Cos’è che connota un’amicizia? La fiducia, le attenzioni o l’ascolto? Forse, come è ovvio, un po’ di tutto questo. Ma c’è una variabile che sfugge ad ogni controllo, quindi in qualche modo ‘non voluta’: l’incontro con un essere vivente a cui si attribuiscono, vere o presunte che siano, doti ‘didattiche’ se non addirittura ‘taumaturgiche’ perché è di quelle, proprio in quel preciso momento, che si ha bisogno. È il caso de Il Mio Amico in Fondo al Mare, documentario Netflix vincitore dell’Oscar 2021 nella sezione Documentari, il cui titolo italiano è decisamente troppo semplificativo e al limite del fuorviante rispetto a quello originale My Octopus Teacher. Tra le parole «amico» e «insegnante» c’è infatti tutta la differenza prospettica, e in qualche modo l’equivoco a cui può indurre il docufilm, il quale, sia molto chiaro, è un ottimo lavoro, tanto da superare un’opera sulla carta favorita come Collective nella corsa alle Statuette.
IL MIO AMICO IN FONDO AL MARE (MY OCTOPUS TEACHER): LA STORIA VERA DI UNA CRISI ESISTENZIALE E DELL’INCONTRO CON UN POLPO
Il film è scandito dall’incedere dei giorni, ognuno dei quali segna l’uscita da una crisi esistenziale del protagonista. Craig Foster è un uomo di mezza età, è sudafricano e abita sulla costa di False Bay, vicino Cape Town grande. Il suo mestiere è girare documentari sulle bellezze naturali in giro per il modo. Ma nel 2010 precipita in una profonda crisi creativa, non riesce più a lavorare, non ha idee e questo stato di malessere diffuso mina anche i suoi rapporti familiari, in particolare con il figlio con il quale non riesce più a dialogare.
Per dare una scossa alla sua vita decide così di ripescare una sua vecchia passione, quella di immergersi nell’Oceano, nella fetta di mare davanti alla sua abitazione. Un habitat caratterizzato da una vera e propria foresta sottomarina formata da alghe giganti, la Foresta di Kelp. L’incontro che cambierà la sua vita, quello con un esemplare di polpo femmina raccontato ne Il Mio Amico in Fondo al Mare, avverrà nei primi giorni di immersioni. Da quel momento in poi Foster si metterà in acqua ogni giorno alla ricerca del suo «amico polpo», dal quale imparerà ad apprezzare di nuovo il suo lavoro, la natura e la vita.
IL DOCUMENTARIO NETFLIX SU UN POLPO PREMIATO AGLI OSCAR 2021
Nella prima e nell’ultima parte Il Mio Amico in Fondo al Mare è qualcosa più di un documentario. È l’esplorazione di una foresta sottomarina come metafora probabilmente di un viaggio interiore alla ricerca di nuove motivazioni e di un nuovo senso da dare alle cose, è l’esigenza di nuovi incontri, è il recupero del valore delle relazioni e di se stessi attraverso la mediazione della natura. Nella segmento centrale invece la parte documentaristica prende il sopravvento. Ma la grande qualità e la suggestione delle immagini resta invariata per tutti gli ottantacinque minuti.
La conoscenza ravvicinata di un polpo è il valore aggiunto del film. Una creatura ‘aliena’ della quale, attraverso la macchina da presa, viene documentato il modo di vivere, di proteggersi mimetizzandosi, di difendersi, di alimentarsi, di ‘curarsi’ e perfino di giocare. Gli incontri ravvicinati tra i due sono sicuramente le immagini simbolo che racchiudono tanto la tenerezza quanto e soprattutto un sano e rispettoso legame tra l’uomo e la natura. Un legame, questo sì, che può fare davvero miracoli. Ma se da un punto di vista emotivo i protagonisti sono loro, cambiando prospettiva, al termine del film, non sfuggirà che la Foresta di Kelp sarà costantemente il centro della storia. Allo spettatore si apriranno scenari sottomarini fantastici, impensabili, probabilmente mai visti per quantità e potenza di immagini.
IL MIO AMICO IN FONDO AL MARE EMOZIONA, MA È LONTANO DALL’ESSERE PERFETTO
I testi, al contrario, sono forse l’anello debole de Il Mio Amico in Fondo al Mare. Neanche i dieci anni di post produzione sono stati probabilmente sufficienti ad elaborare appieno tutta la carica affettiva ed emotiva scaturite da quell’incontro. Da qui un racconto verbale non proprio originalissimo e sempre prevedibile anche se, in compenso, adatto in particolare a bambini e ragazzi a cui se ne consiglia la visione, così come agli adulti che hanno voglia di stupirsi. La regia affidata a Pippa Ehrlich e James Reed ha svolto un lavoro onesto, a tratti eccellente.