Alla decima edizione del Roma Fiction Fest hanno presentato in anteprima serie provenienti da una decina di paesi, tutte molto valide: da quelle europee a quelle provenienti dal Canada e dall’Australia passando agli show made in USA, ormai le produzioni televisive di qualità sono una realtà in tutto il mondo. Uno dei prodotti più interessanti presentati in concorso alla kermesse è stato sicuramente Public Enemy (in francese Ennemi Public), un crime che in Belgio è stato un grande successo di pubblico.
Public Enemy è ambientato in un piccolo villaggio delle Ardenne belghe.
Guy Béranger (Angelo Bison) è un pericoloso assassino di bambini che, giunto al termine della sua pena detentiva, viene rilasciato in libertà vigilata e affidato in custodia ai monaci dell’abbazia di Vielsart. A gestire l’operazione ci pensa l’ispettore Chloè Muller (Stéphanie Blanchoud) ma, quando una ragazzina scompare nei dintorni, gli abitanti della zona si scatenano contro Béranger.
E’ riduttivo definire questa serie come un semplice police drama.
Prodotto dalla RTBF (la rete pubblica televisiva belga per francofoni) Public Enemy, ad una visione superficiale, può sembrare il classico poliziesco con al centro un potenziale serial killer ma, come i migliori prodotti di genere, in realtà lo show vuole raccontare altro: come ha dichiarato a Roma l’attore Angelo Bison, l’obiettivo era quello di raccontare l’essere umano che si trova dietro alla maschera del “mostro”; il personaggio di Béranger infatti è estremamente sfaccettato, a detta di Bison molto difficile da interpretare perché è un character senza alcuna emozione, completamente impermeabile al mondo che lo circonda e con un rapporto molto particolare con la fede (tanto da farci quasi dubitare se sia stato effettivamente lui a compiere quei delitti). Impietoso anche il ritratto che gli sceneggiatori fanno della realtà locale, restìa a voler solo accettare nel proprio villaggio un personaggio del genere e pronta al linciaggio (un pò come il film di Thomas Vinterberg Il Sospetto, solo che in quel caso il protagonista era innocente), ma soprattutto dei monaci all’interno dell’abbazia, poco inclini all’accettazione e al perdono del presunto assassino (cosa totalmente contraria alla loro missione cristiana). Oltre alla buona caratterizzazione dei protagonisti (scopriamo infatti che anche l’ispettore ha avuto un passato traumatico quando era bambina), durante il pilot Public Enemy cambia più volte registro perché se nella prima parte ha una realizzazione molto canonica, nella seconda il lato crime prevale nettamente, con venature thriller-horror nel finale (più accostabile come approccio a True Detective) che ci porta ad un cliffhanger mozzafiato.
Purtroppo la serie non è riuscita a vincere nessun premio a Roma (la giuria gli ha preferito la serie svedese/francese Midnight Sun) ma Public Enemy è stata, a giudizio di chi vi sta scrivendo, una dei migliori show presentati durante la rassegna.