Dopo Carne de Perro, Fernando Guzzoni presenta il suo secondo lungometraggio, un thriller che esplora il mondo giovanile: Jesus, un diciottenne nullafacente votato all’eccesso e con amicizie poco raccomandabili, vive un rapporto a dir poco complicato con il padre Hector, spesso lontano da casa per lavoro e protagonista di pesanti alterchi con il figlio. Dai contest di ballo alle serate al parco, la vita del giovane di Santiago del Cile verrà trascinata in un vortice incontrollabile, che porterà Jesus ad invocare l’aiuto di quel padre così distante, fino a un finale non scontato.
Girato tra Cile e Francia, Jesus è un’opera decisamente interessante, che guarda al lato oscuro dell’adolescenza, ben rappresentato anche dal punto di vista della fotografia (primi piani scuri e piatti), con Guzzoni che sembra voler tracciare per contrasto una linea morale attraverso le azioni di Jesus, che puntualmente dà l’esempio sbagliato. Jesus è interpretato dall’astro nascente del cinema sudamericano Nicolas Duran, in forma straordinaria, aiutato dal veterano Alejandro Goic, ben calato nella parte: i dialoghi tra i due protagonisti sono convincenti come del resto anche i momenti di silenzio, istanti di tensione tagliente. Il fil non si regge per solo sul rapporto padre – figlio: un focus particolare va sul tema del tradimento e sulla fragilità dei rapporti umani.
Una delle caratteristiche migliori di Duran è la capacità di saper bene interpretare lo stato emotivo del personaggio ideato da Guzzoni, che ne ha forse estremizzato la mutevolezza: si passa dalla disperazione alla rabbia, dal senso di colpa a quello di pentimento. Le scene di sesso invece, in cui l’attore riesce a far esplodere la sua fisicità con crudezza e senza alcun filtro, non contribuiscono comunque alla comprensione globale del personaggio.
Non è tutto rose e fiori però: la trama risulta un po’ troppo frammentata e difetta di causalità. Inoltre, se l’obiettivo di Guzzoni, come plausibile già dal titolo, era quello di dare un importante simbolismo religioso, non c’è riuscito: poche sfumature (il “perdonami, padre” pronunciato da Jesus) e nulla più. Se abbiamo sottolineato gli eccessi del giovane protagonista, non possiamo non fare altrettanto con quelli del regista: Guzzoni infatti non conosce misura nelle scene di violenza – in una scena in particolare – indugiando su di essa forse per il solo gusto di turbare. Infine, i primi passaggi del film risentono di una lentezza esasperante che rimanda troppo a lungo l’inizio della storia.
In conclusione, quello di Fernando Guzzoni è un buon lavoro, che risente di qualche difficoltà di troppo da parte del regista cileno nell’affrontare un tema tutt’altro che semplice, e che cerca un equilibrio tra il racconto dell’estremo e l’individuazione di un codice morale capace di segnare cause ed effetti.
TFF34 – Jesus: la recensione in anteprima (no spoiler)
Il cileno Fernando Guzzoni racconta una parabola che tramite l'eccesso riflette sulle idee di morale e di famiglia.