Il 14 aprile scorso è ritornato sugli schermi dell’emittente BBC America Orphan Black, la serie sci-fi incentrata sulle vicende dei cloni interpretati magistralmente dalla superlativa Tatiana Maslany arrivata alla sua quarta stagione (le prime tre, per chi è interessato, sono disponibili su Netflix).
La prèmiere di quest’anno è in pratica un lungo flashback che narra gli ultimi giorni di vita della suicida clone-poliziotta Beth (la cui morte è l’evento che ha messo in moto lo show).
Un episodio molto interessante, perchè per la prima volta gli autori ci regalano un ritratto dettagliato del personaggio di Beth, character quasi mai considerato nella serie: qui vediamo che Beth è in contatto con alcuni cloni a noi familiari (come Alison e Cosima) ma anche con un altro che fa la sua comparsa per la prima volta in Orphan Black, ovvero il clone-hacker MK; MK svela a Beth che il suo fidanzato Paul (Dylan Bruce) è in realtà una spia incaricata di riportare i comportamenti del clone ai suoi superiori. La poliziotta di questa cosa ne soffrirà moltissimo (comincia a fare uso di stupefacenti) e, sempre su suggerimento di MK, comincia ad indagare sul movimento scientifico a cui risponde Paul (la Neolution), tra i responsabili della creazione di questi cloni (Beth inclusa); la questione però le sfugge di mano, perchè durante il pedinamento uccide accidentalmente una donna asiatica e, seppur aiutata dal suo collega e amante Art (Kevin Hanchard), finisce nelle mani dell’uomo della Neolution che lavora in polizia.
È un mistero che Tatiana Maslany, una delle attrici televisive più talentuose degli ultimi anni, non abbia ancora avuto i riconoscimenti che merita.
La bravura dell’attrice canadese nell’interpretare ben dieci diverse versioni di se stessa (e spesso facendo se stessa che simula di essere un’altra sè) è incredibile ma ha anche rappresentato un limite per la serie (come è successo lo scorso anno), scatenando così un effetto boomerang: infatti, un thriller fantapolitico come Orphan Black (che racconta una cospirazione internazionale basata sull’uso eccessivo della genetica) ha bisogno di una trama solidissima che riesca a gestire la complessità delle situazioni narrate (con i suoi molteplici intrecci e plot twist); talvolta però gli autori, guidati da John Fawcett e Graeme Manson, non sono sempre stati all’altezza del compito, usando l’espediente di nascondere con la performance brillante e versatile della Maslany le forzature e i buchi di trama (rendendo sostanzialmente Orphan Black un Tatiana Maslany Show).
Questa prèmiere non ci fa capire molto in quale direzione andrà la serie quest’anno, ma, per il bene dello show, l’augurio è che Orphan Black riesca a trarre insegnamento dagli errori commessi nella terza stagione e a regalarci un’annata in linea con i suoi esordi.