Dune, film del 2021 presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia e che segna il ritorno dietro la macchina da presa del geniale Denis Villeneuve, è prima di tutto una scommessa rischiosissima. L’omonimo romanzo di Frank Herbert del 1965 da cui è tratto il film è infatti un vero capolavoro della fantascienza, che però con la sua complessità ha messo a dura prova qualunque regista abbia provato a misurarcisi.
Un’opera letteraria profonda e corale ambientata in un universo incredibilmente complesso, che ancora non aveva trovato un adattamento cinematografico alla sua altezza. Almeno non finché il regista canadese non vi si è cimentato con la propria visione di spettacolarità autoriale.
LA PREMESSA PER CAPIRE LA TRAMA DI DUNE APPIENO
Dune di Denis Villeneuve, nelle sue 2 ore e 35 di durata, dà tutte le informazioni essenziali per capire le coordinate della storia che racconta, ma in modo intelligente evita di confondere eccessivamente lo spettatore con parte di quel contesto che caratterizza l’originale letterario e che, pur non indispensabile, qui ci torna utile per ragionare sul senso del film. Una delle peculiarità di Dune infatti è che molta dell’iper-tecnologia che tradizionalmente caratterizza il genere fantascientifico è qui sostituita da potenziamenti biochimici dell’essere umano, tali da sembrare quasi mistici.
La premessa fondamentale per avere una visione più ampia del mondo in cui è ambientato Dune ci porta infatti a millenni prima degli eventi raccontati nel film, quando una rivolta dell’umanità contro le macchine senzienti (il Jihad Butleriano) causò un bando delle intelligenze artificiali e un improvviso regresso dell’evoluzione tecnologica, rendendo anche impossibile il viaggio spaziale a velocità ultraluce, che richiedeva complessi calcoli artificiali.
La Gilda dei Navigatori e la sorellanza Bene Gesserit
La scoperta di una rarissima droga dalle proprietà miracolose (la Spezia Melange), derivato del ciclo vitale dei colossali Vermi delle Sabbie che vivono soltanto sul pianeta Arrakis (noto anche come Dune), permetterà però agli uomini di potenziare i propri cervelli fino ad avere poteri che permetteranno anche il ritorno al viaggio spaziale ultraluce (grazie all’immaginario Effetto Holtzman), ma al prezzo di orribili mutazioni genetiche. Sarà così che nascerà una potentissima corporazione politicamente neutrale che avrà il monopolio nello spostamento di risorse, uomini e denaro tra un sistema planetario e l’altro (la Gilda dei Navigatori).
I poteri della droga generata dai Vermi delle Sabbie svolgeranno un ruolo importante anche nella nascita di una sorta di massoneria femminile dedita all’eugenetica e tanto abile nello sviluppo delle abilità della mente da essere spesso scambiata per una congrega di streghe (la Sorellanza Bene Gesserit), che eserciterà nascostamente la propria influenza sulla galassia per perseguire i propri scopi segreti sfruttando la superstizione e la fede.
LA TRAMA DI DUNE (2021), SPIEGATA IN MODO SEMPLICE E SENZA SPOILER
Dune è un altro nome con cui i Fremen chiamano il pianeta Arrakis. Arrakis è uno sconfinato deserto popolato da mastodontici vermi sotterranei, e la popolazione nomade dei Fremen è l’unica che, grazie anche alle caratteristiche tute distillanti, riesce a sopravvivere al di fuori delle pochissime città, nascosta tra le sue ostili distese desertiche.
Arrakis però è anche l’unico pianeta di tutto l’universo in cui è possibile estrarre la Spezia, cioè la sostanza più preziosa in assoluto, il cui commercio gestito dall’impero peggiora le già difficili condizioni di vita degli autoctoni Fremen.
L’Imperatore (per la precisione l’Imperatore Padiscià Shaddam IV di Casa Corrino) ha ordinato alla nobile e illuminata Casa Atreides di prendere il controllo della produzione di Spezia sul pianeta, dopo che per lunghissimo tempo tale compito aveva arricchito la bellicosa e spregiudicata casata rivale degli Harkonnen.
