Skiptrace – Missione Hong Kong dura qualcosa più di un’ora e quaranta minuti. Dopo un’ora e mezza di film dove tutto sembra un po’ messo insieme con la colla finalmente esce un’esclamazione, quando si svela l’identità del ricercatissimo, terribile e temibile Matador. Ma poi quando lo spietato criminale esce dall’ombra e prende le sembianze della versione orientale e invecchiata della “Iena” Alessandro Sortino, allora anche il colpo di scena perde di credibilità, svanisce d’incanto e della pellicola diretta dal finlandese Renny Harlin non restano che tanti perché.
Prima di tutto, perché Jackie Chan si intestardisce ancora ad interpretare ruoli di azione sfrenata, combattimenti e botte da orbi? Con oltre sessanta primavere alle spalle e dopo una grande carriera con pellicole che nel loro genere che hanno fatto le sue fortune e lo hanno fatto diventare a lungo uno degli attori più pagati, forse sarebbe giunto il momento di tirare i remi in barca e di ritagliare per se stesso ruoli più credibili. Il suo personaggio, Bennie Chan, è talmente fuori misura che quello di Robert De Niro in Nonno Scatenato sembra quasi un’icona della cinematografia. Va bene il divismo, va bene lo star system, va bene l’industria ma chi ha un passato glorioso, sebbene attraverso strade, qualità e percorsi diversi, dovrebbe usare più saggezza anche nelle scelte, che oltretutto rischiano di rendere opaco tutto il buono già fatto.
Non è che se al posto di Jackie Chan ci fosse stato un attore con più energia il film sarebbe cambiato. Per salvare dal naufragio generale Skiptrace – Missione Hong Kong ci vorrebbe infatti una regia diversa, un montaggio diverso, una sceneggiatura diversa. Senza parlare poi dei dialoghi che, al pari degli altri aspetti già citati, risentono di un caos indefinito e disorganizzato. Si rimane stupefatti di come un prodotto annunciato, atteso da una parte consistente di pubblico e le cui riprese hanno richiesto tempo e l’impiego di una produzione anche costosa, alla fine risulti così superficiale e approssimativo. E dire che, a parte l’attore hongkonghese, il cast si avvale di interpreti di sicura affidabilità: Johnny Knoxville, Fan Bingbing, Eric Tsang, Michael Wong. Lo stesso regista, Renny Harlin, pur non essendo ancora giunto a livelli indimenticabili, ha firmato film di tutto rispetto, come ad esempio Nella mente del serial killer (2004), The Covenant (2006), Cleaner (2007) con Samuel L. Jackson ed Eva Mendes.
Resta inteso che il film piacerà, e anche tanto, a chi dal cinema vuole ciò che si aspetta e assolutamente nulla di nuovo. Per loro sarà un vero godimento ascoltare il protagonista pronunciare “La mia vita è diventata vendetta, il resto non esiste”, oppure “In Cina diciamo che in ogni crisi c’è un’opportunità”, o ancora che “Senza qualcuno per cui morire non c’è ragione di vivere”. Noi “Io non esisto” lo concediamo solo a Rambo, alle opportunità in tempi di crisi non ci crediamo più neanche al cinema e l’unica cosa che rischia di morire è lo spettatore, in cerca di dare un senso al film. Ma l’apoteosi vera è Rolling in the deep di Adele cantata in coro intorno al falò in un accampamento di nomadi mongoli. Giusto così, perché aggiungere altri effetti speciali?
Skiptrace: Chan detto poco
La nuova pellicola con Jackie Chan e Johnny Knoxville è debole sotto quasi ogni punto di vista, rivelandosi uno sforzo vano.