How the Grinch stole Christmas è quel genere di creatura che prima o poi “divora” il suo creatore; come La gioconda si è divorata Leonardo o come Ragazza afgana è diventata più grande di McCurry. Così è stato anche per Theodor Seuss Geisel, la cui fama è stata superata da quella del suo antieroe natalizio, il Grinch, che negli anni è diventato un oggetto a sé stante, brillante di luce propria. Quella concepita da Dr. Seuss – questo il nome d’arte con cui è principalmente conosciuto il celebre scrittore e fumettista autore di tanti capolavori – è diventata una vera icona natalizia, alla pari con Ebezener Scrooge e seconda solo a Santa Claus, che, si sa, gioca in un’altra categoria.
Forte di un merchandising capace di espandersi trasversalmente (videogiochi, giocattoli, peluche, cartoni, rappresentazioni teatrali, e soggetto di diversi saggi, ristampe, ma anche recite scolastiche), la fama del mostro verde con “il cuore due taglie più piccolo”, è rimasta invariata dalla sua prima pubblicazione fino ad oggi, e se l’adattamento cinematografico con Jim Carrey diretto nel 2000 da Ron Howard è diventato un punto di riferimento generazionale, una nuova versione del personaggio tornerà sugli schermi nel 2018.
La nascita del “nemico del Natale” è da collocarsi nel Natale del 1956, sulle pagine della rivista americana Redbook, mensile già noto al pubblico per aver pubblicato storie di autori come Jack London, Sinclair Lewis, Francis Scott Fitzgerald e diverse storie di Tarzan di Edgard Rice Burroughs. Visto il successo, le avventure disegnate da Dr. Seuss vennero poi ripubblicate in forma di libro dalla casa editrice Random House, oggi più grande ed importante casa editrice del mondo. How the Grinch stole Christmas venne accolto con grande favore da parte della critica, che ancora una volta sottolineava il talento di Seuss e intuiva le potenzialità infinite del racconto, definendolo, con una perfetta espressione americana, “one for the ages”.
BORIS KARLOFF PRIMA DI JIM CARREY
Il 18 Dicembre del 1966 la CBS trasmise, davanti ad una platea record di 38 milioni di americani, quello che sarebbe diventato uno dei più grandi successi della storia della televisione mondiale: Dr Seuss’ How the Grinch stole Christmas ( Il Grinch e la favola di natale!), un cortometraggio animato da 26 minuti, diretto da Chuck Jones e Ben Washaw – importantissimi registi ed autori dei Looney Tunes e del Bugs Bunny Show e in cui la voce del Grinch era quella di Boris Karloff (il primo ‘Frankenstein’ della storia del cinema). Il racconto fu allungato e in parte riscritto, in modo da durare più dei pochi minuti che ci vogliono per leggere il libro, e soprattutto la memorabile canzone You’re a mean one, Mr. Grinch fu scritta da Dr Seuss stesso. Ancora oggi, questo pioneristico cartone di cinquanta anni fa, viene regolarmente riproposto dalle televisioni americane e, regolarmente, registra ascolti altissimi.
IL FILM DI NATALE PIÙ REDDITIZIO DI SEMPRE
Prima di diventare il più redditizio film di natale di tutti i tempi (345.141.403 dollari), Il Grinch è stato un importante musical, scritto da Timothy Mason e messo in musica da Mel Marvin e Albert Hague, che, dal 1994 fino al 2015, è stato riproposto in diverse città americane a cadenza quasi annuale, in importanti palcoscenici come Broadway o Los Angeles e che è stato interpretato, fra gli altri, nel 1998 da una giovanissima e allora sconosciuta Vanessa Hudgens; quella che ci ricordiamo per la smielata saga di High school musical e per le imprese da gangster di Spring Breakers.
Finalmente, nel 2000, a nove anni di distanza dalla morte del Dr.Seuss, vede la luce un progetto ambizioso, costosissimo (135 milioni di budget), pronto a dare nuove sembianze al Grinch, consacrare definitivamente Jim Carrey nell’olimpo degli attori e rilanciare Ron Howard che, dopo il grande flop di Edtv, dimenticabile e dimenticato, avrebbe inaugurato con How the grinch stole Christmas, la sua stagione d’oro degli anni duemila ( A Beautiful Mind, the Missing, il Codice da Vinci, Rush).
L’ACCOGLIENZA DISASTROSA DELLA CRITICA E I RAZZIE
A differenza del libro, l’accoglienza riservata alla pellicola, nonostante il fortunato risultato al box office, l’Oscar al miglior trucco e le nomination alla miglior scenografia e ai migliori costumi, è stata perlopiù negativa. Roger Ebert scrisse sul Chicago Sun-Times che non sarebbe piaciuto ai bambini, i quali “lo vedranno con distacco e perplessità. Non è così divertente”. Peter Stack, sul San Francisco Chronicle, scrisse che “tutto sommato il film funziona; ma è un modo di funzionare che non ci fa affezionare a nessun personaggio, un esempio di come gli effetti speciali hanno ‘quasi’ rubato il natale (gioco di parole sul titolo originale “steal the Christmas”, N.d.r.). Stephanie Zacharek, per Salon.com e John B. WIlson Fondatore dei Razzie awards, ci andarono giù ancora più pesante: la prima scrisse “Non vi piacerà quello che vedrete sullo schermo, non vi piacerà, non una singola scena!”, mentre il secondo candidò il film alla peggiore sceneggiatura e al peggior remake o sequel.
