Codice 999 è uno di quei film dalle ottime potenzialità che finiscono ahimè per non essere all’altezza delle aspettative, ed è facile capire perché si sia arrivati a tale risultato.
Il progetto nasce una decina d’anni fa, e lo script incontra quello che poi sarà il regista definitivo, John Hillcoat, nel 2010. Si tratta della prima sceneggiatura di Matt Cook, che sta cercando in tutti i modi – e senza successo – di entrare a Hollywood con un qualsiasi ruolo (autore, produttore, regista, direttore della fotografia, tecnico delle luci). Finora il massimo che è riuscito a produrre è stato un trascurabile documentario ‘fatto in casa’ sui reduci di guerra (Swim).
Il copione entusiasma Hillcoat ma non riesce a trovare nessuno che voglia investire nel progetto, tanto da finire nella celebre Black List: un sondaggio che ogni anno, la seconda settimana di dicembre, nomina i copioni più apprezzati dai produttori ma ancora senza finanziatore. Attenzione, ricordiamoci che la Black List non è necessariamente sinonimo di qualità, e ci tengono a ricordarlo gli stessi organizzatori sul proprio sito (the annual Black List is not a “best of” list. It is, at best, a “most liked” list: that is all that it is). Quell’anno con Triple 9 – questo il titolo inglese della pellicola – c’erano sia Hunger Games che Abraham Lincoln: Vampire Hunter.
Fatto sta che la situazione si sblocca e Steve Golin (Propaganda Films) decide di credere nel progetto. Prende il via la produzione e nell’arco di un paio d’anni (siamo al 2012) a Codice 999 sono collegati i nomi di Shia LeBeouf, Cate Blanchett e Christoph Waltz. Addirittura sale a bordo Nick Cave per la colonna sonora.
La produzione però va a rilento, principalmente a causa dell’inesperienza di Cook e dei continui rimaneggiamenti necessari alle pagine di partenza. Shia LeBeouf lascia e viene sostituito da Charlie Hunnam (Sons of Anarchy). L’entusiasmo di Golin intanto si raffredda e deve subentrare come finanziatore la Annapurna Pictures di Megan Ellison, mentre il progetto continua a sfaldarsi e perde la Blanchett, Waltz e Cave. Subentrano Casey Affleck e Chiwetel Ejiofor, ma anche Michael B. Jordan, che lascerà il progetto un anno dopo insieme a Hunnam. Intanto si arriva al 2014 e il film è ai blocchi di partenza. La fiducia nella riuscita finale è però a dir poco tiepida, complice l’ormai manifesta inesperienza del regista (che in verità ha alle spalle The Road) e dello sceneggiatore. Subentra così la Worldwide Entertainment a prendere le redini della produzione, in cambio di un maggior controllo decisionale. Ormai è chiaro che il film non sarà un capolavoro: lo scopo della Worldwide è di inserirsi in un progetto praticamente pronto e ottimizzarlo in modo da farne un investimento profittevole e relativamente semplice. Ma il risultato, ahimè, è il prodotto confuso e trascurabile che abbiamo visto in sala.
Codice 999 sembra un film di una quindicina d’anni fa. Un po’ caper movie e un po’ crime drama, con una trama tanto labirintica quanto fragile, in cui tutti sono cattivi e maledetti (ma i russi di più), tutto va storto e il MacGuffin è il classico floppy disk dall’utilità non meglio specificata. Un poliziesco anni ’90 sotto steroidi, insomma.
Il problema è che Codice 999 esce nel 2016, e offre un tipo di cinema totalmente anacronistico, fatto di cliché ormai visti e rivisti, senza nemmeno divertire.
Non sappiamo in quale stesura siano sorti i principali problemi, ma l’intenzione di Cook è quella di stupire con la continua ricerca della complicazione, con un risultato ridondante, improbabile e a tratti ridicolo. Una vera telenovela poliziesca. La trama però è così piena di buchi e incoerenze che viene da chiedersi come attori tanto interessanti possano esser stati convinti a partecipare a un progetto così sconclusionato, tanto più con una storia produttiva così sofferta alle spalle.
I nomi in locandina infatti sono di tutto rispetto. Una rosa degli interpreti concepita tanto, troppo scientificamente, al punto che il film sembra non rivolgersi a un astratto ‘pubblico’, ma a una moltitudine di target ben definiti, attraverso scelte estremamente mirate. Qui si vede l’esigenza di incassi certi da parte di finanziatori demotivati.
Degli attori precedentemente menzionati ritroviamo solo Casey Affleck, che per fama brilla della luce riflessa dal fratello ma è di fatto un interprete di gran lunga migliore; e l’ottimo Chiwetel Ejiofor, che ha conquistato il grande pubblico con 12 Anni Schiavo e presto darà battaglia al Doctor Strange.
L’esigenza della Annapurna prima e della Worldwide poi di richiamare pubblico in sala è però spudorata nella definizione del resto del cast. Troviamo infatti la popolarità della sempre eccellente Kate Winslet, la stella (non di Negroni) che “vuol dire qualità”; la bonaria ruvidezza di Woody Harrelson, che nonostante l’incredibile carriera viene sempre ricordato per True Detective e Hunger Games; il volto da cinecomic di Anthony Mackie, cioè il Falcon degli Avengers; il coprotagonista di Breaking Bad, un Aaron Paul stavolta molto deludente; l’altro beniamino ‘low cost’ delle serie TV, Daryl/Norman Reedus di The Walking Dead; e infine la statuaria Gal Gadot, perché Wonder Woman “va un casino quest’anno”. Da sottolineare anche la presenza del camaleontico ma poco (ri)conosciuto Clifton Collins Jr.
Nomi estremamente interessanti, certo. Ma l’impressione finale è che si tratti di un mix fracassone caratterizzato da una chimica di scena talvolta pessima, che si regge sul compromesso di utilizzare alcuni dei nomi come specchietti per le allodole e relegarli a una manciata di battute in tutta la pellicola.
Le interpretazioni si attestano generalmente su livelli alti, c’è da dirlo, ma non esiste attore al mondo in grado di salvare una sceneggiatura del genere.
La regia dell’evidentemente determinatissimo John Hillcoat, non superlativa, porta comunque a casa il risultato in modo convincente, e alcune scene d’azione risultano ottimamente confezionate. D’altronde, visti i precedenti, con Codice 999 si sta giocando la carriera. Il montaggio va, la fotografia pure, e in generale – seppure nel comparto tecnico non ci sia nulla che eccella – non ci sarebbero particolari motivi di biasimo.
Il risultato d’insieme però proprio non va. Lo testimonia il flop totale al botteghino, dove il film ha incassato appena 21 milioni di dollari – 12,5 sul mercato domestico e 8,5 su quello internazionale – a fronte di un costo di produzione di 20 milioni. Sì, il guadagno è stato di un solo milione, con buona pace di chi negli anni ha provato a investirci.
La critica italiana, come d’abitudine, non riesce a sparare a zero se sono coinvolti nomi amati dal pubblico: il rischio di inimicarsi i lettori o gli inserzionisti pubblicitari è troppo alto. Cionnonostante il film è indifendibile, e i rating internazionali di Rotten Tomatos e Metacritic lo dimostrano.
Andatelo a vedere se proprio non sapete come impiegare quel paio d’ore, ma a dispetto del cast di grandi talenti non aspettatevi niente. Quella sceneggiatura doveva semplicemente rimanere l’ennesimo progetto irrealizzato della Black List.
Codice 999, i retroscena di un disastro annunciato
Nonostante il cast mozzafiato, il film è un perfetto case study su come non debba andare la produzione di una pellicola a Hollywood.