The Nest – L’Inganno – da non confondersi con l’omonimo The Nest (Il Nido) del nostro Roberto De Feo – segna il ritorno del cineasta canadese Sean Durkin, che nel 2011 stupì la critica e trionfò al Sundance Film Festival con il lungometraggio d’esordio La Fuga di Martha. Dopo quasi una decade spesa nel circuito del cinema indipendente, grazie alla sua società BorderLine Films con cui ha prodotto i film dei suoi soci Antonio Campos e Josh Mond, Durkin scrive, dirige e produce questo dramma psicologico con protagonisti Jude Law e Carrie Coon, presentato anch’esso al Sundance e ora disponibile sulle principali piattaforme VOD con BiM Distribuzione.
THE NEST – L’INGANNO, LA TRAMA DEL FILM
Anni 80’, negli USA governa Reagan, mentre il Big Bang finanziario sta per travolgere l’Inghilterra della Thatcher: lo yuppie Rory O’Hara, fiutando l’affare, si trasferisce, insieme alla moglie Allison, alla figliastra adolescente Samantha e al piccolo Benjamin, da New York alla natia Londra, unendosi a una grossa società di investimenti. L’uomo affitta un’enorme villa gotica nel Surrey, costruisce un maneggio per la moglie nella tenuta, compra una macchina nuova, un cavallo e abiti firmati, iscrive i figli alle più rinomate scuole della zona e si presenta in ufficio affamato di successo. Col passare del tempo, però, la facciata di questa vita apparentemente perfetta si riempirà di crepe fino a frantumarsi sotto la rabbia repressa dei due coniugi, che realizzeranno quanto la loro famiglia sia frutto di sbagli, errori e compromessi.
THE NEST – L’INGANNO, UNA STORIA FAMILIARE ARRICCHITA D’ATMOSFERA
In The Nest – L’Inganno Durkin racconta la decadenza inesorabile di una coppia alto borghese, tra continue bugie, sotterfugi e incapacità di ammettere il proprio fallimento. La trama è lineare e chiara, in netta contrapposizione con la cupezza visiva del film, e attinge anche dall’esperienza personale dell’autore, che visse in gioventù tra Stati Uniti e Inghilterra, conservando tutte le inquietudini e le differenze tra le due realtà. Non ci sono picchi di originalità o trovate che facciano spalancare la bocca per la sorpresa: il percorso dei personaggi è evidente fin dall’inizio, così come evidenti sono gli snodi drammaturgici che smuovono la storia. Alla fine, Durkin pesca qua e là tra i tropi cinematografici, descrivendo un protagonista accecato dal desiderio di soldi e potere come lo era Bud Fox in Wall Street o costruendo una magione dispersiva e sinistra come l’Overlook Hotel di Shining.
LA SPIEGAZIONE DELLO SGUARDO DISTACCATO DELLA CAMERA DI DURKIN
Il risultato è una sceneggiatura che, come detto, non regala scintille ma resta solida e credibile, perfettamente scorrevole. Ciò che invece, almeno inizialmente, le labbra le fa socchiudere è la regia che Durkin adotta, dopo averne dato un importante assaggio nel suo primo lungometraggio. Immaginando il suo film come lo spaccato di una famiglia che si scioglie sul palcoscenico della propria vita privata, il regista canadese si traveste da vero e proprio voyeur: la camera è spesso lontana dagli attori, che inquadra in grandi spazi vuoti, come le stanze della casa, le campagne senza fine, il cemento dei palazzi della città, per poi avvicinarvisi lentamente. Una sensazione di fastidiosa angoscia, molto tematica e coinvolgente, è assicurata, ma, a lungo andare, il regista esaspera fin troppo la sua scelta stilistica, facendole via via perdere l’efficacia dei primi minuti.
JUDE LAW E CARRIE COON BRILLANO IN THE NEST – L’INGANNO
Quando i toni si fanno più nervosi e le facce più tese, infatti, ci sarebbe bisogno di spingersi ancora di più dentro i protagonisti e racchiuderne il malessere in angusti primi piani, ma Durkin non lo fa quasi mai, come se non volesse in alcun modo sconfessare una freddezza visiva forse esagerata. Anche perché, Jude Law e Carrie Coon dei primi piani non solo se li sarebbero meritati, ma li avrebbero retti alla perfezione. L’attore britannico si cala in un ruolo praticamente cucitogli addosso: pochi altri attori incarnano e sanno utilizzare il fascino come un mantello in cui avvolgersi come sa fare Law, che è magistrale nel ricoprirsene per celare le fragilità e le menzogne del suo personaggio. Altrettanto puntuali e precisi sono i momenti in cui è costretto a sfilarselo per affrontare il suo matrimonio.
Carrie Coon, invece, consolida ancora di più il suo status, passando da attrice ‘emergente’ a piacevolissima conferma, immergendosi appieno nel ruolo di Allison, una moglie che reprime continuamente risentimento e infelicità finché essi non si fanno troppo ingombranti. L’attrice racconta questa piccola grande esplosione con una mimica accurata e minimale, lenta e inesorabile, che attinge e reinventa dalla sua importante esperienza teatrale, sicuramente utile in un’opera così statica e circoscritta.
The Nest – L’Inganno è film riuscito sotto molti punti di vista, elegante e convincente, che però sembra non avere avuto la forza di brillare quanto avrebbe potuto. È senz’altro un tassello in più a delineare la poetica di un regista interessante come Sean Durkin, che ora dovrà spostare ancor di più un’asticella già piuttosto alta.