Un uovo si schiude e un timido becco fa capolino: un aquilotto mansueto a cui è richiesto di lottare prima ancora di aver visto la luce. Due aquile sono troppe, allora o lui o il fratello, soprattutto dopo che il padre ha perso la vita in un combattimento.
Una fiaba, il quale narratore esterno è il guardaboschi Danzer (Jean Reno) e il protagonista un’aquila vera che seguiamo dal nido fino al volo e alla caccia tra le montagne.
Nel primo atto i due aquilotti si scontrano e il più debole cade giù, sotto la minaccia delle volpi, per essere poi trovato da Lukas che lo accudisce. Le riprese seguono da vicino gli animali, traducendo il loro linguaggio in una storia di prìncipi alla conquista del regno. La narrazione lascia più spazio a loro che a Lukas e il padre Keller, di cui non sappiamo quasi niente. Il bambino non parla da quando è scomparsa la madre e Keller non sembra impegnarsi più di tanto per rinsaldare il legame e aiutarlo. Solo sulla fine verrà svelato il loro segreto, lasciandoci però con molta curiosità dei particolari.
Intanto per accudire l’aquila serve un esperto e sarà proprio Danzer a farsi avanti, dando al ragazzo i propri strumenti, come il guanto, la cordicella o la mascherina per l’animale, insegnando lui a dargli da mangiare fino a farlo volare. Dopo tre quarti d’ora il film sarebbe potuto essere concluso, invece prosegue quasi come un documentario in cui si sente l’esigenza di continuare la narrazione attraverso le immagini, senza che succeda niente di straordinario. L’aquila, che Lukas ha chiamato Abel dalla storia di Caino e Abele (i due fratelli che lottano per l’eredità), vola via. Prova a cacciare ma non riesce, allora ritorna dal ragazzo che la educa. Infine riparte e affronta un lungo e gelido inverno, in cui la vediamo solamente fallire. Tornato l’autunno torna ancora, stavolta per sfidare il fratello e contendersi il regno. Per finire con un fievole colpo di scena sia per Abel che per Lukas.
La chiarezza dei passaggi del racconto lo rende un film adatto ai più piccoli, che si divertiranno a volare insieme al maestoso Abel e si commuoveranno per l’amicizia nata tra lui e Lukas.
Gli adulti invece potranno soffrire questo tono troppo didascalico, netto, con dei passi prevedibili. Dopo la meraviglia nel vedere così da vicino il corso della vita nel bosco e le riprese dal cielo, resta poca attenzione da dedicare alle sorti di Abel e del poco raccontato Lukas. A determinare questo risultato potrebbe essere stato l’approccio al film, che a differenza della prassi comune non parte dalla stesura della sceneggiatura, ma dalle riprese. Poter raccontare una storia con delle immagini reali significata osservare a lungo l’habitat dei boschi e seguire degli animali molto veloci e spesso pericolosi come le aquile. Solo dopo un anno è venuta l’idea di inserire un umano nella storia della lotta tra fratelli, quello che viene definito “cainismo”.
Infine ci chiediamo se il protagonista è Abel, che dà il titolo al film, Keller, il narratore extradiegetico che conosce ogni cosa, o Lukas, il bambino che cresce e riprende fiducia nella vita attraverso l’amicizia con un’aquila.
Peccato perché questa confusione non permette di centrare il fuoco e invece di rendere una storia corale si rischia di accennare senza approfondire.
Abel Figlio del Vento: la recensione in anteprima
In questo film, che interesserà solo i più piccoli, seguiamo l'avventura di una giovane aquila mentre sullo sfondo intravediamo un Jean Reno che si accontenta di tutto.