Quando gli Atreides si insedieranno sul pianeta Arrakis, gli Harkonnen si prepareranno alla guerra. I sogni (forse) premonitori del giovane erede della casata Atreides sembreranno però indicare la via per cambiamenti epocali.
DENIS VILLENEUVE E DUNE, IL FILM IMPOSSIBILE
Denis Villeneuve, fin qui, nella sua filmografia non ha mai sbagliato un colpo. Il regista canadese si è misurato con una moltitudine di generi, dai drammi di inizio carriera (tra i quali Polytechnique e La Donna Che Canta) al thriller Prisoners, dal crime Sicario al giallo psicologico Enemy. Con il meraviglioso Arrival ha iniziato poi a imporsi come maestro della fantascienza d’autore, dimostrando quindi con Blade Runner 2049 di saper approcciare con originalità, sensibilità e intelligenza anche predecessori cinematografici a dir poco ingombranti.
Dalla follia di Jodorowsky al forfait di Ridley Scott, fino alla «infinita tristezza» di Lynch
Se qualcuno poteva sperare di centrare un film come Dune, era dunque Villeneuve. Eppure in passato dei suoi colleghi illustrissimi hanno fallito miseramente nel provare a imbrigliare il materiale d’origine in una forma cinematografica. Alejandro Jodorowsky (La Danza della Realtà) tentò senza successo di farne un film di 14 ore (sì, avete letto bene) con Salvador Dalì, Orson Welles, Mick Jagger, la musiche dei Pink Floyd e le scenografie di Moebius.
Fu quindi il turno di Ridley Scott, che dopo aver inutilmente provato a farne un adattamento in due film, lasciò il progetto per dedicarsi a quello che sarebbe diventato un capolavoro intitolato Blade Runner.
Grazie al successo di Elephant Man, fu infine la volta del maestro visionario David Lynch (Eraserhead, Twin Peaks), che riuscì a portare il film sul grande schermo ma per sua stessa ammissione non trovò mai il giusto approccio al materiale e dovette combattere con il montaggio imposto dal produttore De Laurentiis. Il risultato, un flop al botteghino stroncato dalla critica, lo ricorda ancora oggi come «una grande e colossale tristezza» della sua vita. Ve ne abbiamo parlato nel nostro approfondimento su Dune (1984) di Lynch.
Il segreto dietro il nuovo Dune (2021): le due scelte fondamentali operate dal regista e dagli sceneggiatori
Il romanzo Dune è il primo di un ciclo di sei libri cui poi si aggiunsero anche quelli scritti dal figlio dell’autore insieme a Kevin J. Anderson, e la ricchezza di dettagli, personaggi ed eventi che ne gremiscono le pagine non è l’unico problema in termini di trasposizione sul grande schermo. A complicare la vita degli sceneggiatori c’è infatti una molteplicità di nomi per indicare gli stessi concetti (Dune è anche Arrakis, la Spezia è anche il Melange, la Sorellanza è anche Bene Gesserit e così via).
Denis Villeneuve, che firma il copione a sei mani insieme a Eric Roth (Forrest Gump) e Jon Spaihts (Doctor Strange), per gestire l’ingestibile adotta due scelte prioritarie indispensabili, che rendono potabile il materiale d’origine sul grande schermo: evade tutte le ambiguità linguistiche cercando di semplificare l’identificazione dei mille volti e concetti, e soprattutto divide il libro in due parti. Il film Dune del 2021 corrisponde infatti solo alla prima metà del romanzo, mentre la seconda parte sarà oggetto di un sequel (per ora semplicemente indicato come Dune 2) che è praticamente certo ma che formalmente ancora non ha avuto il via libera dalla Warner.
Un’idea del tutto simile a quella avuta da Scott più di quarant’anni fa, e che permette a Villeneuve di rimandare buona parte delle spiegazioni sui retroscena religiosi e politici della storia a un secondo capitolo, accennandovi per ora in modo discreto e senza dover assalire lo spettatore con continui spiegoni come fu per Lynch.
