Sir Gawain e il Cavaliere Verde (titolo originale The Green Knight), film che sul mercato italiano è stato distribuito direttamente in streaming su Prime Video il 16 novembre 2021 ma che oltreoceano porta la prestigiosa etichetta della A24, segna il ritorno dietro la macchina da presa del regista e sceneggiatore di culto David Lowery.
DAVID LOWERY: CHI È IL REGISTA DI SIR GAWAIN E IL CAVALIERE VERDE – THE GREEN KNIGHT?
Lowery, autore capace di spaziare dall’avventura fantastica per la famiglia Il Drago Invisibile al malinconico crime a tinte sentimentali Old Man & the Gun, è noto tra i cinefili soprattutto per il suo capolavoro Storia di un Fantasma – A Ghost Story, una struggente e ispirata riflessione sull’infinità del tempo e sul nostro rapporto con i luoghi.
Caratterizzato dalla grande capacità di arricchire di emotività genuina le sue opere, è uno dei registi in più rapida ascesa a Hollywood. Il suo film successivo a The Green Knight sarà il nuovo live action Disney, Peter Pan & Wendy, previsto per il 2022.
SEGUONO SPOILER
LA TRAMA DI SIR GAWAIN E IL CAVALIERE VERDE SPIEGATA BENE
La visionaria apertura di Sir Gawain e il Cavaliere Verde – The Green Knight affida a una voce fuori campo una premessa fondamentale: anche se ci troviamo nel mondo regnato da colui che estrasse la Spada dalla roccia, quella che stiamo per ascoltare è la storia di un’avventura completamente diversa.
Ben presto veniamo infatti trascinati nella ben poco ambiziosa esistenza di Gawain (un eccellente Dev Patel, La Vita Straordinaria di David Copperfield) che, pur essendo il nipote del Re, in un mondo di eroi non si cura nemmeno di guadagnarsi il rango di cavaliere. Preferisce infatti i piaceri della carne e i fumi dell’alcol alla gravosa importanza del suo lignaggio familiare o all’onore degli eroi di corte.
La sfida del Cavaliere Verde non toccava a Sir Gawain
È proprio quegli eroi, che vanno in guerra ammantandosi di valori cristiani, che sua madre (Sarita Choudhury, Homeland), una strega sorella del re, prova segretamente a mettere alla prova evocando attraverso la sua magia pagana il Cavaliere Verde del titolo (Ralph Ineson, Chernobyl). Quando però il giorno di Natale l’imponente creatura soprannaturale con la pelle di corteccia irrompe nella sala del trono per proporre un ‘gioco’ ai cavalieri presenti, contro ogni previsione è proprio lo scapestrato Gawain ad accettare incautamente la sfida.
Preoccupata per la sorte del figlio, la fattucchiera gli dona prima della partenza una magica cintura capace di renderlo invulnerabile, intravedendo l’opportunità per spingere il figlio fuori dal nido e instradarlo su un percorso di onore.
Gawain però, protagonista di una serie di incontri che culminano con l’ospitalità fornita nel suo castello da Sir Bertilak de Hautdesert (Joel Edgerton, Bright), fallirà ogni prova che incontrerà lungo il suo viaggio verso il destino, fino a raggiungere la consapevolezza della propria pochezza umana.
PERCHÉ NASCONDERE NELLA STORIA ARTÙ, MERLINO ED EXCALIBUR?
Se il nome di Gawain non vi suona nuovo, è perché parliamo di un’importante figura della mitologia britannica: Galvano – così viene tradizionalmente tradotto il suo nome in italiano – ci è infatti stato consegnato dal mito come il migliore dei cavalieri della Tavola Rotonda.
Nonostante in Sir Gawain e il Cavaliere Verde – The Green Knight il regista e sceneggiatore Lowery non faccia nulla per esplicitare le identità dei numerosi personaggi che incontriamo («è del tutto intenzionale il fatto che non abbiamo dato un nome a nessuno dei personaggi, esclusi Gawain, Essel e Winifred», ha dichiarato), ci troviamo in realtà circondati dalle leggendarie figure del cosiddetto Ciclo Bretone.
