È da poco uscito anche in Italia Un Padre Una Figlia (Bacalaureat), che è valso a Cristian Mungiu la palma d’oro per la migliore regia all’ultima edizione del Festival di Cannes. Abbiamo approfittato della sua presenza a Roma per incontrarlo in una roundtable incentrata proprio sulla pellicola e gli abbiamo chiesto di parlarci del senso profondo dietro il suo lavoro. Quel che è apparso chiaro è che si tratta di un film principalmente incentrato sul compromesso. (a fondo pagina trovate il video)
“Quando inizio a pensare a un progetto – ha esordito il regista – le cose non son chiare come vi appaiono quando guardate il film finito. La vita è molto complicata e molto ambigua, e cerco di mantenere quell’ambiguità nel film. Il film non parla tanto di corruzione quanto di compromessi. Per me c’è una grande differenza: il compromesso è la decisione che ognuno di noi prima o poi si ritrova a prendere per risolvere più facilmente una cosa che avrebbe potuto affrontare in modo diverso ma impiegando più tempo e energie. Volevo raccontare il fatto che tutti noi ci sentiamo delusi per la società in cui viviamo ma non guardiamo mai alla nostra responsabilità. Parliamo sempre degli altri. Pensiamo sempre che la colpa sia degli altri e non analizziamo mai le nostre responsabilità e le nostre decisioni. Volevo quindi raccontare la società dalla prospettiva di un uomo che raggiunge il “picco” dei 50 anni, quando le decisioni più importanti sono già state prese e si può guardare sia avanti che indietro. Guardando indietro, forse, non si è così orgogliosi delle decisioni prese; guardando avanti, invece, le decisioni più importanti riguardano i figli e allora si cerca di aiutarli a fare scelte migliori delle nostre.”
Continua poi ampliando il discorso al senso di moralità.
“Nessuna regola stabilisce se è giusto o sbagliato fare qualcosa. L’unica cosa che ci giustifica è la nostra morale, la nostra coscienza. Attraverso essa si potrà sempre sapere se è accettabile o no fare qualcosa e, qualunque cosa uno decida di fare, ci saranno sempre delle conseguenze. Capitano molti momenti in cui non abbiamo possibilità di scelta; ci sembra che le cose possano essere fatte in un modo solo. Se, tuttavia, non le cambiamo più avanti, le scelte sbagliate che abbiamo fatto peggioreranno sempre di più.”
Interrogato quindi su un eventuale intento morale dell’opera, chiarisce il senso delle sue parole.
“Spero che non sia un film morale. Non voglio condannare il concetto di compromesso, voglio mostrare la vita per come è davvero. Voglio raccontare quanto sia difficile la vita da un punto di vista pratico, che include le azioni che compiamo nella nostra quotidianità. A livello teorico è tutto semplice e apparentemente sicuro, ma, nella realtà, non c’è alcuna risposta. Siamo tutti soli e questo ragionamento non è tanto nel film quanto nella realtà quotidiana di un genitore: per quanto si dica ai propri figli che la verità è giusta, bella, corretta e necessaria, sappiamo che non è così.”
Il tema dei figli torna spesso nella pellicola, più o meno esplicitamente.
“I giovani pensano di non avere doveri. La consapevolezza di essere un risultato delle proprie decisioni arriva un po’ più tardi. Mi piacerebbe vedere dei giovani (quattordicenni, diciottenni, ventenni etc.) avere la consapevolezza delle proprie azioni. Nel film questo è chiaramente sottolineato ma non sono sicuro che la figlia, nella pellicola, sia sicura delle proprie decisioni, poiché non ha una personalità già formata. Il film racconta la mia speranza che i giovani prendano delle decisioni migliori delle nostre. Noi parliamo molto di famiglia, corruzione etc; ma il film riguarda proprio la famiglia, le persone di quella età sono il risultato di molti compromessi, anche riguardo la famiglia, in particolare se è più accettabile, per due genitori, fare un compromesso e vivere insieme oppure vivere separatamente. Non è chiaro cosa sia meglio ma io voglio parlare di quanto la vita diventi complessa raggiunto un certo punto. Tutte le decisioni che i genitori prendono si rifletteranno sulle decisioni che i figli prenderanno e da questo punto di vista, credo, abbiamo un protagonista che prende molto decisioni controverse ma spera che sua figlia in futuro avrà una maggiore coscienza morale, nonostante le sue decisioni non siano state affatto etiche.”
Lo scopo di Mungiu è ritrarre la complessità e la menzogna, prima di tutto verso noi stessi.
“Alcune situazioni non sono semplici. Le persone camufferanno sempre la motivazione dietro alle loro decisioni. Cercheranno sempre di farle sembrare accettabili, inevitabili, proveranno a nascondersi dietro all’idea di fare certe cose, come un favore personale, solo una volta perché la situazione era speciale e lo richiedeva. Le persone nella vita dicono un sacco di cazzate e provano sempre a sembrare migliori di quello che sono. Andando avanti con l’età bisogna crearsi un’immagine di sé migliore di quella vera, ma dentro di noi sappiamo davvero chi siamo.
Cerco di fare un certo tipo di cinema realista, nel quale trascrivo i discorsi che sento dalle persone. Dicono un sacco di bugie e dicono un sacco di cazzate. Anche il protagonista, nonostante sembri una persona moralmente forte, mente molto. Egli è il ritratto di una persona che si deve portare il grande fardello della colpa, dell’ansia, come se qualcuno lo guardasse sempre. Se non una persona non è sincera deve sempre portarsi dietro il fardello delle sue menzogne. Il film nella mia mente è un po’ più complesso, ma racconta comunque l’ambiguita della vita e delle persone.”