UNA CURIOSITÀ: IL ROMANZO DUNE È L’UNIONE DI DUE STORIE A PUNTATE
A ben vedere, l’idea di dividere la storia di Dune in due parti non è farina del sacco di Villeneuve né di Scott. Originariamente, infatti, quello che nel 1965 sarebbe stato pubblicato come un unico libro dal titolo Dune era in realtà l’unione di due lunghe storie a puntate apparse nell’arco di due anni sul mensile Analog (la più importante rivista di fantascienza di sempre, nota anche come Astounding Science-Fiction). La prima, intitolata Dune World, fu pubblicata come un ciclo di tre racconti tra il dicembre 1963 e il febbraio 1964 e la seconda, The Prophet of Dune, uscì invece in tre puntate tra il gennaio e maggio del 1965.
Dune (2021): non chiamatelo remake
Se quindi volessimo essere precisi, dovremmo dire che il film con Timothée Chalamet è il libero adattamento prevalentemente di Dune World. Il che rientra perfettamente nell’ottica di Villeneuve, che si innamorò del libro di Herbert e iniziò a fantasticare sul suo immaginario in giovanissima età. Quando il regista, diciassettenne, vide al cinema il film di Lynch ne rimase solo a tratti galvanizzato, mentre – come ci racconta oggi – sentì che molti aspetti e tematiche del libro erano stati sostanzialmente ignorati dalla visione del cineasta di Missoula. Ecco che quindi per lui Dune è un progetto personalissimo che a tratti omaggia anche la pellicola del 1984 ma che, soprattutto, mette in scena un’intera vita di sogni da avido lettore di fantascienza
DUNE E L’IDEA DI UN ANTI-BLOCKBUSTER
Dune di Denis Villeneuve non è il solito blockbuster. Certo, il film ha un budget di 165 milioni e un cast a dir poco stellare, con nomi come Timothée Chalamet, Zendaya, Oscar Isaac, Josh Brolin, Stellan Skarsgård, Jason Momoa, Javier Bardem, Rebecca Ferguson, Dave Bautista e Charlotte Rampling. Ma alla Warner va il merito di aver dato ampia libertà creativa al regista e sceneggiatore canadese, e dal risultato ciò è evidente.
Scordatevi le formule dei cinecomic che da più di un decennio standardizzano il cinema commerciale, perché Dune, nonostante un budget da blockbuster, come idea di partenza è il ritratto dell’anti-blockbuster. Tempi dilatati, tematiche adulte, nessun ammiccamento ironico, una costante gravità del tono.
Il Signore degli Anelli della fantascienza, odiato da Tolkien
Dune è un film che – con grazia e con successo – si prende incredibilmente sul serio. Una tale idea di cinema, con le dovute differenze, è molto più simile all’epico universo decadente del Signore degli Anelli di Peter Jackson che a qualsiasi capitolo del MCU o del DCEU.
Non a caso, tornando all’ambito letterario, il celebre scrittore di fantascienza Arthur C. Clarke (2001: Odissea nello Spazio) dichiarò che «Dune mi sembra un unicum tra i moderni romanzi di fantascienza, in termini di profondità delle caratterizzazioni e di straordinarietà nella definizione del mondo che crea. Non conosco nulla a cui paragonarlo se non Il Signore degli Anelli».
Paradossalmente proprio J.R.R. Tolkien – il cui capolavoro veniva pubblicato un decennio prima di quello di Herbert – pur con la sua consueta riservatezza ebbe modo di scrivere: «detesto con una certa intensità Dune (…) quindi mi pare cosa onesta verso un altro autore rimanere in silenzio ed evitare ulteriori commenti».
QUALE DEV’ESSERE IL SIGNIFICATO PROFONDO DELLA FANTA-SCIENZA
Fantasy e fantascienza, in fin dei conti, sono due facce della stessa medaglia. Espedienti per confrontare indirettamente idee universali e mondi possibili con l’inscalfibile gabbia della nostra realtà. In tale senso sia Herbert che Villeneuve rappresentano, ognuno nel proprio campo, esempi eccellenti di autori che hanno saputo asservire lo sci-fi a profonde riflessioni sulla natura dell’esperienza umana e sul nostro futuro come specie.
