Nel 2016 Edoardo Albinati vinse il Premio Strega con La Scuola Cattolica, un romanzo frutto di una genesi esasperante, più che decennale. Era il 2005, infatti, quando le prime pagine della cronaca nera italiana tornarono ad essere occupate dal Mostro del Circeo, al secolo Angelo Izzo: un ergastolano che durante il rilascio in semilibertà a 30 anni dai sui primi delitti si rese colpevole del duplice omicidio di altre due donne, una madre e una figlia, oggi noto come la strage di Ferrazzano – dal nome della località molisana in cui ebbe luogo.
Rivedere quel nome, quella faccia, fece scattare qualcosa in Albinati, che Izzo lo conosceva: entrambi infatti avevano frequentato, pur senza instaurare legami particolari, l’Istituto Cattolico San Leone Magno, nella culla della borghesia romana, prima che nel 1976 Izzo venisse condannato all’ergastolo per il suo primo crimine commesso in correità, il drammatico massacro del Circeo.
Sentiva dunque Albinati una sorta di debito personale nei confronti della società, il bisogno di redigere un’investigazione letteraria sul legame tra quell’ambiente ovattato e ovattante e l’assassino, ma anche su Gianni Guido e Andrea Ghira (complici nei fatti del Circeo e anch’essi studenti della stessa scuola) e su decine di altri ragazzi ora uomini – compreso l’autore stesso.
Ne venne fuori un’opera multiforme, dove in oltre 1200 pagine la penna dello scrittore condensa con pacata ferocia narrazioni autobiografiche, digressioni etico filosofiche e una profonda critica al cattolicesimo italiano.
LA SCUOLA CATTOLICA, MORDINI RACCONTA IL TESSUTO SOCIALE IN CUI SI SVILUPPÒ IL MASSACRO DEL CIRCEO
Nel 2021, Stefano Mordini ha avvertito un po’ la stessa urgenza di Albinati, portando La Scuola Cattolica sul grande schermo dopo la presentazione fuori concorso alla 78. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. «Questa storia è una cosa cui non ci si dovrebbe abituare mai: nonostante sia una vicenda del passato, tutto ciò succede ogni giorno: la sopraffazione del più forte sul più debole, per un’educazione sentimentale che manca», ha dichiarato il regista descrivendo l’intento del suo film omonimo.
Per realizzare tutto ciò, Mordini si è avvalso di alcune collaborazioni di spicco: Picomedia e soprattuto Warner Bros. Italia hanno curato la produzione, consolidando il legame con il regista dopo Il Testimone Invisibile e Lasciami Andare, mentre Massimo Gaudioso (storico sceneggiatore di Matteo Garrone) e Alex Infascelli hanno lavorato allo script insieme a Mordini stesso.
La Scuola Cattolica e quei mostri coltivati in seno alla ‘Roma bene’
La Scuola Cattolica entra nella vita di un manipolo di ragazzi di un liceo maschile privato, nella ricca Roma borghese degli anni ‘70. Edoardo, Arbus, Pik, Gioacchino, Salvatore, sono tutti adolescenti confusi, alla ricerca di un senso in quel che li circonda che la scuola, e in alcuni casi la famiglia, vogliono imporre loro di trovarlo nella bigotta Chiesa cattolica.
Per sfuggire a questo dogma, molti di loro sviluppano un’animalesca ribellione, che si consuma in vari modi: da episodi di crudo bullismo a qualcosa di simili a dei sabba filo-massonici. Edoardo, alter ego di Albinati stesso, narra le giornate sue e dei suoi compagni, imprigionati sotto una campana di cristallo tanto lucida quanto fragile.
L’escalation di violenza dell’opera trova il suo culmine nel celebre Massacro del Circeo, quando Angelo Izzo, Gianni Guido e Andrea Ghira, i compagni di scuola più grandi che Edoardo osservava ‘affascinato’ e impaurito, convincono Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, due ragazze proveniente dalla borgata, a seguirli in una villa sul litorale romano, per poi dar vita a una notte di stupri, droghe e pestaggi. La Lopez morirà il mattino dopo per le percosse subite e verrà caricata dai tre nel bagagliaio della loro auto insieme alla Colasanti che, creduta erroneamente defunta, poi riuscirà a chiamare aiuto e a far arrestare Izzo e Guido (Ghira, invece, rimarrà latitante fino al 1994, anno della sua morte).
LA VIOLENZA E LA NOIA DIETRO LA STORIA VERA DELLA STRAGE DEL CIRCEO
A Mordini vanno riconosciuti molti meriti nel suo convincente La Scuola Cattolica. Uno dei nodi fondamentali del libro di Albinati è l’avanzare inesorabile di un sentimento di violenza disinteressata: è si reazionaria, poiché scaturita dalla privazione e dalla rigidità cattolica, ma ben presto si rivela soprattutto fine a sé stessa; mero passatempo per combattere la noia borghese – cosa che la rende ancor più feroce e spaventosa, perché non ha limiti se non quello della soddisfazione del carnefice.
