Come Nanni Moretti (Mia madre), Marco Bellocchio porta al cinema un dramma autobiografico, personale, raccontato nel romanzo omonimo di Massimo Gramellini edito da Longanesi. Fai bei sogni, presentato alla Quinzaine des Rèalisateurs all’ultimo festival di Cannes, finisce però per essere più un bio-pic che un dramma, nel quale non mancano gli attacchi al giornalismo che Bellocchio non ha mai nascosto di disprezzare.
Il film racconta la storia di una difficile ricerca della verità e allo stesso tempo la paura di scoprirla. La mattina del 31 dicembre 1969, Massimo, nove anni appena, trova suo padre nel corridoio sorretto da due uomini: sua madre è morta. Massimo cresce e diventa un giornalista. Dopo il rientro dalla Guerra in Bosnia dove era stato inviato dal suo giornale, incontra Elisa. La vicinanza di Elisa aiuterà Massimo ad affrontare la verità sulla sua infanzia ed il suo passato.
Il problema maggiore che presenta una pellicola del genere è la concomitanza di voci, specialmente se la sceneggiatura, come in questo caso, non viene scritta con la collaborazione diretta dal regista. Bellocchio deve portare sullo schermo una storia estremamente personale, autobiografica, di cui solo Gramellini conosce i segreti. Il regista dovrebbe allora annullarsi e raccontare il libro così come è stato scritto. Bellocchio, però, non è certo tipo che si annulla e accetta di “farsi da parte”. Così in Fai bei sogni, per la maggior parte del film, la madre – che dovrebbe essere il fulcro – viene quasi tralasciata. La parte migliore è, infatti, quella che racconta le reazioni alla morte della madre, ovvero il rapporto difficile, artificioso, che intercorre tra il giovane protagonista ancora bambino e suo padre. Il padre sembra essere al centro dell’interesse di Bellocchio; autoritario, ma anche affettuoso e impreparato a crescere un figlio da solo. I continui gesti di disobbedienza del protagonista fanno disperare il padre, ben interpretato da Guido Caprino, che sarà costretto a prendere una governante. Nel rapporto con il padre e con la governante va, forse, ricercato il fulcro della pellicola e quello che Bellocchio voleva raccontare: come è possibile ricostruire una famiglia quando viene a mancare il collante, il punto d’incontro e la persona a cui affidarsi?
La risposta è nella scena in cui il giovane Massimo cerca di stringersi, davanti alla televisione, alla governante, che gli risponde di non essere in grado di fare la madre oppure nei discorsi e nei gesti nei confronti della madre di Enrico, un facoltoso amico di Massimo che tratta male una madre affettuosa.
Quando il protagonista cresce e “diventa” Valerio Mastandrea, Bellocchio si diverte a prendere in giro il giornalismo: dalla foto “finta” scattata a Sarajevo alla rubrica sentimentale con la quale diviene famoso, nel film e nella realtà, Massimo Gramellini.
Si ripercorrono alcuni tragici eventi della storia degli anni ‘90. Oltre alla guerra di Sarajevo vengono citate l’inchiesta di Mani pulite e una commemorazione per l’incidente della basilica di Superga. Le difficoltà professionali e sentimentali del protagonista vengono trattate con poco interesse da Bellocchio, sia la storia con una irriconoscibile Miriam Leone che l’inizio della storia d’amore con un’infermiera, interpretata da Berenice Bejo, più importante per le vendite che per la sua effettiva prova attoriale.
Le due voci si spintonano per essere protagoniste; Marco Bellocchio ha sempre raccontato la ribellione giovanile, il rapporto con la madre e soprattutto con la famiglia. I momenti di grande cinema sono, in conclusione, quelli in cui Massimo è bambino e si ritrova a vivere da solo con un padre che, per quanto autoritario, paga a caro prezzo l’essere impreparato a dover crescere un figlio da solo.
Ottime prove attoriali e grandi cammei di Roberto Herlitzka, come prete e insegnante di Massimo e di Fabrizio Gifuni, imprenditore folle che, per il periodo in cui è ambientato il film e per le modalità di morte ricorda l’imprenditore raul Gardini. La maestria di Bellocchio è innegabile e, forse, con un regista meno “artista” sarebbe uscito un film più fedele alla vicenda di Gramellini di quanto effettivamente sia Fai bei sogni.
Fai Bei Sogni: la recensione (no spoiler)
Marco Bellocchio firma la trasposizione cinematografica del best-seller di Massimo Gramellini, con Mastandrea protagonista.