I tempi di Gucci e YSL sono ormai lontani, ma Tom Ford non ha affatto interrotto la sua ricerca estetica. Il suo Nocturnal Animals, in concorso alla 73° edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, trasuda in ogni dettaglio una consapevolezza realizzativa che suggerirebbe un’esperienza ben superiore a quella realmente maturata dal regista, qui alla seconda opera. Il film è indiscutibilmente bellissimo, dai movimenti di macchina alle scelte compositive, dalla ricorrenza di temi visivi (si pensi al nudo, costatogli già aspre critiche per le campagne del suo passato nella fashion industry) all’eleganza del montaggio (diretto da quella Joan Sobel che si è fatta le ossa come primo assistente all’editing con Paul Thomas Anderson e Tarantino). Per non parlare poi degli scioccanti e meravigliosi titoli di testa, la cui pretestuosità è irrilevante davanti alla forza figurativa con cui accolgono lo spettatore. O del riuscitissimo commento musicale, incalzante ma mai invasivo, che ricorda non poco quello della serie Showtime Penny Dreadful (il compositore, indovinate un po’, è lo stesso: il polacco Abel Korzeniowski). E ancora, come non ammirare le luci impeccabili di Seamus McGarvey (direttore della fotografia anche in Avengers), che dividono come rasoi il glam di Amy Adams dalla spontaneità di Jake Gyllenhaal, e nel rapido nudo perfetto della figlia della protagonista regalano un’estasi artistica prorompente? E poi le scene di alta tensione, come sono girate!
Tutto perfetto, quindi? No. Il film ha un problema molto serio: la sceneggiatura.
Il soggetto è quello di Tony and Susan di Austin Wright. Susan (la Adams) è una gallerista che affronta un periodo di ristrettezze economiche, tanto che nella sua villa da rivista trovano posto un Koons e un Hirst. Un ventennio prima era sposata con Tony (Gyllenhaal), uno scrittore dal carattere debole ma dai sentimenti sinceri: nulla a che fare con il suo attuale compagno, ora algido e carismatico traditore, per cui l’aveva spietatamente lasciato allora. Tony, dopo una vita, si rifà vivo in modo del tutto inaspettato: fa recapitare alla ex moglie il manoscritto del suo ultimo libro, a lei dedicato e da lei ispirato. Il film è incentrato tutto sulla lettura del tomo, che si svolge come un film nel film lasciando al contesto di partenza lo spazio di piccole parentesi tese principalmente a dipingere il turbamento di Susan.
La storia del libro guadagna il primo piano, e ci narra (senza spoilerare nulla) delle vicende di una famiglia che nel bel mezzo di un viaggio si trova a dover affrontare individui poco raccomandabili. Alla fine della pellicola il parallelismo tra l’esperienza di vita dello scrittore e quello del suo personaggio sarà evidente – seppur non avvincente –, ma l’insistito senso di pericolo che vorrebbe suggerirci Ford, per il quale Susan dovrebbe sentirsi minacciata dalle pagine inviatele, rimane tutto nelle intenzioni del cineasta, dato che sulla celluloide non ne troviamo traccia.
Arrivando al finale, il fulcro della storia torna su Amy Adams, costretta a fare i conti con le proprie scelte ma senza alcun reale pathos, e mentre starete aspettando qualche evento che risolva la narrazione o giustifichi l’evanescenza di quanto visto in precedenza, arriveranno i titoli di coda a lasciarvi a bocca asciutta.
Tom Ford, che qui produce, scrive e dirige, dimostra di poter essere un regista di grandissimo talento, eppure rimane un’incognita ben più grande di quelle che vorrebbe aleggiassero nella sua pellicola: perché si ostini a firmare lo script, quando con la collaborazione di qualche bravo sceneggiatore potrebbe veramente lasciare il segno.
In conclusione Nocturnal Animals è un lavoro di grande impatto che di certo incontrerà il gusto di molti, ma all’uscita dalla sala – a detta di chi scrive – rimane un’occasione sprecata. Una confezione di grandissimo livello formale per la più banale delle delusioni amorose.
Per fortuna Michael Shannon offre una performance caricaturale, grottesca e straordinaria.
Venezia 73: la recensione in anteprima di Nocturnal Animals (NO SPOILER)
Tom Ford confeziona un racconto esteticamente impeccabile con grande convinzione, ma la sceneggiatura lascia più di un dubbio.