The Batman, film del 2022 con Robert Pattinson nei panni del Cavaliere Oscuro, segna un reboot del franchise Warner Bros. sul personaggio a fumetti inventato da Bob Kane e Bill Finger nel 1939. Alla regia stavolta c’è Matt Reeves, che firma anche la sceneggiatura di questo cinecomic sui generis a quattro mani con Peter Craig (The Town, Hunger Games – Il Canto della Rivolta). Reeves, già regista con grande successo del secondo e terzo capitolo della saga de Il Pianeta delle Scimmie (2011-2017), con questa pellicola sul Crociato di Gotham inaugura una nuova trilogia, che sarà anche accompagnata da ben due serie TV spin-off destinate a HBO Max.
THE BATMAN (2022): LA TRAMA
The Batman non è una origin story, o meglio non lo è del tutto. Il film infatti non vuole raccontare la trasformazione di Bruce Wayne nel title character, dandola per assodata, ma in realtà ci presenta un protagonista in pieno divenire. Il problematico erede dei Wayne ha infatti indossato segretamente il mantello da pipistrello da soli due anni e qui lo ritroviamo direttamente coinvolto in una sfida contro il tempo che metterà a dura prova le sue capacità deduttive di indagine.
Un serial killer dall’identità misteriosa – l’Enigmista – ha infatti preso di mira i cittadini più in vista della metropoli, ma dietro la scia di sangue e i criptici messaggi che sta lasciando si nascondono delle verità direttamente collegate alle controverse radici della città.
PERCHÉ THE BATMAN SEMBRA UN FILM DI DAVID FINCHER?
Diciamolo subito: The Batman è un film straordinario e centra pienamente gli elementi fondamentali del personaggio principale.
Accettando che l’Uomo Pipistrello sia una delle figure più preminenti della mitologia pop contemporanea (con tutte le stratificazioni socio-antropologiche che ciò comporta), il regista si propone di prenderlo pienamente sul serio. Per farlo radica il più possibile il personaggio nella realtà e trasforma quello che sarebbe potuto essere derubricato come semplice cinecomic in un thriller poliziesco tambureggiante e nero come la pece. Batman – stavolta più che mai – è sostanzialmente un uomo disturbato con velleità da giustiziere.
Il mondo che lo circonda, decadente, corrotto e nichilista, ha le atmosfere e il tono del David Fincher di Seven. Non a caso la trama stessa ricorda da vicino il capolavoro con Brad Pitt e Morgan Freeman, e proprio come accadeva in quella pellicola anche qui alla follia di un mondo marcio e al gioco del gatto col topo di un assassino visionario si contrappongono gli sforzi di pochi, che soli nella propria idea di rettitudine sentono la responsabilità di intervenire e sono armati da una tragica determinazione. Fincher, indirettamente, torna alla mente anche in relazione a Zodiac: è proprio al serial killer realmente esistito e raccontato nel film con Jake Gyllenhaal che si ispira la figura dell’Enigmista di Paul Dano.
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A quali fumetti è ispirato il film The Batman (2022)?
Se Se7en è l’ovvio riferimento cinematografico da cui parte Reeves, ancora più importanti sono i legami con la pagina disegnata. Nonostante The Batman non sia in senso stretto l’adattamento di un solo albo a fumetti, pesca infatti a piene mani da capolavori come Batman: Anno Uno (1987) di Frank Miller e David Mazzucchelli, Batman: Il Lungo Halloween (1996/97) di Jeep Loeb e Tim Sale, Batman: Anno Zero (2013/14) di Scott Snyder e Greg Capullo e Batman Ego (2000) di Darwin Cooke. Il risultato è una storia che suona estremamente familiare agli amanti dei comic e che al contempo propone alcuni degli spunti migliori emersi in anni di storie.
LE PAROLE DI MATT DAMON CHE HANNO DISTRUTTO E RICOSTRUITO THE BATMAN
A lungo The Batman ha rischiato di essere un film completamente diverso. Prima che Reeves prendesse le redini del progetto e decidesse di riscrivere da zero la sceneggiatura, la Warner aveva intenzione di farne un capitolo monografico del DCEU. Ben Affleck, oltre a indossare nuovamente cappuccio e mantello, avrebbe anche firmato la regia e la sceneggiatura e avrebbe incentrato la storia sul manicomio criminale Arkham Asylum e sul villain Deathstroke (già comparso, con il volto di Joe Manganiello, nella scena post-crediti di Justice League).
