie che parte con le giuste premesse abbandonate con una facilità disarmante dopo un prologo che lascia presagire il meglio.
Night in Paradise si perde in un corpo da melò
Fuori concorso al Festival di Venezia 2020, Night in Paradise è annacquato all’interno di un corpus sentimentale che va a prendersi la maggior parte dello spazio di un lungometraggio che dura oltre le due ore, ridondante nell’imbastire l’avvicinamento per motivi futili e posticci tra i due protagonisti del suo intreccio Tae-gu e Jae-yeon (Uhm Tae-goo e Jeon Yeo-been), chiamati a convivere nel ritaglio di una sorta di revenge story prolissa e bagnata nel sangue senza grazia e senza consapevolezza del tempo e del modo dell’agire.
Così come allo stesso tempo non ha piena coscienza dell’oggetto registico nemmeno Hoon-jung Park, dietro una macchina da presa in costante frenesia di mobilità che non permette mai a ciò che si trova davanti l’obiettivo di sedimentarsi e di mostrarsi a causa del contrasto antitetico tra ciò che viene ripreso e il modo in cui il regista lo riprende. Si gira intorno e si va addosso a personaggi dalla natura eccessivamente verbosa sotto la quale si cela un sostanziale vuoto di contenuto, capi banda circondati dalle proprie tribù di criminali che sono come un teatro dei burattini pronti a menare le mani in ogni singolo momento in cui si trovano all’interno dell’inquadratura, ma ai quali questo privilegio è negato dalle persistenza del melò di bassa lega in cui Night in Paradise si trasforma dopo pochi giri di boa dall’inizio.
Un gangster movie che non sa mai riconoscersi come tale
Nei rari momenti in cui la violenza esplode davanti la mdp si avverte la bontà di fondo di una rappresentazione che, in potenza, sarebbe in grado di valorizzare questo elemento come il cardine del suo racconto, ma che nella pratica si rivela un po’ troppo affascinata dal suo stesso sangue e autocompiaciuta nel dispensare vendetta con un occhio ipnotizzato dai colpi di pistola che scarica sui corpi che sono pezzi di carne da crivellare (soprattutto nella noiosissima e lunghissima coda finale che si trascina davvero per troppo).
Nel suo procedere per MacGuffin, incastri fortuiti fatti combaciare a forza e rapporti sentimentali sorti nella più scontata delle declinazioni, la convivenza forzata, Night in Paradise smentisce in tutto e per tutto le buone premesse con le quali fa venire l’acquolina in bocca durante il frenetico ma perlomeno interessante prologo. Purtroppo una delusione crescente destinata a diventare totale.