L’attrice irlandese Clare Dunne scrive ed interpreta La Vita che Verrà (Herself), presentato in concorso alla Festa del Cinema di Roma 2020 e in collaborazione con Alice nella Città. Il film, che ha debuttato originariamente da Sundance, è diretto da Phyllida Lloyd e sarà distribuito da BiM non appena sarà possibile. La regista di The Iron Lady e Mamma Mia! confeziona un film emozionante e intenso, dai risvolti inaspettati. Ambientato nella Dublino dei docks, La Vita che Verrà (Herself) tratta tra gli altri il tema della violenza di genere, raccontando la storia di una trentenne intrappolata in un matrimonio allo sbando ma con la ferma volontà di cambiare il suo destino.
La Vita che Verrà (Herself): la casa e le fondamenta dell’indipendenza
Sandra (Clare Dunne) è una giovane madre in cerca del suo riscatto. Lavoratrice instancabile e madre premurosa, è imprigionata in un matrimonio violento e apparentemente senza via d’uscita. La vita per una donna sola con due figlie, nell’Irlanda della speculazione edilizia, non è semplice e i prezzi degli appartamenti sono proibitivi. Nonostante le difficoltà Sandra chiede aiuto ma per ricominciare a vivere i servizi sociali possono offrirle soltanto una stanza d’albergo, del tutto inadatta a crescere due bambine. Con grande forza di volontà Sandra si impegna nello studio di una soluzione alternativa: costruire con le sue forze una piccola casa. Con l’aiuto della sua datrice di lavoro Peggy (Harriet Walter), di un burbero operaio (Conleth Hill) e di un gruppo di squatter e amici Sandra proverà a scavare le fondamenta della sua indipendenza economica e psicologica, andando incontro a moltissime avversità.
La Vita che Verrà (Herself) è anche un ritratto della classe operaia irlandese
La Vita che Verrà (Herself) è un film che colpisce per la sua sobrietà quanto per la capacità di affrontare nel profondo questioni sociali, come l’emergenza abitativa che colpisce le classi più deboli in Irlanda. Phyllida Lloyd e Clare Dunne fanno emergere elementi che vanno al di là della violenza di genere, da cui parte l’assunto del film, per ribaltare la storia dalla parte della classe operaia irlandese, fatta di giovani runners, donne delle pulizie, immigrati e lavoratori edili. Si potrebbe scrivere che La Vita che Verrà (Herself) è un film “alla Ken Loach“, dove si intrecciano sentimenti di amicizia e solidarietà, contrapposti alla durezza e sordità delle istituzioni. L’ottimismo non manca alla protagonista, concentrata nel suo compito di modificare un destino che sembrava essere stato scritto da qualcun altro e il messaggio che vuole inviare è diretto alle nuovissime generazioni, quelle delle sue figlie.
La Vita che Verrà (Herself) è tra i migliori lavori di Phyllida Lloyd
Herself è un ottimo esempio di come regia e sceneggiatura possano concorrere a un ottimo risultato valorizzandosi quando necessario. Lo script di Clare Dunne e Malcolm Campbell mostra qualche imperfezione che è sapientemente gestita dall’esperienza tecnica della Lloyd, che fondamentalmente è una regista teatrale. I tempi, la colonna sonora e la recitazione pulita della Dunne aiutano a fare di La Vita che Verrà uno dei film più riusciti della regista brtannica. Il ribaltamento, che avviene durante la storia, è da manuale e consente di entrare in piena sintonia con la protagonista. Si percepisce inoltre la fruttuosa collaborazione teatrale tra Lloyd e Dunne che hanno precedentemente lavorato insieme all’allestimento del Giulio Cesare di Shakespeare. La Vita che Verrà (Herself) è un film sulla forza della determinazione che lancia un messaggio positivo ma rimanendo lontano dalla retorica con cui spesso si affrontano questi argomenti.