Una coincidenza di fattori personali e professionali hanno però presto fatto deragliare quel progetto. Il team up di Snyder rimanipolato da Whedon aveva avuto un’accoglienza terribile, i primi script di The Batman non erano mai veramente convincenti, la community aveva accolto con molto tepore il cammeo dell’antagonista interpretato da Manganiello, Todd Phillips col suo script di Joker aveva suggerito alla Warner una direzione completamente nuova, e come non bastasse Affleck era nel pieno del divorzio da Jennifer Garner e stava facendo i conti più che mai col suo recidivo problema di alcolismo. Fu Matt Damon, illustre amico fraterno dell’attore, a convincerlo che era il caso di staccarsi dal progetto per riprendere le redini della propria vita con queste parole: «Se continuerai con questo film, finirai per bere fino a ucciderti».
Matt Reeves, candidato solidissimo e da sempre appassionato del personaggio della Detective Comics, era tra i primi sostituti nella rosa della Warner e fece subito di tutto per convincere lo studio ad affidargli il progetto.
COME I MONTATORI DI WATCHMEN E MINDHUNTER SONO STATI DECISIVI NEL PLASMARE THE BATMAN
The Batman vanta la durata monstre di 2 ore e 55 minuti, eppure scorre con gran ritmo – nonostante il ricorso sorprendentemente contenuto alle scene d’azione. Questo per l’eccellente lavoro del regista e co-sceneggiatore Reeves e per quello dei montatori William Hoy (Watchmen) e Tyler Nelson (Mindhunter): quelle tre ore servono tutte.
Il film infatti è gremito di figure estremamente rilevanti nella mitologia del Cavaliere Oscuro: Edward Nashton/Riddler (Paul Dano, Swiss Army Man), Selina Kyle/Catwoman (Zöe Kravitz, Animali Fantastici – I Crimini di Grindelwald), James Gordon (Jeffrey Wright, Westworld), Oz/il Pinguino (Colin Farrell, Il Sacrificio del Cervo Sacro), Alfred (Andy Serkis, Star Wars – Gli Ultimi Jedi) e Carmine Falcone (John Turturro, Fratello, Dove Sei?).
Nonostante gli screen time molto diversi, nessuno di loro è accessorio e anzi tutti contribuiscono a un affresco estremamente definito. La complessità della trama fa coesistere una moltitudine di linee narrative che li riguardano e che procedono parallele, poi si intersecano e poi pongono le basi per l’evoluzione degli stessi. Un labirinto in cui comunque il regista ci guida per mano senza difficoltà e che non risulta mai fine a se stesso proprio grazie ai tempi che si prende il film.
Gotham City: il senso di rendere una città co-protagonista, dandole una sua storia e un suo passato
Questa fitta rete di storie, sulle quali si proietta continuamente il passato e che a sua volta sembra sempre naturalmente proiettata verso il futuro, concorre a creare quello che forse è il personaggio principale: Gotham City. Più di quanto non accadesse in tutti i film precedenti (incluso il pur ‘collettivo’ Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno e in un certo senso anche in Joker), questa metropoli immaginaria non è una scenografia ma un essere collettivo, marcio e brulicante, continuamente battuto da una pioggia che sembra doverne lavare un peccato innato, un intorno cupo e rumoroso.
È evidente qui l’influenza del più grande tra i registi che hanno saputo rendere le metropoli protagoniste di storie thriller e poliziesche: Michael Mann (Collateral, Heat – La Sfida). Reeves però si spinge anche in un’altra direzione, incorporando nella storia l’idea di una causalità ereditata, di scelte passate che ricadono sul presente. La sua Gotham ha a sua volta una storia, un passato, ed è proprio il tema della scelta che servirà a definire il senso dell’operato di Batman agli occhi di Bruce Wayne stesso.
ROBERT PATTINSON, UNO DEI MIGLIORI ATTORI DELLA SUA GENERAZIONE
Esistono due tipi di spettatori cinematografici: quelli che si sono lamentati perché l’attore di Twilight ha finito per interpretare l’Uomo Pipistrello e quelli che hanno un minimo di cultura cinematografica. Questo perché solo che abbia schivato come fossero pallottole alcuni dei film più interessanti dell’ultimo decennio può ignorare la folgorante carriera di Pattinson e legarlo ancora alla saga trash sui vampiri coi brillantini.
