La cordigliera dei sogni (La cordillera de los sueños) è il documentario di Patricio Guzmán del 2019, distribuito nelle sale il 10 giugno 2021 da I Wonder Pictures, Unipol Biografilm Collection e Fil Rouge Media. Vincitore del premio Golden Eye al Festival di Cannes 2019 e nominato per il miglior documentario al Chicago International Film Festival del 2019, il lavoro di Guzmán chiude la trilogia che comprende Nostalgia della luce (2010) e La memoria dell’acqua (2015).
LA CORDIGLIERA DEI SOGNI, PATRICIO GUZMÁN E IL SILENZIO DELLE MONTAGNE
L’occhio del regista torna a qui su quella terra natia, abbandonata circa 40 anni prima. Un recupero ambivalente, come tra l’altro era stato per i precedenti documentari. Questo duplice valore della memoria e della ricostruzione oscilla fra la nostalgia utopica e il pessimismo storico. Guzmán, in La cordigliera dei sogni (La cordillera de los sueños) decide di offrire uno sguardo che parte dalle montagne. Spazio naturale tacito e sommesso, ricco di fascinazione e narrazioni, le Ande sono al tempo stesso confine e protezione per un popolo. Di questo, Guzmán offre un’esperienza visiva e uditiva notevole, in cui fotografia e sonoro si nutrono di forti contrasti.
PAESAGGI UMANI E PAESAGGI NATURALI IN LA CORDIGLIERA DEI SOGNI
La cordigliera dei sogni (La cordillera de los sueños) non rinuncia a raccontare la storia cilena. Quella stessa che il regista ha proposto più volte come in Il caso Pinochet (2001) o Salvador Allende (2004). A quella storia, Guzmán è rimasto traumaticamente legato, con una voglia sopita di riscatto. Lui come tanti altri che, quegli eventi, hanno deciso di non distruggere, preservandoli attraverso gli occhi della videocamera, proprio come Pablo Salas, qui intervistato Guzmán. Il golpe del ’73 a opera di Pinochet viene qui ritratto come uno dei fatti umani che ha prodotto un insopportabile frastuono nella quiete della natura. Di questo evento, e di molti altri, le Ande sono silenziose testimoni.
GUZMÁN E LA SILENZIOSA MURAGLIA DI ROCCE
A fronte di questo sconvolgimento causato dall’uomo, Guzmán decide per un’operazione documentaristica d’effetto. Al paesaggio umano e ai rumori della storia oppone il il paesaggio naturale, incarnato dal silenzio delle montagne. Questa polarizzazione uomo-natura è infatti determinante in La cordigliera dei sogni (La cordillera de los sueños). Le Ande, misticamente vertiginose, osservano passivamente quel frastuono prodotto dall’uomo; così, la catena montuosa afferma se stessa, nel ruolo di placida osservatrice.
LA CORDIGLIERA DEI SOGNI E IL BISOGNO DI REALISMO MAGICO
La cordigliera dei sogni (La cordillera de los sueños) diventa un’opera che oppone la storia al bisogno della sua assenza. La natura si presenta come il contraltare dell’umano: immodificabile e imperiosa. Questo contrasto è auto-evidente: le inquadrature di Guzmán e la voce fuori campo raccontano, infatti, di un sublime dinamico che schiaccia l’uomo, rendendo misere le sue gesta. In questo dipinto di geografia non-umana appare il senso della tradizione e di quella natura che si racconta senza imporsi, in virtù della sua semplice presenza. Il richiamo ultimo di Guzmán è a una sorta di vocazione spirituale che necessita di meditazione, accettazione e silenzio. La cordigliera dei sogni (La cordillera de los sueños), in fondo, restituisce un bisogno onirico. Questo si condensa in un’immagine della natura che impone il proprio mistero. Un mistero profondo che conferisce un tono arcano, magico a quell’eccesso brutale di storia e realismo.