Il lungo rapporto tra droga e fantascienza che precede Dune
L’idea di una droga che apre la mente non è, in sé, nulla di originale. Dietro un’idea semplice si nasconde però un retaggio complesso, che oggi possiamo rileggere in modo sorprendentemente nuovo.
L’idea stessa delle porte della mente, ben precedente ai Doors di Jim Morrison che la resero popolare, è sviscerata nel saggio breve del 1954 Le Porte della Percezione, con cui lo scrittore di fantascienza distopica e filosofo Aldous Huxley raccontava la propria esperienza di uso della mescalina (sostanza psicotropa estratta dal peyote).
La profonda natura mistica di quel tipo di astrazione dalla realtà veniva contrapposta dall’autore a un’altra ‘porta’ ben più superficiale: La Porta nel Muro, quella del racconto del 1911 con cui H. G. Wells (uno dei padri della fantascienza, autore de La Guerra dei Mondi) simboleggiava i comuni divertimenti, hobby e svaghi con i quali cerchiamo semplicemente evasione dalla noiosa realtà.
Huxley ebbe un’influenza fondamentale su Dune e su Frank Herbert non solo nell’idea di uno scivoloso legame tra allucinogeni e religiosità, ma anche con le tematiche dell’eugenetica e del controllo mentale che caratterizzarono il suo più grande lavoro di finzione, il romanzo Il Mondo Nuovo (Brave New World), del 1932.
La Spezia riletta oggi: il post-umano e l’augmented body
Lo stesso Clarke che abbiamo citato sopra a proposito del paragone tra Dune e Il Signore degli Anelli, in una delle sue celebri Tre Leggi di Clarke (risalente al 1968) sottolineava che «qualsiasi tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia», e l’idea dietro la Spezia è proprio questa. Quando nel 1999 George Lucas, nel suo La Minaccia Fantasma, provò a ricalcare questo principio reinventando la Forza attraverso l’introduzione dei Midi-chlorian non gli andò però poi così bene.
Col senno del poi, in una contemporaneità nella quale l’abbattimento delle barriere tra corpo e tecnologia proprio del cyberpunk di Bruce Bethke è sempre più vicino e si ragiona con concretezza di un’umanità potenziata con microchip e nanotecnologie, l’idea di una sostanza che trasformi i nostri cervelli in computer sovrumani assume una luce completamente diversa, che contribuisce a rendere particolarmente attuale il Dune di Denis Villeneuve.
LA SPIEGAZIONE DEL SIGNIFICATO DI DUNE
Dune, il film del 2021 di Denis Villeneuve ma anche il romanzo del 1965, ci parla in modo sorprendente della nostra attualità. Quel futuro remoto eppure ammantato di un fascino feudale – apparentemente così lontano da noi – visto con gli occhi del presente ci rispecchia pienamente.
Fazioni che vanno in guerra per imporre i propri interessi economici e di influenza; un pianeta condannato alla crisi climatica per lo sfruttamento delle sue risorse limitate; potenti caste che esercitano il proprio potere nell’ombra; la manipolazione delle masse attraverso una narrazione infedele del reale; una grande potenza che trasforma i propri alleati in nemici – e viceversa – per mero tornaconto politico, e – in prospettiva – i rischi dell’affidarsi a una tecnologia troppo pervasiva. Tutte queste sono tematiche incredibilmente significative, che pongono Dune ben al di sopra del mero intrattenimento e ne fanno un’opera dai molteplici livelli di lettura.
Per citare un altro grande autore di fantascienza, William Gibson, «Se c’è una cosa che ho imparato dalla fantascienza, è che ogni momento presente è al contempo il passato di qualcun altro e il futuro di qualcun altro».