Quel regno è Camelot, quel re è Artù (col volto di Sean Harris, Mission: Impossible – Fallout) e la sua regina è Ginevra (Kate Dickie, The Witch), quella spada è Excalibur, quello stregone è Merlino e quella strega è Morgana. Addirittura, la volpe non è un ‘semplice’ animale parlante, ma è il Renart della tradizione favolistica francese; mentre il fantasma della giovane donna è Santa Vinifreda del Galles (interpretata da Erin Kellyman, Solo – A Star Wars Story), che nel libro è solo citata indirettamente quando l’eroe passa dalle parti della fonte di Holy Head.
Ad affollare lo schermo si succedono quindi alcuni dei più celebri punti di riferimento nelle leggende bretoni, eppure David Lowery fa di tutto per metterli in secondo piano. Come chiarito sin dall’inizio, questa non è la loro avventura né la loro celebrazione. Questa è la storia di Gawain e della sua miseria.
LE DIFFERENZE TRA IL LIBRO E IL FILM (E LA VERSIONE DI J.R.R. TOLKIEN)
Le origini del mito di Gawain non vengono dal nulla, e hanno anzi una cornice estremamente precisa – che, come scopriremo poi, Lowery intende scardinare completamente. Il titolo italiano di The Green Knight, ovvero Sir Gawain e il Cavaliere Verde, è infatti l’esatto titolo con cui è noto un romanzo cavalleresco del XIV secolo di autore ignoto, giuntoci in una singola copia all’interno del codice conosciuto come Cotton Nero A.x. Celebre la sua traduzione e riduzione in Inglese contemporaneo a opera di J.R.R. Tolkien (la trovate qui in versione italiana).
Perché vediamo la dama del castello che ‘scatta una foto’ in epoca medievale?
I manoscritti stessi, intesi come oggetti e veicoli del sapere, hanno un ruolo nel film: si pensi alla fascinazione che esercitano sul protagonista, al loro uso come pegno d’amore o anche all’idea apparentemente strampalata di proporre nel film una primitiva camera oscura medievale – rimandando in realtà a quanto documentato nel codice realmente esistente del 1011 D.C. De Aspectibus di Ibn al-Haytham. Ebbene, parlando per bocca della seducente dama bibliofila interpretata da Alicia Vikander (Tomb Raider), Lowery a un certo punto del film sembra rivendicare la propria libertà creativa: «I racconti ascoltati (…), quando vedo margini di miglioramento, li riscrivo». E il film infatti, rispetto al libro, è tutta un’altra storia.
Nel libro Gawain muore?
Nel poema allitterativo originale Gawain è un cavaliere virtuoso e nel finale viene graziato dalla scure del suo ‘giudice’, che voleva solo metterlo alla prova. Il Cavaliere Verde, che si scoprirà essere Sir Bertilak de Hautdesert sotto mentite spoglie, lo punirà con un semplice graffio sul collo per l’omissione del dono della cinta, decretandolo comunque «il cavaliere senza macchia per eccellenza» – nonostante questi non si sia mai tolto la fascia dalla vita. Quando Galvano farà ritorno a Camelot, lì sarà celebrato per la sua impresa e a dispetto di quel momento di debolezza diverrà un esempio per gli eroi della Tavola Rotonda – i quali da lì in poi indosseranno tutti una fusciacca verde come memento di onestà.
Nel film, invece, il regista e sceneggiatore vuole incarnare nel suo protagonista esattamente l’opposto del personaggio letterario: espandendo e inventando le avventure nel viaggio (cui nel volume si fa solo un rapido cenno), rileggendo il ruolo di Morgana, privando Galvano della sua moralità, spostando il fulcro etico dalla castità al sacrificio, cambiando l’identità del Cavaliere Verde e capovolgendo il finale, Lowery stravolge di fatto la storia e il suo senso.
LA SORPRENDENTE SPIEGAZIONE DEL SIGNIFICATO DIETRO SIR GAWAIN E IL CAVALIERE VERDE
Sir Gawain e il Cavaliere Verde – The Green Knight non è quindi l’avventura cavalleresca che potrebbe inizialmente sembrare. Anziché celebrare l’onore attraverso le vicende di un eroe che incarna i valori cavallereschi sfidando un antagonista e affrontandone le conseguenze, condanna la vanagloria di un ragazzo privo di virtù che, giustiziando un avversario inerme solo per l’ansia di dimostrare il proprio presunto valore, finisce per perdere la vita felice che non si era mai accorto di poter avere.
