La Verità su La Dolce Vita, presentato Fuori Concorso a Venezia 77 e contemporaneamente reso disponibile in streaming su Festival Scope, è un piccolo documentario di 83 minuti diretto da Giuseppe Pedersoli – figlio di Bud Spencer – che ripercorre la storia della produzione e delle riprese di quel film dei primi anni ’60 che ancora oggi consideriamo come una delle opere artistiche più importanti, imponenti e memorabili del ‘900.
LA DOLCE VITA E IL RAPPORTO TRA PEPPINO AMATO E FEDERICO FELLINI
Al centro della vicenda troviamo il suocero di Bud Spencer e il nonno di Giuseppe Pedersoli, il produttore Giuseppe Vasaturo, in arte Giuseppe Amato e per gli amici “Peppino”, un ex stella del cinema muto napoletano che aveva imparato il mestiere del produttore emigrando in America e soggiornandovi nel periodo tra la fine del cinema muto e l’avvento del sonoro. Un uomo profondamente napoletano, che si era fatto da solo e che aveva prodotto insieme ad Angelo Rizzoli una serie di successi come la saga di Don Camillo, Francesco Giullare di Dio e Umberto D..
Siamo alla fine degli anni ’50 e Fellini – che ancora non aveva compiuto quaranta anni – è già una stella mondiale, forte di due Oscar vinti per La Strada e Le Notti di Cabiria. Il regista di Rimini è già una figura potente e rispettata nel cinema italiano e ha in mano un copione nuovo per un film intitolato La Dolce Vita. De Laurentis vuole che il protagonista – il ruolo che poi andrà a Mastroianni – sia Paul Newman o Marlon Brando, una star mondiale e riconoscibile. Fellini preferisce una faccia ordinaria. Il produttore napoletano e il regista non si accordano e il copione finisce nelle mani di Peppe Amato.
COME PADRE PIO HA SALVATO LA DOLCE VITA
Come vediamo in La Verità su La Dolce Vita – pellicola che alterna materiale d’archivio a sequenze girate con attori – Amato tentenna quando si ritrova in mano la possibilità di produrre il film. Le opere di Fellini precedenti sono costate tantissimo, il copione de La Dolce Vita è immenso e il regista che dovrà girarlo tende a improvvisare, nel senso che scompone e ricompone la sceneggiatura, aggiunge scene, ogni tanto non si presenta sul set e ha un carattere difficile. È un cavallo imbizzarrito Fellini, e Amato sceglie di chiedere consiglio a una persona fuori dal mondo del cinema. Si reca da Padre Pio, del quale ottiene la “benedizione” a iniziare i lavori. Ed è così che il film italiano più scandaloso dell’epoca viene prodotto, con l’avallo di Padre Pio.
Dopo questo stupendo incipit, La Verità su La Dolce Vita prosegue mettendo in scena Peppino Amato che cerca di tenere sotto controllo un set instabile, combattendo dapprima con Federico Fellini – che girava e spendeva più del dovuto – e con Angelo Rizzoli, il quale stava producendo il film con Amato. Il documentario di Pedersoli ha il grande pregio di essere completamente basato su fatti e parole reali, dal momento che il regista costruisce la narrazione sulla base di un carteggio fra Rizzoli, Amato e Fellini, i quali si sono scritti di continuo durante la lunghissima produzione de La Dolce Vita.
In conclusione, La Verità su La dolce vita è un documentario che contribuisce ad iscrivere il capolavoro di Fellini in quella cerchia di film che comprende opere come Apocalypse Now o Fitzcarraldo, ovvero pellicole la cui lavorazione contribuisce a ingigantire il mito del film stesso. Come i capolavori di Ford Coppola e Herzog, infatti, La Dolce Vita sembrava un film sulla carta impossibile da realizzare – per la sua lunghezza, per il budget, per il regista e per altri motivi che scoprirete vedendo il film – e sopratutto appariva come un fallimento annunciato al botteghino. Invece grazie a uomini come Peppino Amato, produttori pronti a indebitarsi e a rischiare tutto per quelli in cui credono, oggi possiamo goderci quella Via Veneto de La Dolce Vita che rimane un mito.