Desmond Doss (Andrew Garfield) è un giovane della Virginia che si arruola per diventare soccorritore medico e, a causa della sua fede religiosa, si rifiuta di portare qua qualunque tipo di arma. Durante la seconda guerra mondiale, durante la presa di Hacksaw Ridge, Doss salvò la vita, da solo e durante la notte, a 75 soldati americani.
Hacksaw Ridge è il classico film patriottico americano che riescono a fare solo loro e fanno solo per loro, con una stretta di base ampiamente collaudata ed i tipici titoli di coda con annessi filmati dei protagonisti che raccontato la loro impresa.
Doss, ovviamente, riesce ad inimicarsi tutti i suoi compagni di addestramento perché,a causa della sua riluttanza nell’impugnare il fucile, viene negato il weekend libero a tutti i suoi compagni che, come in full metal jacket, lo pesteranno.
Vince Vaughn interpreta con grande maestria un sergente che è una versione meno virile e più buona di Hartman; Mel Gibson ce lo presenta con un carrello mentre entra nel dormitorio dei soldati per urlare loro in faccia. Chiama “Granturco” Garfield e “Hollywood” un soldato che sta facendo esercizio nudo. Vaughn funziona alla grande.
Il problema più grosso del film, che comunque, per gli appassionati del genere, è un prodotto validissimo, arricchito dalle buone prestazioni di quasi tutti gli attori (Garfield rimane sempre un po’ ridicolo, ma è questione di gusti)e dal grande realismo bellico, è la scarsissima alchimia tra sceneggiatori-produttori e regista.
Ripensando a Cannes ci viene in mente la coppia che ha portato a casa la palma d’oro: Loach e Laverty condividono un’idea di cinema e, lavorando insieme da molti anni, riescono a lavorare su una pellicola insieme dall’inizio;la pensano la scrivono e la girano.
Hacksaw Ridge non è così. Agli sceneggiatori e ai produttori interessa raccontare una storia sicura, che rientri nei canoni del cinema patriottico-drammatico-bellico americano, tanto da impiegare più di metà di film nella formazione marziale del protagonista che serve solo a farcelo inquadrare come una vittima che non veniva ascoltata e che ha salvato degli uomini solo grazie all’amore per il suo paese.
Gibson, dal canto suo, gira queste scene in modo classico, senza guizzi o invenzioni, poiché a lui quello che interessa è la battaglia.
Verso la fine del film Gibson ci comunica la sua vera predilezione nella guerra;i corpi si rompono, il sangue schizza e gli uomini vanno a fuoco. Il regista insiste con vari primi piani sui legamenti dei soldati, sulle teste mozzate, sulle gambe che hanno perso sparando e sugli spruzzi di sangue. In mezzo alla nebbia i giapponesi sgozzano gli uomini e con una mitragliatrice rompono gli elmetti dei soldati.
“Mel” è affamato di violenza e sangue e non di sentimenti;i produttori e gli sceneggiatori sono interessati al guadagno, mentre Gibson cerca, come spesso ha fatto, di disturbarci e stupirci.
Perché come canta De Gregori “La guerra è bella anche se fa male”.
Venezia 73: la recensione in anteprima di Hacksaw Ridge
Il nuovo film di Mel Gibson, presentato fuori concorso, soffre di un'incompatibilità tra regia e script ma sembra perfetto per gli Oscar.