L’attore infatti, dopo la notorietà arrivata con Harry Potter e il Calice di Fuoco, è sì diventato un divo pop come succhiasangue glamour di una saga buona giusto per le tredicenni, ma in modo molto intelligente si è costruito poi una carriera di grande prestigio tenendosi lontano dai blockbuster. L’interprete britannico ha infatti lavorato con autori notevoli come David Cronenberg (Cosmopolis, Maps to the Stars), Anton Corbijn (Life), Brady Corbet (L’Infanzia di un Capo), James Gray (Civiltà Perduta), i fratelli Safdie (Good Time), Claire Denis (High Life), Robert Eggers (The Ligthouse) e Antonio Campos (Le Strade del Male). Tenet di Cristopher Nolan è stata la prima mega-produzione cui abbia partecipato dai tempi in cui era Edward Cullen.
Poi è arrivato The Batman. Un ruolo che Pattinson ha accettato a occhi chiusi, stupendo il suo stesso agente. Ma d’altronde, per sua stessa ammissione, è un ruolo che avrebbe sempre voluto e, a questo punto della sua carriera, si sentiva pronto a cimentarsi con un film del genere.
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Cosa succede se decidi di ispirare Bruce Wayne a Kurt Cobain dei Nirvana
È proprio dell’intensità di Pattinson che si nutre questa nuova incarnazione del miliardario orfano con la vocazione da giustiziere. Nonostante l’attore abbia 35 anni (quattro di più di quanti ne aveva Christian Bale all’epoca di Batman Begins) sembra di gran lunga la versione più giovane del personaggio. Questo anche perché Reeves di fatti ci consegna un Bruce Wayne dall’emotività quasi puberale e in guerra con le ingiustizie che la vita gli ha riservato, un tizzone ardente nascosto dietro la nera maschera marziale da demone.
Un giovane uomo irrisolto che alla prima occasione sfoga la propria rabbia furente in barba a ogni convenzione sociale e senza preoccuparsi troppo di commisurare la reazione all’azione; quasi una rockstar altalenante tra depressione e crisi distruttive – non a caso Reeves si è dichiaratamente ispirato a Kurt Cobain dei Nirvana. Insomma, un Batman in divenire, che investe anche la scazzottata più insignificante di una dimensione personale e che dà la caccia al crimine da appena due anni, dicevamo, ma che sarà costretto ad evolversi proprio grazie alle sfide davanti alle quali si troverà nelle vicende raccontate dal film.
A fare da contraltare a tale rabbia magmatica, però, da una parte i dubbi etici di chi sta cercando un proprio posto al mondo in cui piantare le radici di un’identità stabile, e dall’altra la lucida intelligenza deduttiva di quello che nei fumetti è da sempre «il miglior detective al mondo» (anche se per risolvere certi indovinelli non serviva propriamente Sherlock Holmes). Ed ecco i chiaroscuri, così connaturati nel giustiziere che tutti conosciamo.
DA TIM BURTON A CHRISTOPHER NOLAN A MATT REEVES: PERCHÉ IL PERSONAGGIO DI BATMAN È TANTO DUTTILE
Il sopracitato Batman di Christian Bale era certamente straordinario, ma anche diversissimo. Questo a riprova del fatto che il personaggio di Batman è, come tutte le figure mitiche e archetipiche, incredibilmente malleabile. Tim Burton, vestendo per la prima volta in total black il Crociato di Gotham e scegliendo la cupezza dell’allora trentottenne Michael Keaton, fu il primo a rivoluzionare il rapporto tra fumetti e cinema portando sul grande schermo un eroe dalla psiche ferita. Ed è proprio questa la caratteristica per la quale siamo affascinati dall’Uomo Pipistrello e riusciamo a relazionarci con lui: l’esperienza del lutto è la più forte e ineludibile per tutti, e così lo è il commisurarsi col nostro lato più irrazionale e contraddittorio.
