Dopo Mozzarella Stories e Perez. Edoardo De Angelis dirigendo Indivisibili (presentato alla Mostra di Venezia nella sezione Venice Days – Giornate degli autori) si aggiudica il Premio Pasinetti, assegnato dal Sindacato Nazionale Giornalisti e dei Critici Cinematografici all’anteprima romana alla Casa del Cinema .
Indivisibili si inserisce nel linguaggio di De Angelis, che, raggiunta una maturità e padronanza maggiore degli strumenti del cinema, porta alla luce un progetto calato in una realtà particolarissima per trattare tematiche universali.
Il film è ambientato nella provincia di Castel Volturno, in un territorio maltrattato, derubato, umiliato, i cui abitanti si arrendono alla vita, trascinandosi avanti. L’unico faro è la religione di Don Salvatore (Gianfranco Gallo), un cattolicesimo venduto, che promette speranze in cambio di denaro, da chi non ne ha.
In questo angolo di mondo nascono Viola (Angela Fontana) e Dasy (Marianna Fontana), due gemelli siamesi unite dal bacino. Grazie al loro talento canoro mantengono i genitori e gli zii che le accompagnano a matrimoni, comunioni, feste di paese e serenate con il camioncino riconoscibile dalla scritta Indivisibili. Questo è il nome della loro canzone di punta (composta per il film da Enzo Avitabile, insieme a Drin Drin e Tutt’ugual song’e criature ).
Le ragazze sono conosciute da tutti, soprattutto da quando Don Salvatore le presenta come delle sante: la loro unione è voluta da Dio e nella loro innocenza sono dispensatrici di miracoli. Ecco che tutti le vogliono vedere e toccare, se la nascita le ha costrette a vivere una vita diverse dalle loro coetanee, la loro sorte le ha private della libertà di essere donne per farle attrazioni da circo, statue, burattini.
Per questa libertà si ribellano, per la vita che le scorre dentro e non possono far fluire, per il desiderio di avere un’intimità, per fare l’amore, per poter sbagliare e riprovare.
Così quando il professor Fasano (Peppe Servillo), medico che opera in Svizzera, dice loro che è possibile separarsi, perché i loro organi non sono compromessi, in Dasy scatta qualcosa.
Viola è più accondiscendente, credente e l’unica cosa che conta per lei è stare con la sorella, tanto da non capire perché separarsene. Dasy allora deve lottare contro tutti, il padre Nunzio (Toni Laudadio) che non la vuole aiutare perché solo se attaccate le figlie sono fonte di guadagno, il prete che ha bisogno dei loro finti miracoli e Viola che ha paura. In questo turbinio di sentimenti, amplificati perché le ragazze sentono ogni cosa che prova l’altra, si aggiunge l’incontro con il produttore Marco Ferreri (Gaetano Bruno).
Ferreri mostra la propria ammirazione per il talento delle ragazze, in particolare per Dasy, che prende alla lettera quel “io darei la testa per te”. Proprio per questo, quando scoprono che il padre si è giocato tutti i loro risparmi e nessuno può aiutarle ad andare in Svizzera per l’operazione, arrivano sulla lussuosa barca del produttore. Un panorama freak con gemelle dal vestito rosa confetto, donne nude, uomini attaccati al seno in cerca di latte e Ferreri che le fa bere. Consegna loro i soldi per poi saltare su Dasy. A quel punto Viola sente di aver toccato il fondo, devono fuggire e si gettano in mare: meglio morte che vendute e umiliate.
Segue l’incontro con il padre, la loro nuova inclusione nel sistema a delle condizioni e un finale che difende lo spirito del film.
Le attrici protagoniste alla loro prima esperienza si ambientano molto velocemente, riportando sullo schermo le più sottili sfumature della sofferenza che vive chi non può scegliere, ma anche la leggerezza e l’incoscienza dell’adolescenza. Lo stesso regista spiega di aver loro affiancato degli attori professionisti per aiutarle, ma non c’è stato bisogno. Il cast si è allineato naturalmente, ogni attore è riuscito a incarnare il proprio ruolo con profonda sensibilità. Ognuno aveva il proprio dramma: l’insoddisfazione di non poter essere ciò che si voleva nella fragilità della propria condizione. Nunzio cerca un riscatto nel successo delle figlie, la moglie Titti (Antonia Truppo) si arrende nella dipendenza della marijuana, Don Salvatore si rifà nella devozione dei più deboli, Ferreri sui sogni del successo degli altri. Un gioco di poteri dove a vincere è chi rimane fedele a se stesso, chi non si arrende al gioco di ruoli, chi si sacrifica per un futuro diverso e per questo viene premiato.
La musica di Enzo Avitabile è colonna portante del film, insieme alle canzoni scritte da Riccardo Ceres, direziona le emozioni, fa respirare per poi rituffarsi nell’abisso.
Edoardo De Angelis racconta che la sonorità ha aiutato la stessa costruzione delle scene. Prima di iniziare faceva ascoltare i Bottari di Portici (musica presente anche nel film) che suonano le botti, un ritmo cadenzato, che permetteva agli attori di accordarsi al ciak. Quando intorno ritornava il silenzio, quei suoni continuavano a riecheggiare nel petto e ogni parola e gesto fluiva naturalmente, l’una dopo l’altra, fino alla fine. Indivisibili è un film che ha la capacità di rimanere un eco nello spettatore, un lontano ricordo, un suono che ci può accordare alla vita.
Indivisibili: la recensione in anteprima
Il film di Edoardo De Angelis vincitore del Premio Pasinetti alla Mostra del Cinema di Venezia arriva in sala il 29 settembre.