Disponibile su Amazon Prime Video Il caso Kerenes (Poziția Copilului), film del regista rumeno Călin Peter Netzer, presentato ai festival di Karlovy Vary e di Toronto e vincitore dell’Orso d’Oro alla Berlinale del 2013. Child’s Pose, questo il titolo internazionale, è un film scritto a quattro mani dal regista e dallo sceneggiatore Răzvan Rădulescu e racconta la storia di una famiglia “per bene” nella Romania contemporanea.
IL CASO KERENES: IL FILM ORSO D’ORO DI NETZER
Cornelia Keneres (Luminița Gheorghiu) è una donna di successo; è ben inserita nell’alta borghesia rumena, fa l’architetto ed è sposata con un chirurgo, ma il rapporto con suo figlio Barbu (Bogdan Dumitrache) non è, tuttavia, dei migliori. Barbu convive con una donna che non viene accettata dalla sua stessa famiglia: Carmen infatti è già madre e porta sulle spalle il fardello di un matrimonio fallito. È proprio in questo pesante contesto familiare che Barbu prova ogni giorno a liberarsi dall’ingombranza della tirannica madre Cornelia, senza mai riuscirci veramente. Il già compromesso rapporto tra Cornelia e Barbu si frantumerà definitivamente dopo che quest’ultimo, guidando troppo oltre i limiti di velocità, sarà la causa della morte di un adolescente poco fuori Bucarest. A questo punto l’ossessione materna e le sue manie di controllo spingeranno Cornelia a fare carte false per evitare la condanna al figlio.
Ne Il caso Kerenes la centralità della figura materna, interpretata da una magistrale Gheorghiu, è il punto fisso attorno cui ruotano tutti i personaggi del film; non solo il figlio Barbu, ma anche il debole marito e Carmen – la moglie del figlio.
CORNELIA, IL VERO FULCRO DE IL CASO KERENES
Cornelia è una madre dispotica, oppressiva e maniaca del controllo. È una donna forte che cerca di ingannare tutti quanti pur di difendere il figlio, disposta persino ad insabbiare la morte di un ragazzino di 14 anni pur di non ledere il buon nome di cui la famiglia gode fra i benestanti di Bucarest. Emblematica in questo senso è la scena in cui Cornelia arriva in commissariato poco dopo la notizia dell’incidente, è proprio qui che lo spettatore inizia a rendersi conto che il contrasto tra la sfarzosa pelliccia di Cornelia e la semplicità della famiglia del ragazzino morto è una delle chiavi di lettura del film: la realtà cittadina di Bucarest contro quella rurale della campagna rumena.
Centralità assoluta, dunque, quella di Cornelia (anche visivamente il volto della Gheorghiu occupa quasi ogni istante della pellicola dall’inizio alla fine), ma uno degli aspetti più interessanti della regia di Netzer è la presenza-assenza dell’altro protagonista, il figlio Barbu.
Barbu è il motore della storia, presente nella testa dello spettatore sin dalle prime battute della pellicola, e tuttavia visivamente assente, rappresenta il personaggio più difficile da capire all’interno del contesto totale del film. Di lui, infatti, lo spettatore conosce molto poco e quel poco che sa è filtrato dalle parole della moglie Carmen e dai racconti della madre Cornelia. Barbu non è mai stato messo nella posizione di poter compiere il primo passo da solo e quindi si trova, con più di 30 anni, ancora a lottare contro la madre per poter ottenere quella tanto agognata indipendenza che potrebbe svoltargli la vita. Ossessionato dalle malattie degli altri, dai microbi e dalle cose sigillate, Barbu non ha mai il coraggio di dire quello che vuole veramente; e le rare volte in cui lo fa si ritrova poi ad agire in maniera del tutto contrastante.
Complessivamente, Netzer firma un film degno di nota, ma che forse risulta troppo breve per la quantità di riflessioni e spunti che in esso sono contenuti. Uno dei fili annodati a cui si fa solamente accenno e che poco viene sciolto all’interno del film è il rapporto di coppia tra Barbu e Carmen; ma gli spunti sono tanti, diversi e ugualmente interessanti.
Le scelte di regia di Netzer, in questo film come in quelli precedenti e in quello successivo Ana, Mon Amour, si confermano estremamente adatte ed elegantemente intrecciate da un montaggio discontinuo, mai banale, ad opera delle sapienti mani di Dana Bunescu – un pilastro di quel nuovo cinema rumeno che dai primi anni 2000 ad oggi è stato in grado di regalare prospettive completamente nuove ad un pubblico sempre più ampio.