Quando un’opera prima entra in un festival cinematografico importante dalla porta principale è il più delle volte un segnale da non sottovalutare: Regina, unico film italiano in concorso al Torino Film Festival 2020, è l’interessante debutto di Alessandro Grande. Il film, scritto da Grande insieme a Mariano Di Nardo, vede tra i protagonisti Francesco Montanari, volto inizialmente reso noto sul piccolo schermo dal personaggio del Libanese in Romanzo Criminale – La Serie.
REGINA: FRANCESCO MONTANARI NEL FILM SU UN RAPPORTO PADRE-FIGLIA SCONVOLTO DA UN EVENTO IMPROVVISO
Luigi (Francesco Montanari) ha uno speciale rapporto con la figlia quindicenne Regina (Ginevra Francesconi), tanto che la supporta con tutte le sue forze per alimentare il sogno della ragazza di diventare una cantante. Il loro legame sembra indissolubile, quasi inattaccabile, ma un evento imprevisto cambierà le loro vite per sempre.
REGINA È UN FILM CHE HA NELLO SCRIPT E NEL CAST I SUOI PUNTI DI FORZA
Alla sua prima esperienza col lungometraggio, Alessandro Grande dimostra di saper rappresentare, attraverso una regia dalla mano sicura e senza fronzoli, una storia genuina ma di indubbio impatto. Uno degli elementi più intriganti di Regina è quello di illudere all’inizio lo spettatore con un percorso narrativo che, ribaltato dal colpo di scena che innesca lo sviluppo del plot, si dirige progressivamente sul vero focus della pellicola ovvero il tema della convivenza con il senso di colpa, in grado di mettere in discussione addirittura un rapporto solidissimo.
Agevolato da una durata non eccessiva (neanche novanta minuti), il film non ha mai preoccupanti cali di ritmo e, nonostante nella seconda parte il cambiamento psicologico della giovane protagonista sia leggermente tirato per le lunghe, il viaggio di Regina si conclude con un bel finale assolutamente in linea con la costruzione dell’opera. Ma il vero valore aggiunto dell’esordio di Alessandro Grande è il legame tra Luigi e sua figlia: grazie anche alle convincenti prove di Francesco Montanari (un attore che piano piano si sta scrollando di dosso gli ingombranti panni del Libanese) e di Ginevra Francesconi (una vera rivelazione, che non sfigura al fianco di un interprete ben più esperto), la messa in scena dell’evoluzione di un vincolo familiare forte, scosso nelle sue fondamenta, è credibile dall’inizio alla fine.
Ambientato in Calabria, per una volta non descritta in maniera stereotipata (del resto il regista è nato a Catanzaro), Regina è un film che, malgrado non abbia sfrenate ambizioni artistiche, fa la sua bella figura in maniera onesta per la sua non artefatta sincerità, non risultando però banale e scontato. Considerando il panorama italiano odierno, non è un risultato da poco.