Per certi versi è come se i giovani rampolli romani si travestissero da piccoli Drughi e trasformassero il ricco e tranquillo Quartiere Trieste nella dispotica Londra di Arancia Meccanica. «Quando sbagliavamo, a volte venivamo puniti, a volte no. Perciò iniziammo a pensare che quelle regole fossero messe lì senza un vero motivo». Un sentimento così apatico, affinché venga compreso dallo spettatore, va seminato, coltivato e aspettato, proprio come fa Mordini, che prima ci infastidisce, poi ci insulta e in ultimo abusa di noi.
Un cast solido per un racconto corale
La strategia funziona anche grazie all’ottima gestione della coralità dei personaggi: in ognuno viene identificata una piccola sfumatura diversa, che li rende credibili anche nella frenetica alternanza con cui si spartiscono lo schermo. Un plauso sotto questo aspetto lo merita il cast: tra gli adulti, Valeria Golino, Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca confezionano interpretazioni solide nei panni dei genitori ignari e distanti dalle voragini dei figli, ma sono i giovani a rubare la scena.
Il regista e i suoi collaboratori individuano dei volti nuovi, taglienti, penetranti, pescando tra esordienti o talenti nascenti, capitanati da quella Benedetta Porcaroli, ormai stella della new wave italiana, coraggiosa e non banale a calarsi nei panni di Donatella Colasanti. Emanuele Maria Di Stefano (Edoardo), Giulio Pranno (Ghira), Francesco Cavallo (Gianni Guido) e Luca Vergoni (Angelo Izzo) sono nomi che risentiremo presto; Vergoni, in particolare, regala un ritratto inquietantemente fedele del suo personaggio, tra gli occhi spiritati e quel ghigno pauroso.
LA SCUOLA CATTOLICA, LA STORIA VERA E LA SUA RAPPRESENTAZIONE
La regia di Mordini è funzionale all’emotività delle varie fasi del film: sa quando accelerare, sa quando fermarsi, sa quando affascinare, sa quando tormentare. Sarebbe risultata impeccabile, non fosse per un citazionismo fin troppo marcato in alcune inquadrature, che non fa altro che interrompere il flusso della storia.
La Scuola Cattolica, semmai, rievoca un’eterna questione irrisolta: quanto il cinema, un certo cinema soprattutto, deve tendere al reale? Il Massacro del Circeo è un’enorme macchia nel passato italiano, e come tale Mordini lo approccia. Le scene nella villa occupano una buona parte del minutaggio finale, i corpi completamente nudi della Lopez e della Colasanti, tumefatti, i capelli strappati, gli occhi vitrei, il sangue che sgorga, ci vengono continuamente sbattuti in faccia. Allo stesso modo, non ci vengono risparmiati nemmeno gli sguardi predatori di Izzo e Guido, le loro mani che si protendono come artigli, quella sadica smorfia divertita sui loro volti.
Mordini sconvolge ma non va fino in fondo, eppure ciò non l’ha salvato dal VM18
Il regista toscano, perciò, ha scelto una narrazione non filtrata di quell’orribile storia vera, eppure in un certo senso indiretta: ha operato scelte di un certo impatto, ma alla fine ha lasciato la presa con una certa incoerenza. Per raggiungere un climax perfetto, qualcosa che rendesse completamente conto di quella tragedia sconvolgente e completasse la linea intrapresa, per quanto sgradevole era necessaria una vera e propria rappresentazione delle violenze, che non fosse affidata principalmente al make up delle pur ottime attrici o alle urla agonizzanti dei loro personaggi.
Si è deciso, invece, di non influire ulteriormente, anche seguendo una comprensibile logica di mercato: già così, il film ha subito lo “stop” da parte della commissione per la classificazione delle opere cinematografiche, che l’ha vietato ai minori di 18 anni. «Equipara vittime e carnefici» la motivazione della Commissione, che ha fatto discutere non poco. Anche l’Izzo reale, ormai divenuto una sorta di personaggio mediatico, ha tenuto a sottolineare, dal carcere di Velletri dove sta scontando i due ergastoli, che La Scuola Cattolica è «il solito racconto morboso, pieno di banalità e luoghi comuni» e «non si sente proprio il bisogno che si continui a mitizzare il delitto del Circeo come una specie di fatto storico, che non è». Con buona pace del pluriomicida, però, il film di Mordini ha il merito proprio di ritrarre quella banalità che, senza clamore, può cullare l’orrore.