Nessuno come Nolan però fu incisivo per l’industria creativa tutta nel mettere in scena questa maschera multiforme. La scelta di prendere completamente sul serio Batman e di radicarlo in un modo realistico e credibile ha segnato non solo il futuro del personaggio di Kane e Finger, ma tutto il cinema del decennio successivo. A Hollywood per anni non c’è stato pitch che non prevedesse la formula «alla Nolan».
Se quindi The Batman è ancora più ‘crudo’ e realistico, è solo grazie a Nolan che ha spianato la strada a un’idea diversa di cinecomic. Un’idea senza la quale, per capirci, neanche un capolavoro del cinecomic come il Joker con Joaquin Phoenix sarebbe mai potuto esistere.
IL FILM RUBA A PIENE MANI DAL BATMAN MAI REALIZZATO DI ARONOFSKY E CON JOAQUIN PHOENIX
Era il 2002 quando un progetto troppo avanti per il suo tempo veniva definitivamente accantonato. Parliamo del Batman di Danner Aronofsky. Il regista di Madre! aveva infatti lavorato per anni a una sua radicale interpretazione del Crociato di Gotham, che pur avendo una storia diversa era (come il film di Reeves) ispirata al fumetto Batman: Anno Uno.
A scrivere il film a quattro mani con Aronofsky c’era niente meno che il mostro sacro dei comic Frank Miller, che tornava per la prima volta al ruolo di sceneggiatore dopo i sequel di Robocop scritti negli anni ’80. Un approccio tanto realistico e cupo, quello di Aronofsky, da stupire anche Miller stesso. Tra i riferimenti cinematografici Taxi Driver di Martin Scorsese, e il protagonista doveva essere Joaquin Phoenix (per caso state pensando a cosa ha fatto un ventennio dopo Phillips con Joker?).
La storia vedeva un Bruce Wayne disinteressato alla propria fortuna economica che viveva i suoi primi periodi da Batman ancora inesperto, eccedendo con la violenza. I gadget erano tutti fatti a mano, la Batmobile era semplicemente una muscle car modificata (una Lincoln Continental), la Batcaverna un troncone abbandonato della metropolitana, Catwoman era una ragazza afro-americana e addirittura il mantello di Batman aveva una sorta di colletto sopra il cappuccio. Vi ricorda niente?
IL SIGNIFICATO DI THE BATMAN È IN QUELLA CAPPA DI DISPERAZIONE CHE PERVADE TUTTO
In conclusione, The Batman di Matt Reeves è un lavoro straordinario, che è ritmato pur essendo sostanzialmente un noir ed è epicamente avvincente pur essendo sostanzialmente un thriller. A caratterizzarlo un bilanciamento perfetto tra l’elemento più ‘giocoso’ (passateci il termine) di un uomo che per combattere i cattivi si maschera da pipistrello e l’approccio analitico di chi riesce a trovare un convincente background sociale e psicologico per una figura tanto improbabile.
Robert Pattinson sembra nato per la parte, ma tutti gli attori sono in stato di grazia, anche se asserragliati dietro maschere (che sia la cerata che nasconde Paul Dano o il trucco prostetico che rende irriconoscibile Farrell). La storia si muove costantemente in una zona grigia tra bene e male, nella quale i confini tra buoni e cattivi sono appena accennati eppure hanno conseguenze macroscopiche.
Gotham è come una cappa che mangia tutto. Con la sua pioggia quasi incessante, con il buio che il più delle volte è tagliato longitudinalmente dalle ombre lunghe del tramonto o dalla luce calda delle esplosioni e che solo occasionalmente cede il passo alla luce livida del giorno. Il lavoro di Greig Fraser, direttore della fotografia di Dune, è mirabile. E, in quella città così ineffabile ma così credibile, una disperazione serpeggiante unisce i comprimari alle comparse sullo sfondo.
Il finale di The Batman: in quella scena Barry Keoghan chi interpreta?
Il mondo reinventato in questo nuovo film ha uno straordinario potenziale di espansione: già ora sembra sterminato e rimane solo da riempirlo con nuove storie e nuovi personaggi. Per quanto riguarda il personaggio interpretato da Barry Keoghan (Dunkirk, Sir Gawain e il Cavaliere Verde) che intravediamo nel finale del film, è proprio chi pensate che sia (è ufficiale), ma Matt Reeves ha dichiarato che ancora non sa se verrà utilizzato o meno nei prossimi sequel.