Pericle come Meuersault. Uno straniero indifferente. Va in giro a inculare la gente, stordisce con un sacchetto pieno di sabbia poi si tira giù i pantaloni e “il pesce si drizza subito”; ogni tanto presenzia sui set dei film porno perché “è il dio della scopata” e con le pornostar può guadagnare i soldi necessari per comprare la droga che preferisce: “La roba chimica”.
Pericle si presenta al pubblico attraverso una voce fuori campo che descrive la sua vita, nello stesso modo ordinario, quasi annoiato, con cui l’anti-eroe di Albert Camus annunciava al mondo la scomparsa di sua madre: “Oggi la mamma è morta. O forse ieri, non so. Ho ricevuto un telegramma dall’ospizio: Madre deceduta. Funerali domani. Distinti saluti.”
È tutto normale, ordinario. “Mi chiamo Pericle Scalzone e di mestiere inculo la gente.”
Pericle non è il criminale moderno, non ha nulla a che fare con i “bei” cattivi iconici di Gomorra. Riccardo Scamarcio interpreta con grandissima dedizione un uomo che si sente cretino perché tutti lo trattano da cretino ( gli dicono che non sa guidare e lui scassina un furgone e viaggia dalla Francia al Belgio), uno straniero che non conosce le sue origini e la storia della sua famiglia, un ‘bambino’ che vorrebbe accedere al mondo degli adulti attraverso la tenerezza e l’amore, ma che a causa di un guaio si ritrova a vagabondare in solitaria tra il Belgio e la Francia. Approdato a Calais conoscerà la bella Anastasia, una semplice fornaia con la quale comincerà una storia d’amore. Ma il guaio che ha combinato lo perseguiterà.
Pericle, al tramonto, corre verso la spiaggia e guarda il mare, come Antoine Doinel ne I quattrocento colpi. Si tratta della scena più bella del film, nella quale anche le più accanite fan di Scamarcio dovranno fare i conti con il suo profilo un po’ scimmiesco; perché Pericle sembra proprio il discendente diretto della scimmia. È un uomo istintivo, animalesco, bestiale, apparentemente algido e capace di risolvere i problemi solo con ‘un sacchetto’. Anche quando vorrà prendersi cura della bellissima Marina Foïs ( Anastasia), cercherà di farlo tramite l’atto fisico, unico verbo e mezzo di comunicazione che conosce. I suoi guai e la sua salvezza passeranno sempre dall’azione e mai dalle parole, tanto con gli inseguitori quanto con la “fornaia”.
Pericle il nero è senza dubbio la più grande e matura prova attoriale di Scamarcio, il quale, forse, potrà da ora in poi lavorare senza la ruggine accumulata con le esperienze da “teen idol” mocciano. Lontani i tempi di Manuale d’amore e Tre metri sopra il cielo, Pericle ha i capelli unti, un codino strano che non si scoglie nemmeno quando dorme e una linea nera sulla spina dorsale. Il look ricorda un quello del barista coatto di Third person di Paul Haggis, con l’aggiunta di una particolare ‘colonna sonora’.
Stefano Mordini fa un grande passo avanti rispetto al non troppo riuscito Acciaio, abbandona il tema della provincia isolata e si concentra di più sulla desolazione e sulla solitudine umana. Come in Provincia meccanica e nel già citato Acciaio, il regista ravennate presta grande attenzione all’apparato linguistico, elemento imprescindibile ai fini della veridicità della storia.
La camera a mano ‘marca’ Pericle per tutto il film, non lo lascia mai andare e non indugia mai più del dovuto, garantendo alla pellicola un bel ritmo, anche attraverso alcuni ottimi spunti registici, come le soggettive della fuga di Pericle, prima nella stanza e poi in macchina, fondamentali per portare dentro la solitudine di Pericle lo spettatore.
La musiche di Peter Van Poehl sono l’uomo in più della pellicola, mai invadenti e azzeccate, perfette per riempire i silenzi del film.
Pericle il nero probabilmente ha poco a che fare con l’omonimo romanzo di Giuseppe Ferrandino.
Da noir ritmato, Mordini, insieme a Francesca Marciano e Valia Santella, ha trasformato le vicende di Pericle in un’odissea esistenziale, segnata da ritmi mai noiosi o troppi lenti, ma decisamente lontani dal tipico stile noir alla Raymond Chandler. Se sperate di trovare in Pericle la versione ‘cattiva’ di Marlowe resterete delusi, se invece si cerca una storia di redenzione e trasformazione, all’insegna della hegeliana dialettica servo-padrone, Pericle il nero fa per voi.
Grande soddisfazione quindi per Valeria Golino, compagna di Scamarcio, produttrice del film in concorso per “Un certain regard” e membro della giuria per la palma d’oro al Festival di Cannes. Pericle il nero potrà infatti contare sia sull’appeal internazionale della Golino, apprezzatissima sulla croisette e premiata nel 2013 per Miele, sia sull’apporto dei co-produttori della pellicola, i fratelli Dardenne, veri e propri “regnanti” del festival francese, nomi fondamentali per arricchire il blasone del film.
L’unico rammarico è, ancora una volta, strettamente legato alla produzione di questa pellicola, costretta a rimanere in stato embrionale per due anni in mezzo, in attesa di un deus ex-machina pronto a investire e credere nel progetto.
Al romanzo di Ferrandino toccò, nel 1993, la stessa sorte: in Italia lo editò Granata Press, piccola casa editrice bolognese ormai scomparsa, riscuotendo un successo pari a zero. Vendette i diritti a Gallimard, casa editrice francese che, proprio in Francia, fece di Pericle il nero un caso letterario, vendendo centinaia di copie. Nel 1998 Adelphi lo ri-edita in Italia e il successo è immediato e meritato.
I film italiani ‘diversi’, dovrebbero essere tutti simili a Pericle il nero, nella misura in cui si dovrebbe attingere di più dal patrimonio vastissimo ed eterogeneo italiano, soprattutto quando si tratta di romanzi di nicchia.
Infine, comunque vada a Cannes o al botteghino, è doveroso sottolineare la prova attoriale di Riccardo Scamarcio, il quale sicuramente sarà uno dei favoriti alla prossima edizione dei David. In Pericle c’è molto di più di un semplice ruolo e di una semplice performance attoriale, c’è una grande voglia di riscatto che passa attraverso un personaggio desiderato, cercato, per il quale Scamarcio si è impegnato in prima persona per ben tre anni.
Matthew McConaughey è riuscito a ‘uccidere’ il suo passato grazie a Dallas buyers club e grazie al Rust di True detective; Moretti perdeva la memoria in Palombella rossa, perché voleva dimenticare Michele Apicella una volta per tutte e ricominciare con un nuovo cinema. Scamarcio allora elimina Step e lo fa nel mondo più inaspettato, portando in scena una ‘scimmia’ esistenziale che parla francese e napoletano, a cui piace “stare fatto” e gracchiare dentro le piccole chiese belghe.
Pericle il Nero: la grande prova di Scamarcio
Abbiamo visto per voi l'anteprima del nuovo, sorprendente, film di Stefano Mordini. Una pellicola riuscitissima.