Prodotto da Albert Berger, lo stesso di Little Miss Sunshine, In viaggio verso un sogno – The Peanut Butter Falcon, ha quasi il medesimo incipit del film diretto da Jonathan Dayton e Valerie Faris: ovvero un giovane che guarda un VHS in televisione e si lascia trasportare dal sogno. Lì la piccola Olive sognava di partecipare a un concorso di bellezza per aspiranti Miss America; nell’opera prima di Tyler Nilson e Michael Schwartz – ora disponibile in home video CG Entertainment o in streaming su CG Digital – Zack (Zack Gottsagen) sogna invece di diventare un wrestler professionista, seguendo le orme del suo mito Saltwater Redneck (Thomas Haden Church) e del suo appello a frequentare una scuola per aspiranti lottatori nel Nord Carolina.
Un ragazzo con la sindrome di Down protagonista de In viaggio verso un sogno
Zack però non ha le stesse possibilità di tutti gli altri: è un ventiduenne con la Sindrome di Down, abbandonato dalla famiglia di origine e ospite in una casa di cura per anziani, nella quale condivide la camera con il vecchio Carl (Bruce Dern). La volontaria Eleanor (Dakota Johnson) cerca di prendersi cura di lui ma sottovaluta il desiderio di fuga del ragazzo che ben presto si concretizza in modo piuttosto rocambolesco. Vagando in mutande e alla cieca per i paludosi territori della Outer Banks, Zack incontra Tyler (Shia LaBeouf), un pescatore anch’egli in fuga per aver rubato – e poi distrutto – delle attrezzature da pesca nel dock in cui lavorava, attirandosi l’ostilità di alcuni colleghi che adesso vogliono fargli la pelle. Mentre Eleanor si mette sulle loro tracce, la strana coppia inizia un lungo e strambo viaggio durante il quale entrambi impareranno a conoscersi e a condividere sogni, paure e desideri.
In viaggio verso un sogno, tra Mark Twain, Rain Man e Forrest Gump
C’è qualcosa di magico nel mondo messo in scena Tyler Nilson e Michael Schwartz, a iniziare da una colonna sonora fatta di bluegrass, canzoni popolari e pezzi “spiritual”, che ne accentuano la dimensione fuori dallo spazio e dal tempo. Un’America a sé, con una serie di luoghi, simboli e codici morali che pare uscita quasi da un libro mai scritto di Mark Twain: granchi, pescatori, paludi, zattere e misticismo campagnolo. E nonostante tutto questo non ricordi nessun genere di dramedy in circolazione, ci sono una serie di riferimenti cinematografici che ogni tanto fanno capolino e ci riportano a immaginari ben precisi.
In particolare si percepisce un mix riuscitissimo fra Rain Man e Forrest Gump, una contaminazione fra la vicenda di un disabile intellettivo e gag grottesche e stralunate, capaci di avvicinare lo spettatore con irriverenza e cautela a una tematica delicatissima. La differenza con i suoi predecessori però è che Zack è davvero un ragazzo con la Sindrome di Down, incontrato dai due registi in un campo di artisti con disabilità ed è bellissimo vederlo recitare come attore protagonista senza mai avere la percezione che stia recitando davvero. La restituzione naturale, improvvisata e senza filtri dei gesti e dei pensieri di Zack è forse la prima delle carte vincenti di questo film.
L’arresto di LaBeouf durante le riprese de In viaggio verso un sogno
La seconda carta vincente è LaBeouf. Il suo personaggio è pungente, crudo e sprofondato in una sorta di tristezza paludosa e – lo intravediamo con brevissimi flashback – si porta dentro un dramma familiare da cui non si è più ripreso e che lo sta portando sulla cattiva strada. LaBeouf è bravissimo a restituire questa sofferenza con piccoli gesti, mezzi sorrisi, occhiate timide e veloci. Ad esempio c’è un momento in cui il suo Tyler guarda Eleanor da sotto l’orlo sfilacciato di un berretto da baseball con un’espressione così nuda e vulnerabile che riesce, con un unico sguardo, a raccontarci tutto il tormento di un’anima; una di quelle apparentemente dure e sfrontate ma in realtà incapaci di esserlo davvero fino in fondo.
Dopotutto, mentre stava girando questo film, LeBeouf fu arrestato in Georgia per “comportamento molesto e stato di ebbrezza”. Forse quell’episodio – come altri tumulti della sua vita privata – ha influito proprio nell’interpretazione di questo personaggio incompreso, emarginato ma generoso, rendendo tutta la sua interpretazione spontanea e mai – in nessun momento – posticcia o imbarazzata.
Ecco, a pensarci bene, c’erano tutti i presupposti per fare di In viaggio verso un sogno – The Peanut Butter Falcon un film banale, mieloso e scontato. Lo sguardo politicamente corretto sulla disabilità, una storia di amicizia margini dell’America degli ultimi, il romanticismo di un’avventura che rimanda alle scorribande di Huck Finn. Eppure, in modo totalmente imprevisto, il film funziona davvero bene: e lo fa soprattutto depotenziando un immaginario da libro cuore e restituendo qualcosa di più ruvido e sgangherato. Ricordandoci che anche le favole in fondo ci parlano non di quello che vorremmo essere, ma di quello che siamo.