Alla fine anche Orphan Black, show di punta dell’emittente BBC America, si avvicina sempre di più alla sua conclusione: la serie con protagonista Tatiana Maslany infatti metterà fine alle avventure dei cloni più famosi della televisione il prossimo anno con la sua quinta stagione.
Quest’annata è stata contrassegnata, as usual, dalla frenetica successione degli eventi tipica di Orphan Black.
Sarah e le altre devono far fronte ad un nuovo pericolo: all’interno del movimento della Neoluzione si sta combattendo una nuova guerra interna tra la fondatrice del progetto Leda Susan Duncan (la creatrice dei cloni interpretati dalla Maslany) e i genetisti della Brightborn Industries guidati dalla cinica Evie Cho; la Cho, convinta del fatto che il futuro della Neoluzione passi attraverso il controllo delle nascite che condizionano l’evoluzione del genere umano, vuole salire nella gerarchia meditando anche di far fuori i nostri amati cloni (che, attraverso delle indagini, sono venute a conoscenza di questo piano). Ma come si sa, tra due litiganti il terzo gode perché a spuntarla sarà Rachel (il clone allevato all’interno della Neoluzione) che, usando la sua furbizia, riuscirà a riprendere il controllo del movimento.
La stagione appena conclusa non fa altro che evidenziare tutti i pregi e i difetti storici della serie di BBC America.
Sicuramente quest’anno John Fawcett e Graeme Manson, creatori e showrunner di Orphan Black, hanno lavorato molto per correggere alcuni errori commessi nella terza stagione, il punto più basso della storia dello show, ma alcuni problemi di fondo rimangono: è vero, la direzione intrapresa dalla serie sembra essere molto più chiara (è facile prevedere uno scontro finale tra Rachel e gli altri cloni) e alcuni elementi di inconsistenza che hanno caratterizzato la scorsa stagione sono stati eliminati ma Orphan Black continua imperterrito a mettere troppa carne al fuoco (quest’anno si è aggiunto, tra le altre cose, un nuovo clone), non permettendo così alla trama di delinearsi in maniera chiara e non consentire di conseguenza allo spettatore di avere un quadro generale limpido della storia; la narrazione è ancora troppo caotica e per uno sci-fi come Orphan Black, uno show che si basa sugli intrecci e su continui plot twist, questo rappresenta un grosso limite. La splendida prima stagione ormai è un ricordo e questo è un peccato perché comunque la serie, ad oggi, rimane ancora godibile per il suo ritmo serrato e la sua indubbia capacità di intrattenere.
E poi c’è la meravigliosa Tatiana Maslany, la vera attrazione della serie.
Ogni anno l’attrice canadese sfodera un’interpretazione incredibile: interpreta con una straordinaria naturalezza dieci personaggi diversi (che interagiscono tra loro e, spesso e volentieri, un clone prende le sembianze di un altro clone), rubando semplicemente la scena a tutti gli altri (a scapito anche di bravissimi attori di supporto come Jordan Gavaris, Maria Doyle Kennedy e Kristian Bruun); la nomination agli Emmy sembra abbastanza scontata (e meritata, la ragazza ha un luminoso futuro davanti a sè).
Questa quarta stagione di Orphan Black (che in Italia è disponibile dal 5 luglio su Netflix) ha dimostrato che lo show, se vuole, può intraprendere una strada ben precisa (cosa assolutamente necessaria per una serie arrivata alla final season); è difficile che si ritorni ai livelli delle origini ma se gli showrunner hanno preso la decisione di concludere la serie dopo sole cinque stagioni significa che potrebbero avere le idee chiare per un finale dignitoso.