La comprensione del film infatti passa tutta dalla conoscenza delle virtù cavalleresche: gli incontri apparentemente casuali che fa Gawain sul proprio cammino (il giovane viandante, la dama senza testa, la volpe e i signori del castello) in realtà simboleggiano altrettante doti che il protagonista non ha, e sono delle prove disseminate da Morgana per testare il valore di chi avesse accettato la sfida del Cavaliere Verde. Addirittura l‘incontro con i giganti, sulle cui spalle vorrebbe viaggiare per risparmiarsi ogni rischio nella valle e che la volpe dissuade dall’aiutarlo, è l’allegoria di come egli desideri sottrarsi ai rischi del viaggio attraverso un sotterfugio.
LA CHIAVE PER CAPIRE IL FILM È NELLA STELLA A 5 PUNTE
Nella pagina letteraria come nella pellicola, lo scudo costruito per Gawain è la manifestazione dell’essenza stessa della Cavalleria. Se nel retro riporta un’effige mariana per dare conforto a Galvano, sul fronte ha ben visibile un pentagramma, e cioè lo stesso simbolo che portano al collo Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda. Le cinque punte della stella, oltre a rappresentare le Gioie della Vergine e le Sante Piaghe di Cristo, sono soprattutto le 5 virtù cavalleresche, i punti cardinali che guidano la morale di un cavaliere: generosità, gentilezza, purezza, nobiltà d’animo e devozione (secondo il Sir Gawain and the Green Knight tradotto e ridotto da Tolkien, free-giving, friendliness, chastity, chivalry e piety).
Nel libro Galvano è la quintessenza di tali principi («were hasped upon him harder than on any man else», e cioè essi «erano saldi su di lui più che in ogni altro uomo»): si sacrifica con generosità solo per proteggere Artù, sa far tesoro dell’amicizia di Sir Bertilak, ignora in ogni modo le insidie amorose di sua moglie, è pronto a onorare nobilmente la propria parola a costo della vita e trova nella fede la forza per farlo.
UN VIAGGIO NEL FALLIMENTO: PERCHÉ IL SIR GAWAIN DEL FILM È L’OPPOSTO DELL’ORIGINALE
Il Gawain secondo David Lowery, invece, è di tutt’altra pasta. Sin dalle primissime immagini, quando irride la messa di Natale accostandola a un bordello, è evidente come la sua condotta sia ai limiti del blasfemo; ma sarà poi compito delle tappe del suo viaggio chiarire come ogni prova della sua moralità sia destinata a fallire miseramente.
Il giovane uomo infatti si dimostrerà avaro col ragazzo che gli indicherà la via (Barry Keoghan, Il Sacrificio del Cervo Sacro), meschino quando chiederà quale sia il suo guadagno nell’aiutare il fantasma di Winifred a ritrovare la propria testa, lussurioso quando non resisterà al fascino di Lady Bertilak che gli si mostrerà con le sembianze della sua amata Essel e respingente quando caccerà via la volpe che aveva provato ad aiutarlo. Tutto ciò pur non essendo un uomo spregevole, ma, semplicemente, un ragazzo dagli orizzonti limitati che è cresciuto senza una guida che lo ispirasse – come sottolinea anche Artù nel dialogo iniziale.
COSA SUCCEDE ESATTAMENTE NEL FINALE DEL FILM?
L’illuminazione, per Gawain, arriva quando ormai è troppo tardi. Ci riferiamo infatti al lungo flashforward finale, che quando è in punto di morte gli mostra e ci mostra quale sarebbe stata la sua esistenza se avesse perseverato nel suo semplicistico ed egoistico nichilismo, e come la sua condotta avrebbe portato quelli che amava a soffrire e il regno di Camelot a cadere.
I dialoghi rivelatori all’inizio di Sir Gawain e il Cavaliere Verde – The Green Knight
È in quel momento che il nostro, finalmente, comprende quanto tutto sia stato sciocco e vano. «È questo tutto ciò che rimane? Solo questo?» chiede smarrito al suo boia. Ed è qui che il dialogo che ha all’inizio del film con Essel (sempre Alicia Vikander), amore impossibile perché di tutt’altra estrazione sociale, riecheggia nello spettatore e chiude il cerchio: «Perché la grandezza? La gentilezza non ti basta?» chiedeva la ragazza al suo amato; ma a lei che parlava di sentimenti lui rispondeva vaneggiando di oro e ambizione. È dunque tutto qui: un susseguirsi di scelte sconsiderate che portano a una fine infausta. Eppure, in punto di morte, arriva anche per lui la redenzione.