UN’IMPRESA DAI NUMERI FOLLI E L’ESPERTO ANTI-TORTURA DELLA CIA
A dispetto delle sferzanti parole di critici, il film, visto oggi, rimanda quella Hollywood del passato a cui tutti noi, grazie ad un musical o una commedia, siamo nostalgicamente legati. Comparandola con le produzioni odierne, quella de Il Grinch è più simile al Mago di Oz che ai film per bambini di oggi. Addirittura le statistiche ci suggeriscono che non veniva impiegato così tanti effetti pratici e scenografie non in CGI proprio dai tempi del capolavoro di Victor Fleming e poco prima dei tre colossali Lord of the Rings: furono usati circa 8,000 trucchi prostetici; Jim Carrey, che subiva interminabili sedute di trucco quotidiane, dovette chiedere l’aiuto di un esperto zen, collaboratore della C.I.A., che gli suggerì delle tecniche di resistenza alla tortura; vennero fabbricati 8,200 arredi e oggetti scenici diversi, fra cui quasi 2000 bastoncini di zucchero; vennero impiegati 45 truccatori al giorno, cuciti più di 400 vestiti, presero parte al film diversi artisti del Cirque du Soleil per le sequenze acrobatiche e vennero usati ben undici teatri di posa, rendendo per diversi mesi Hollywood ostaggio di una produzione, semplicemente, nostalgica.
Prima ancora di vedere il film, ci si deve immergere in un mondo che oggi è forse definitivamente scomparso fra green screen e CGI. Una gigantesca rappresentazione Hollywoodiana dove tutto sembra finto affinché sembri vero; l’apoteosi della finzione cinematografica alla quale, per colpa di Singin in the rain e The wizard of Oz, siamo tutti legati e affezionati e che permette al film, oltretutto, di assumere una venatura horror atipica in un blockbuster per bambini.
UN FILM HORROR DI TIM BURTON CON EDDIE MURPHY O JACK NICHOLSON?
Il Grinch è un individuo mostruoso, che mette paura; un nuovo “mostro” di Frankestein che somiglia ad uno psicopatico di fumetti, ora calmo ed ora pazzo, tranquillo e quasi comune, poi subito fuori di senno. Jim Carrey riesce a trascinare la malinconia, la depressione e l’orrore che accompagnano il Grinch in una dimensione ludica, unica, di un’originalità che ha sempre contraddistinto il talento dell’attore americano. Oggi non c’è ancora definizione per quello che porta ai personaggi JIm Carrey, la sua è una recitazione, semplicemente, à la Jim Carrey. Non è un caso, infatti, che moltissima critica, nonostante le reazioni fredde verso il film, abbia evidenziato come il film vive con Carrey e che quando non c’è Carrey non c’è il film. Considerando che la parte sarebbe dovuta andare a Eddie Murphy o a Jack Nicholson e la regia a Tim Burton, ci sentiamo comunque fortunati per quello che è il risultato finale.
IL GRINCH COME UN’OPERA MARXISTA
In fin dei conti l’essenza dell’opera del Dr. Seuss è radicata sotto la superficie. La morale che ne traggono i bambini e gli adolescenti è la critica al consumismo, per molti versi alienante, che infesta la città di Whoville. Diversi studiosi hanno pubblicato scritti e analisi che legavano Il Grinch al pensiero e all’opera marxiana, definendo Seuss un vero e proprio Marxista. Seguendo il pensiero del filosofo tedesco, possiamo infatti notare che la follia e la rabbia del Grinch sono, in un certo modo, proprie della lotta di classe: i borghesi si possono permettere delle cose che il proletariato non può avere, così come il Grinch guarda con invidia ai regali e alle ghiottonerie che vengono consumate ogni natale dagli abitanti della cittadina che scruta e che disprezza dal suo eremo sopra Whoville. Più volte il Grinch li accusa di sprecare, buttare, comprare per il gusto di comprare e poi gettare via gli oggetti che, grazie alla vicinanza del nostro anti-eroe con la discarica, egli vede tutti i giorni arrivare. La piccola Cindy Who Lou, interpretata da Taylor Momsen, Jenny in Gossip girl e da qualche anno frontman della band The Pretty Reckless, attraverso la sua missione di ricongiungimento col Grinch gioca un ruolo di rivoluzionaria e sovvertitrice dello status quo, soprattutto quando propone il Grinch stesso come “maestro delle feste”, in sostituzione del sindaco che vince ogni anno e che ha assoggettato gli abitanti a sudditi e non a cittadini. Tutta Whoville è alienata, ossessionata da un Natale che vorrebbero vivere tutto l’anno; sono degli zombi, come quelli che distruggevano il centro commerciale nel film di Romero. Ma Seuss non è radicale come Marx; accetta i doni e le abbuffate, a patto che il perno delle festività non sia quello.
E ORA BENEDICT CUMBERBATCH
How the Grinch stole Christmas è un classico che splende, ha splenduto e sempre splenderà nel tempo; specialmente adesso che è stata ufficialmente annunciata una nuova versione animata, in uscita nel 2018, per la regia di Peter Candeland e Yarrow Cheney, prodotto dal grandissimo Christopher Meledandri e con un nuovo, innovativo Grinch, non più americano ma britannico, al quale presterà la voce Benedict Cumberbatch.