La collaborazione tra la Festa del Cinema di Roma e Alice nella Città porta sugli schermi della kermesse un film d’animazione francese delicato e poetico: Louise en hiver di Jean-François Laguionie.
Sin dalle prime battute, il passo della pellicola è evidente e rispecchia la ‘filosofia’ dell’anziana protagonista: non c’è fretta di andare, se nessuno ci aspetta. Finita la stagione estiva, Louise sta lasciando la cittadina di mare per tornare in città; l’orologio è fisso alle 6.15, sta per passare l’ultimo treno, lei esce di casa e s’incammina ma arriva giusto per vedere il treno che si allontana. Il paesino è deserto, è rimasta da sola, nessun telefono, nessun negozio aperto né personale rimasto in stazione. Eppure Louise non è preoccupata, un po’ seccata, certo, ma sicuramente in città la manderanno a cercare.
Intanto bisogna aspettare, i giorni passano e qualcosa da fare si trova. Si possono fare lunghe passeggiate, leggere, prendere il sole e trovare cianfrusaglie abbandonate sulla spiaggia.
Sola, c’è quiete: le urla dei villeggianti, che tanto le davano fastidio, non ci sono più e non c’è da domandarsi perché loro sono tanto restii a lei, perché sembrano giudicarla. Quel posto è tutto suo, può decidere di fare molte cose o non fare nulla: la libertà. Un delicato accordo la libertà, se non si sa scegliere si è ancora più imprigionati, nel tempo che fluisse inesorabile. Così un piano è fondamentale, per stare in pace, per dare un senso alla vita, per non fluttuare nel vuoto. Louise sembra rinata, non deve, ma può fare, ritrova se stessa, ritrova la sua memoria, i ricordi che sembrano vecchi e sepolti. Attraverso l’attività onirica rincontra sé bambina, ritorna nella casa della nonna, alla vita nella natura e alle prime scoperte che l’hanno condotta a essere donna.
Il reale e il fantastico si mescolano, come i ricordi, come le storie raccontate, che dipingono la verità attraverso i sensi. Le sagome sono delineate da una matita leggera e il colore emerge come significante. Colori pastello che disegnano il cielo di sfumature, riempiono le gote di rosato e traghettano dal vissuto al pensato.
Louise rivede chi era e capisce che dimenticare è stato un modo per proteggersi, per essersi sposata come la madre auspicava, per essere andata lontana da chi amava, per essere andata a vivere in città, abbandonando il suo spirito selvaggio. Capisce che è stato un modo per proteggere il suo passato, con il quale è entrata in contrasto.
A guidarla in questo cammino sono lo scheletro di un militare rimasto impigliato con il paracadute e un cagnolino. Lo scheletro del militare la accoglie nella parte onirica, riconducendola in quei posti che era solita frequentare e alle avventure lì vissute.
Pepe, il cagnolino, la accompagna sulla costa, per non farla sentire sola, a volte parla con lei, sempre la ascolta.
La magia si ravviva in ogni passaggio in cui suona il piano e si trasforma in rito di celebrazione dell’anima. Le parole sono poche perché non servono, si comunica con le immagini, con la musica, conferendo leggerezza. Sembra di volare su una mongolfiera, in queste sequenze piene d’aria, aperte al futuro, come l’orizzonte del mare. Attraverso Louise visitiamo il nostro inconscio, tra speranze, sogni e paure. Insieme a lei fronteggiamo la solitudine, che potrebbe condurci in un tunnel senza uscita, se perdiamo l’amore per noi stessi. Allora soli sì, ma mai abbandonati e se Pepe va’ via torna a salvarla: Pepe, un cane o forse l’io interno?
Questo momento, così vicino alla morte è il climax del film, modulato in sezioni concentriche, che come una spirale, fanno coincidere l’apertura con la chiusura. Un emblema della vita stessa, nella quale gli opposti coincidono: apprestarsi alla morte significa scoprire la vita, trovarsi soli aiuta a capire l’altro e soprattutto a conoscere “gli altri” che vivono in noi.
“I sogni arrivano, non mi avvertono, come ombre misteriose” dice Louise e questi sogni misti a ricordi come “ombre leggere” che ti seguono ricordano quel Paese delle Meraviglie dove si smarrisce Alice. La vecchiaia e la fanciullezza tendono a sovrapporsi, entrambe lontane dagli obblighi sociali, finiscono per condurre a un tribunale di animali in cui in cui l’accusa è quella di essere felici.
RomaFF11 – Louise En Hiver: la recensione in anteprima
Il nuovo film d'animazione di Jean-François Laguionie racconta una storia delicata con un linguaggio visivo poetico.