GAWAIN MUORE? QUAL È IL SENSO?
Sì, la redenzione arriva in punto di morte: perché anche se c’è un taglio a nero («un approccio alla Soprano» dice Lowery, citando il celebre finale della serie TV ideata da David Chase) e lo spettatore non assiste esplicitamente alla testa del protagonista che cade a terra, è proprio questo quel che ha in mente il regista. Una morte che risparmia a Gawain e agli altri sofferenze peggiori, e che quindi è in un certo senso un lieto fine. «Volevo un finale nel quale il fatto che gli venisse tagliata la testa fosse comunque una cosa positiva», ha dichiarato Lowery. «È un happy ending. Gawain alla fine affronta il suo destino con coraggio, e in questo c’è onore e integrità».
CHI È DAVVERO IL CAVALIERE VERDE?
Di fronte agli errori di un ragazzo avventato, dinnanzi all’insensatezza di un percorso di crescita sprecato, rimane comunque una domanda fondamentale per lo spettatore: chi è il Cavaliere Verde? E non parliamo tanto in termini letterali (sappiamo che nel film è un’evocazione di Morgana e nel libro è Sir Bertilak), ma a livello di simboli. Cosa rappresenta il Green Knight?
Non abbiamo ovviamente testi dell’anonimo autore trecentesco che chiariscano le sue intenzioni, ma possiamo affermare con una ragionevole certezza che si tratti di una rielaborazione del mito del Green Man.
LA SPIEGAZIONE DEL MITO CELTICO DEL GREEN MAN
L’Uomo Verde è un’entità ricorrente in molte tradizioni pagane, particolarmente presente nella mitologia celtica. Solitamente raffigurato come una figura antropomorfa con del fogliame che ne sostituisce barba e chioma, è l’unione iconografica di due simboli estremamente importanti anche nella tradizione bretone: la testa, collegata al vigore, e il vischio e l’agrifoglio, piante druidiche associate alla forza vitale. La personificazione del potere della natura.
Il cammino verso il Cavaliere Verde del protagonista è anche un avvicinamento inesorabile dello spettatore a tale tematica. Nel momento di cesura tra il primo e il secondo atto del film, si passa rapidamente dalla spianata brulla su cui Artù versò il sangue di 960 vittime (il riferimento storico è alla battaglia del monte Badon, ma la scena prelude al dichiarato omaggio a Barry Lindon di Kubrick) alla visione di Gawain che immagina le proprie ossa immerse nel muschio. E proprio il muschio è la chiave di lettura del progressivo disvelamento della componente ecologista della sceneggiatura: per stessa ammissione del direttore della fotografia Andrew Droz Palermo, più si procede nel film e più esso è presente e invasivo, così come più si va avanti e più i contorni delle immagini si fanno morbidi e pastosi, fino a quell’ocra finale (ispirato del lavoro del nostro Vittorio Storaro nel torrido finale di Apocalypse Now).
Il Cavaliere Verde quindi è la personificazione dell’equilibrio naturale che chiede il conto all’uomo. Una questione che oggi richiama immediatamente la tematica ecologista, ma che nell’originale aveva soprattutto implicazioni sacre.
ALTRO CHE EROE: IL FOLLE ABUSO DI SIR GAWAIN
Come abbiamo già sottolineato, infatti, tutta la storia del libro e del film si regge sulla dicotomia tra il Cristianesimo e la magia; il banchetto di Natale e una resurrezione ‘profana’; l’ambizione della civiltà feudale e l’armonia con la natura del tardo paganesimo. Sir Gawain e il Cavaliere Verde – The Green Knight ritrae quindi un momento in cui due identità antropologiche erano in una fase di problematica ibridazione, e un’ideologica focalizzata sull’ultraterreno conflagra con una tradizione fortemente legata al misticismo dell’esperienza mondana.