VILLENEUVE, DUNE E COSA SIGNIFICA «ESPERIENZA CINEMATOGRAFICA»
Quello del Dune di Villeneuve è un mondo assolato ma crepuscolare, in cui la prospettiva della storia getta la propria ombra su più secoli, in cui la nuda sacralità delle scenografie rimanda alle architetture brutaliste ma anche al futurismo e all’arte bronzea cinese; in cui quel tono di decadenza ammantata di regalità scandisce tempi di ampio respiro e in cui pittoriche inquadrature che confrontano il grandissimo con il piccolissimo vengono stemperate in nuvole di sabbia o fumo inondate di luce (qui il d.o.p. Greig Fraser replica efficacemente le poetica dietro la fotografia di Blade Runner 2049 valsa l’Oscar a Roger Deakins).
Il Dune di Denis Villeneuve però vanta anche uno straordinario design di mezzi e astronavi (che fa sfigurare la banale genericità della quasi totalità degli attuali universi cinefumettistici), un sound design di tutto rispetto e costumi di rara ed essenziale iconicità (si pensi ai Navigatori della Gilda di I livello, con i loro abiti quasi papali e il volto nascosto in caschi inondati di gas arancione). Soprattutto, il nuovo film Dune offre una delle scene di guerra – non entriamo nei dettagli – più spettacolari e meglio girate degli ultimi decenni.
Dune è una meraviglia per gli occhi, da vedere sullo schermo più grande possibile, capace di conquistare l’immaginazione anche di chi fosse totalmente disinteressato verso la complessità della storia.
IL SENSO DEL FINALE DI DUNE E COSA CI ASPETTA
Si può dire molto del nuovo Dune, ma paradossalmente il giudizio finale è sospeso fino al compimento dell’arco narrativo d’insieme, nel sequel Dune 2 che speriamo presto avrà il via libera ufficiale della Warner. Al momento le visioni di Paul Atreides, disseminate nella pellicola anche come teaser del capitolo successivo, promettono benissimo.
Dune, il film che segna la rinascita del cinema dopo la pandemia?
I numeri al botteghino di Dune, in questo periodo di pandemia che ha seriamente minacciato il futuro del cinema, sono quanto di più importante resti da analizzare. Al suo weekend di apertura europeo e russo, che precede quello americano di quasi un mese, il film di Villeneuve ha collezionato quasi 37 milioni di Dollari ed è primo al box office in quasi tutti i paesi. In Italia, con 2,2 milioni di incasso, è addirittura il miglior risultato in sala dal marzo 2020. Se c’è una conclusione che possiamo trarre, è che il mondo ha ancora bisogno del grande schermo. Se a ciò aggiungiamo che addirittura il 10% degli incassi viene da 142 sale IMAX (con una media per proiezione di 25.ooo Dollari), è evidente che il mondo ora più che mai ha bisogno di schermi grandissimi, e di film che li sappiamo riempire nel più nobile dei modi.
DUNE, L’EDIZIONE HOME VIDEO: DVD, BLU-RAY E 4K ULTRA HD
Se l’esperienza IMAX è ovviamente irripetibile, un’eccellente conversione per l’home video era comunque la garanzia per preservare l’esperienza mozzafiato di Dune anche nella visione casalinga. In tal senso è mirabile il lavoro fatto da Warner Bros., che soprattutto nell’edizione 4K UltraHD + Blu-ray è riuscita a garantire un porting impeccabile, la cui qualità si vede innanzitutto nella resa dettagliata delle sfumature e nell’assenza di artefatti di compressione in corrispondenza delle grandi ‘macchie di colore’ (l’ocra del deserto ma non solo) della fotografia di Greig Fraser.
L’home video di Dune, disponibile anche in DVD o semplice Blu-ray, include oltre un’ora di contenuti speciali, tra i quali le interessantissime featurette The Royal Houses, Inside Dune: The Training Room, Building an Ancient Future, Designing The Sandworm, Wardrobe from Another World, A New Soundscape e molte altre. Una risorsa fondamentale sia per apprezzare appieno il lavoro ciclopico dietro il film sia per approfondire l’universo incredibilmente complesso di Herbert.