Con Una spia e mezzo ci troviamo di fronte ad un titolo italiano che probabilmente è addirittura più azzeccato dell’originale Central Intelligence. Il processo inverso che una volta tanto si verifica è dovuto al fatto che lo spettatore identifica subito un film dove il genere spy, che il titolo originale evoca, non è altro che un sottofondo, l’occasione per imbastire un plot che si muove, peraltro a suo agio, nel territorio leggero della comedy. L’abilità di Rawson Marshall Thurber, che forse si ricorda più per Palle al balzo – Dodgeball (2004) che non per aver diretto Jennifer Aniston in Come ti spaccio in famiglia (2013), è stata quella di aver delineato alla perfezione i due personaggi principali che, una volta messi a punto dal contesto creato dagli sceneggiatori, hanno consentito al regista di inserire al film il pilota automatico.
Corre l’anno 1996 e Calvin Joyner (Kevin Hart) viene celebrato in una plenaria in palestra come studente modello che eccelle in tutto, materie curricolari ed extracurricolari. Un bella soddisfazione per lui, nero, in una società in cui “i neri non vanno dallo psicologo, i neri quando hanno problemi vanno dal barbiere”. Dagli spalti la sua fidanzatina, Maggie (Danielle Nicolet), sprizza gioia quando sente il preside predire per la sua “Freccia d’oro” un futuro più che radioso. Nel bel mezzo della cerimonia però irrompono un gruppo di bulli che espongono il grassoccio Robbie Wheirdicht tutto nudo alle risate irridenti dell’assemblea, esponendolo allo scherno e all’umiliazione da parte degli studenti suoi colleghi. Calvin si toglie la giacca per coprirlo e lo aiuta ad uscire.
Negli anni successivi Calvin e Maggie si sposano felicemente ma la vita professionale di “Freccia d’oro” si ferma nell’ufficio di un commercialista e non è così fantastica come il preside immaginava e auspicava. Ma a renderla letteralmente esplosiva ci penserà Bob Stone (Dwayne Douglas Johnson) che lo contatta su Facebook in previsione di una rimpatriata della classe liceale 1996. I due si vedono e Calvin scopre che Bob Stone non è altri che Robbie Wheirdicht. L’ex studente grassone è diventato una montagna di muscoli ed eternamente riconoscente al suo amico che lo tolse dalle mani dei bulli, tanto da confessargli di aver dormito sempre con la sua giacca. Ma Bob è diventato anche un agente di punta della Cia e trascinerà Calvin in una torbida storia di intelligence, dove il “Tasso nero”, un agente traditore ancora sconosciuto, ha scatenato sospetti, una guerra tra bande all’interno dell’Agenzia e sta mettendo in pericolo le sorti dell’umanità.
Una spia e mezzo non è il classico film indimenticabile ma in compenso si ride, si ride molto, le gag si sprecano, in parte percorrono solchi già tracciati ma sono funzionali e apprezzabili. Dal punto di vista tecnico il regista statunitense, che ha sceneggiato la pellicola in collaborazione con Ike Barinholtz e David Stassen, fa quello che deve fare, onestamente e senza complicare la vita né a sé stesso né allo spettatore. Kevin Hart è un’ottima spalla di Dwayne Douglas “The Rock” Johnson. La coppia funziona, ha feeling e Thurber lo sottolinea inserendo stralci di backstage nei titoli di coda. Da una parte l’impacciato a cui vanno tutte dritte, dall’altra il colosso dal cuore tenero. Naturalmente ne faranno e ne passeranno di tutti i colori ma alla fine, se stiamo qui a dirvelo, il mondo l’hanno salvato. Buona anche la scelta musicale, brani pop d’impatto sonoro, grazie alla collaborazione con Ludwig Goransson e soprattutto con Theodore Shapiro che in tempi recenti si è occupato di L’ultima parola – La vera storia di Dalton Trumbo e Zoolander 2. Sue anche le musiche dell’ultimo Ghostbuster (qui la recensione), in sala dal 28 luglio.
Il cinema non cambia il mondo ma benvenuto ad un film che si schiera contro il bullismo con leggerezza e decisione.
Una spia e mezzo: The Rock rocks
Il nuovo film del regista di Dodgeball è una commedia leggera ma ricchissima di gag, con un messaggio forte contro il bullismo.