Il modo in cui Gawain infierisce decapitando in prima istanza un Cavaliere Verde disarmato e immobile è la quintessenza di un’umanità che abusa della natura, che la calpesta senza riconoscerne l’importanza.
Il messaggio ‘ecologista’ dietro la ragazza decapitata e la volpe
Il Cavaliere Verde, figura negativa e positiva, antagonista e mentore, con il suo giudizio quasi divino è il «destino che bussa alla porta» per esporre le contraddizioni dei valori cavallereschi – la cui trasgressione, nel Ciclo Arturiano, causa indirettamente la caduta di Camelot e la morte di Re Artù.
Lowery, inserendo arbitrariamente nella storia anche figure come Renart (volpe parlante che incarna il topos del ‘mondo alla rovescia’ e quindi il sovvertimento dell’ordine naturale) o la santa Winifred, legata alla simbologia dell’acqua (credenza vuole che dove cadde la sua testa tagliata sgorgò una fonte miracolosa), non fa che rintuzzare sui temi della natura in relazione all’avventura narrata. A esplicitare definitivamente le sue intenzioni provvede il monologo sul colore verde affidato a Lady Bertilak verso la fine del secondo atto.
CHI È LA BAMBINA NELLA SCENA DOPO I TITOLI DI CODA?
Parlare di natura significa anche parlare di tempi che sopravanzano la vita umana, e quindi di eredità. L’ultimo tema che ritroviamo in Sir Gawain e il Cavaliere Verde – The Green Knight, infatti, è proprio quello del rapporto tra generazioni.
A ben vedere, è il peso del confronto con il retaggio di Re Artù e la ricerca della sua approvazione che portano Gawain a non accontentarsi dell’amore di Essel e a sposare incautamente l’avventura. L’immagine che Lowery suggerisce più avanti, con la richiesta di un «passaggio» sulle spalle dei giganti, rafforza tale concetto con una diretta citazione della metafora fatta da Giovanni di Salisbury nel Metalogicon (1159 D.C.) e attribuita a Bernardo di Chartres («dicebat Bernardus Carnotensis nos esse quasi nanos gigantium humeris insidentes»): siamo nani sulle spalle dei giganti, nel senso che il nostro presente dipende da quanto di grande fece chi venne prima di noi.
È in tale ottica che la scena post-crediti, nella quale si vede una bambina che indossa per gioco la corona del re, non è interessata a suggerire che il protagonista sia necessariamente sopravvissuto alla scure del suo boia. La principessa è chiaramente la figlia di Gawain che vediamo nel flashforward (è interpretata da Rose Patel, mentre la sua versione più piccola era la sorella Ruth Patel), ma quell’immagine potrebbe tranquillamente essere ambientata nella visione vista poc’anzi. Quel che conta sono l’età e il sesso di quell’erede: Lowery qui, riecheggiando i temi del film, vuole sottolineare come le scelte fatte dai padri influenzino i figli (nel bene e nel male), e magari suggerire che una sensibilità femminile può temperare gli elementi più tossici della mascolinità (non a caso tutti i personaggi femminili della storia dimostrano un animo ben più nobile di quello degli uomini).
GLI EASTER EGG E LE CURIOSITÀ NASCOSTE: I DUE SOGNI CUI ASSISTIAMO SENZA RENDERCENE CONTO
Tra gli infiniti rimandi che Lowery nasconde all’interno del lungometraggio, come fosse un’esperienza onirica intessuta di frammenti di informazioni rimescolati più o meno inconsapevolmente tra loro, ci sono due sogni cui assistiamo quasi senza rendercene conto.
Gawain sogna Elena di Troia e Paride
Uno è appena dopo il prologo del film, ed è la scena in cui vediamo un uomo con la spada sguainata e una donna che scappano a cavallo, mentre un fuoco divampa sullo sfondo e un ubriaco dorme noncurante. Ebbene, se vi state chiedendo chi fossero quegli individui che poi non rivedremo più sullo schermo, la risposta è che – lo dice David Lowery stesso – stiamo assistendo al rapimento di Elena di Troia da parte di Paride, sognato da Gawain che dorme ancora preda dei fumi dell’alcol, immaginandosi nel suo stesso sogno.
