Il celebre pittore Oswaldo Vigas ad ottanta anni decide, insieme alla moglie Jeannine Castes Vigas, di allestire una mostra per esporre i quadri dei suoi inizi artistici. I due recuperano tutte le opere ma all’appello ne manca una, El vendedor de orquìdeas. Marito e moglie iniziano così a contattare amici, parenti ed ex acquirenti alla ricerca di quella tela che dipinse nel 1945 e che da allora non ha più rivisto. Ma El vendedor de orquìdeas è per lui non è soltanto un’opera giovanile ma anche dolorosamente rievocativa del fratello Reynaldo, che soffriva di disturbi schizofrenici e si tolse la vita quando Oswaldo andò a lavorare a Parigi grazie al Premio nazionale delle Belle Arti che il suo Paese, il Venezuela, gli conferì. Per l’artista un ricordo di quelli che tracciano la linea di una vita: di qua l’esistenza, per quanto precaria, sofferente e faticosa; di là la voragine del rimorso che ti fa sprofondare nel nulla.
Dalla ricerca de El Vendedor de orquìdeas parte, parallelamente, quella dei ricordi dell’uomo e dell’artista. Il documentario di Lorenzo Vigas, figlio di Oswaldo, è stato proiettato fuori concorso alla 73a Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Un gesto tutto sommato dovuto da parte del direttore artistico della Mostra, Alberto Barbera, visto che lo scorso anno il regista venezuelano vinse il Leone d’oro con il film Ti guardo (titolo originale Desde Allà), un lungometraggio di ottima fattura sceneggiato insieme a quel Guillermo Arriaga, a sua volta regista ma il cui nome è legato indissolubilmente alle sceneggiature dei film che compongono l’indimenticabile Trilogia della morte (Amores perros, 21 grammi e Babel) diretti da Alejandro Inàrritu prima che questi subisse l’attrazione fatale di Hollywood (Birdman e Revenant).
Difficile dunque giudicare lo stato di salute del cinema di Lorenzo Vigas da questo lavoro, soprattutto perché l’uno, Ti guardo, è un lungometraggio di finzione, e l’altro, El vendedor de orquìdeas, un documentario di media lunghezza. Forse ci si aspettava qualcosa di diverso dal primo latino-americano vincitore di un Leone d’oro. Che il regista venezuelano abbia la “mano calda” è un punto fermo, pur tuttavia maneggia una materia, quella documentaristica appunto, dove probabilmente sono richiesti guizzi sorprendenti che nel film non ci sono e quel surplus di creatività che si aspetta per settanta minuti ma che purtroppo non arriva. Il valore aggiunto, invece, è il documento storico e artistico sugli ultimi anni di vita del pittore Oswaldo Vigas, suo padre. Da questo punto di vista il giovane Vigas riesce ad estrargli quasi cinicamente ricordi intimi e inconfessabili, nonché aspetti della personalità che lo rendono tenero pur avendo toni bruschi e una sua ruvidezza di fondo. El vendedor de orquìdeas è il secondo film presentato a Venezia 2016 in cui un regista realizza un documentario su un genitore. Precedentemente nella sezione Cinema nel giardino era stato proiettato Franca: Chaos and creation di Francesco Carrozzini che intervistava sua madre Franca Sozzani. Entrambi i film hanno in comune due cose essenziali: la corsia preferenziale nel realizzare un prodotto dove chiunque altro avrebbe fallito per l’indisponibilità dei soggetti a prestarsi alle riprese e la seconda cosa di aver costruito interviste vere, quindi anche scomode e dunque interessanti. Lo sguardo di Vigas, cosa che lo differenzia da Carrozzini che appare più teneramente “figlio”, ha tuttavia un tasso maggiore di razionalità e di “distacco” dal suo interlocutore. Ma questo non è affatto detto che sia un male, anzi dimostra padronanza e controllo assoluti di mezzi tecnici e tempi scenici. Pensando ai momenti in cui il genitore è totalmente in balia della commozione, con la macchina da presa che insiste sul primo piano e non arretra di un millimetro, sarebbe interessante, avendocene la possibilità con il diretto interessato, indagare sulla portata del lavoro che Lorenzo Vigas ha dovuto fare su sé stesso. Decisamente lodevole inoltre il risultato di fare emergere attraverso i ricordi personali del padre anche quelli della progressiva trasformazione del Venezuela. Al Leone d’oro 2015 riesce perfettamente l’operazione di far camminare su binari paralleli sia la memoria dell’anziano genitore che la memoria collettiva di una società la cui mutazione è direttamente proporzionale allo sfruttamento dei giacimenti d’oro nero, ma nella quale, ci aveva detto il regista in Ti guardo, si è fatto più profondo il solco tra chi ce l’ha fatta e il sottoproletariato delle periferie ingovernabili di Caracas.
Oswaldo Vigas non ha più trovato il suo quadro. Ma il ricordo di El vendedor de orquìdeas non si è mai cancellato dalla sua mente ed è anche questo che lo ha tenuto in vita fino al 22 aprile del 2014 (il 1923 l’anno di nascita) perché, come diceva a suo fratello Herman: “Siamo insignificanti. Senza ricordi non siamo niente, cazzo!”.
Venezia 73: la recensione di El Vendedor De Orquídeas
A Venezia, nella sezione 'fuori concorso', Lorenzo Vigas presenta un documentario sul padre Oswaldo, noto pittore.