Alessandro Maria Buonomo, Paolo Cenzato e Marco Ferrarini sono giovanissimi, ma soprattutto sono il regista e gli sceneggiatori che hanno portato al Torino Film Festival, nella sezione Festa Mobile, Sono Guido e non Guido, il (geniale) mockumentary su Guido Catalano, poeta professionista vivente.
Giovane non vuol dire incerto né inesperto; al contrario, siamo di fronte a dei talenti che, in combinazione con la figura di Guido Catalano, ci hanno regalato questo falso documentario fresco, accattivante, sagace e, senza dubbio, divertente.
Chi è Guido Catalano e perché scrivere un progetto simile su di lui? Guido è, come si definisce lui stesso e come già scritto in precedenza, un poeta professionista vivente. Definizione azzeccata, ma insufficiente a capire di chi (e di cosa) stiamo parlando. Guido è la rock star dei poeti; Guido scrive, pubblica, vende molti libri e soprattutto declama; prende treni, cambia città, sale sui palchi, riempie i locali e legge le proprie poesie davanti al pubblico.
Ma il documentario di Buonomo non è rivolto solo a chi già conosce il poeta. I primi minuti, infatti, sono utilizzati in maniera molto efficace per raccontare Guido e il suo successo. Per farci entrare nel mondo straordinario dei sui modi di fare e di dire, in quella limpidezza nascosta dietro la semplicità, nella delicatezza mascherata dalla quotidianità, nella profondità che emerge da quella che pare ingenuità. Come le poesie di Catalano, anche Sono Guido e non Guido vive grazie ai cambiamenti di tono; davvero si ride e davvero ci si emoziona, si torna a sorridere e ogni tanto ci si commuove appena.
Quando arriviamo a scoprire chi è Guido e cominciamo a chiederci di cosa parlerà il documentario, ecco che spunta fuori, a gamba testa, il nocciolo della questione: Guido ha un fratello gemello, Armando, che in realtà è il suo ghostwriter. Buonomo ci racconta come (e perché) di due fratelli se ne sia creato uno solo. Un po’ poeta e un po’ rock star.
La parodia del documentario è molto curata, i volti e i nomi del cast sono tanti altri piccoli regali per il pubblico. Incontriamo tra gli altri Dente, Federico Sirianni, Massimo Cirri. E anche un perfetto inserto d’animazione di Sio.
Le interviste a Guido e Armando, ai collaboratori, ai rappresentanti della casa editrice Miraggi; il pubblico e gli stralci dei reading di Guido, si alternano sapientemente costruendo un racconto che diverte e incuriosisce nello stesso stile di Catalano.
Sullo sfondo si percepisce Torino e la sua scena culturale, si intuisce l’esistenza di un mondo di poeti declamatori, un mondo in cui la tradizione orale esiste di nuovo e la poesia non è più solo parola che riposa su un pezzo di carta, ma diventa un tutt’uno con la voce, la postura, la barba e il cappotto di Guido, con il suo accento torinese e con le sue parole a volte semplici e a volte inventate, tra collezioni di pozzanghere, gonne svolazzine e Riccardo Cocciante.
Nella scrittura del documentario Cenzato e Ferrarini non sottovalutano nemmeno il rapporto particolare che Guido ha con il pubblico femminile. Guido Catalano, con la sua presenza che intenerisce e col suo parlare così tanto e così bene d’amore, è diventato a tutti gli effetti un sex symbol.
Alla fine della proiezione lo spettatore se ne va chiedendosi come stanno veramente le cose, se Guido e Armando siano due persone o se non siano, piuttosto, due facce della stessa medaglia, il dualismo necessario ad ogni artista per essere tale.
Domandandosi se si può morire di ciliegie.
E con il desiderio di partecipare al prossimo reading.
Sono Guido e Non Guido: la recensione in anteprima
Dei giovani cineasti confezionano un riuscitissimo mockumentary sul popolare poeta Guido Catalano.