La scena, che prelude il brusco risveglio del protagonista con una secchiata d’acqua in faccia, contiene peraltro un easter egg nell’easter egg: a interpretare l’ubriacone dormiente c’è il primo assistente alla regia Tomas Deckaj, mentre a dare il volto a Paride c’è Joe Anderson, direttore della fotografia di Old Man & The Gun.
Il Cavaliere Verde sogna l’avventura di Gawain
Il secondo sogno cui assistiamo quasi inconsapevolmente nel film è quello che fa il Cavaliere Verde la notte prima di Natale, mentre Gawain è già arrivato al suo cospetto e aspetta che si risvegli. Alcuni avranno notato che, nella penombra del chiaro di luna, il volto del Cavaliere muta sembianze in modo appena percettibile. Ebbene, in quel momento egli sta sognando le prove sostenute dal protagonista, e sulla sua faccia si alternano rispettivamente i lineamenti di Sir Bertilak, di Artù, di Lady Bertilak e di Gawain stesso – lo ha confermato il dop Palermo.
RECENSIONE DI SIR GAWAIN E IL CAVALIERE VERDE – THE GREEN KNIGHT
Sir Gawain e il Cavaliere Verde – The Green Knight è un film spiazzante. Lo è innanzitutto per gli estimatori di Lowery, dal momento che quello straordinario coinvolgimento emotivo che ha caratterizzato fin qui la poetica del regista, per la prima volta, viene a mancare. Ma lo è per gli spettatori tutti.
Le premesse di un’avventura con incontri straordinari potrebbero illudere su un arco narrativo più gratificante, ma nei fatti non si riesce mai a stabilire un legame empatico col protagonista per via delle sue scelte anticlimatiche, le quali al contempo troncano brutalmente sottotrame dalle quali avremmo atteso qualcosa in più – si pensi anche solo alla figura meravigliosa di Renart, la volpe parlante.
Tra i classici fantasy degli anni ’80 e Ari Aster
Eppure, per spiacevole che questo possa inizialmente sembrare, sta proprio in questa caratteristica della storia l’essenza del film. Pur rifacendosi palesemente ai film fantasy degli anni ’80 (i riferimenti dichiarati del regista sono Willow, Legend, Ladyhawke e La Storia Fantastica) propone chiaramente una profondità tematica ben più adulta e intellettuale e, visivamente, è pesantemente debitore ad Ari Aster (Midsommar) e Robert Eggers (The Lighthouse).
Sorretto dal solido montaggio di Lowery stesso, il lungometraggio colpisce infatti soprattutto per soluzioni visive di straordinario impatto, che risentono in particolar modo dei superbi costumi di Malgosia Turzanska (i quali nascondo nei dettagli infiniti rimandi alla filmografia del regista) e della fotografia di Andrew Droz Palermo, che dopo le struggenti ‘polaroid’ di A Ghost Story qui trova un virtuoso equilibrio tra chiaroscuri caravaggeschi, pittoricismo cromatico-compositivo e gelatine tanto originali quanto invasive che si accompagnano agli incantesimi.
IL MESSAGGIO DEL FILM
Nonostante l’ispirata forza immaginifica del film, l’incredibile ricchezza di stratificazioni che compone la storia – alla prima visione – non si regala con facilità e, anzi, Lowery sembra disinteressato a dare coordinate allo spettatore più passivo. Tale ermetismo finisce quindi per essere in una certa misura penalizzante, facendo sembrare ciò che accade sullo schermo come un arbitrario susseguirsi di accadimenti e incontri piuttosto casuali e slegati tra loro – cosa che sappiamo non essere vera.
Se, con sviluppi diversi, questa costruzione poteva esser funzionale alle attese del pubblico in contesti più potabili, qui diviene un puzzle che destruttura una cornice fantasy cavalleresca estremamente tradizionale. The Green Knight, nella sua amarezza di fondo, ci propone il fallimento al posto della vittoria, la miopia al posto della saggezza, e un percorso inutilmente tragico al posto di un grande scopo. La morale è chiara: le azioni – che siano scelte infelici o grandi gesta – hanno conseguenze.
Con questo capitolo inedito del suo percorso artistico, Lowery esplora con successo codici per lui nuovi e, pur lesinando su quella ricchezza emotiva che tanto bene padroneggia, si conferma uno degli autori più intelligenti e originali della sua generazione.