La fantascienza è uno dei generi più importanti e popolari del cinema: in continua evoluzione, il segreto del suo successo sta nella capacità di raccontare tematiche universali in un contesto solo in apparenza irrealistico. In molti casi i film fantascientifici riescono ad avere sull’immaginario collettivo un impatto decisamente superiore rispetto a buona parte di quel cinema che, anche spocchiosamente, si definisce d’autore. Attenzione però: la fantascienza è anche un genere che ha delle regole precise e, per costruire un buon film, non bastano semplicemente un buon budget, degli spunti interessanti e qualche effetto speciale: perché una pellicola sci-fi funzioni è essenziale un impianto narrativo quantomeno plausibile e convincente, o l’ambizione di raccontare una storia che superi il particolare per raggiungere l’universale crollerà come un castello di carte.
Purtroppo questo debolezza dello script è il maggior problema di Passengers, il nuovo film diretto dal regista norvegese Morten Tyldum (The Imitation Game) con protagonisti due divi del grande schermo come Jennifer Lawrence e Chris Pratt, nelle sale italiane dal 30 dicembre.
Passengers è la storia di un viaggio interstellare molto complicato.
L’astronave Avalon, a seguito di un malfunzionamento, fa svegliare anzitempo dal sonno criogenico il giovane meccanico Jim Preston (Pratt), con 90 anni d’anticipo rispetto alla scadenza prevista. Preston sembrerebbe condannato a una vita solitaria, unico passeggero sveglio tra 5000 astronauti dormienti, ma dopo un anno di completo isolamento, con la sola compagnia del barista androide Arthur (Michael Sheen), Jim rimane colpito dalla bellezza della scrittrice Aurora Lane (la Lawrence) ed, egoisticamente, la sveglia. I due si innamoreranno (anche se la verità verrà presto a galla) ma dovranno presto affrontare una questione più urgente: la navicella ha un’avaria difficile da aggiustare.
Questo lungometraggio prende spunto da parecchi film di fantascienza recenti (e non).
Il soggetto di partenza di Passengers era molto interessante perché l’idea di effettuare viaggi interstellari per raggiungere nuovi oasi vivibili come la Terra per far fronte al sovrappopolamento del nostro pianeta era indubbiamente originale, e il susseguirsi delle vicissitudini di cui sono vittime Jim ed Aurora ricorda molti grandi film di fantascienza recenti, da Gravity a The Martian passando per Moon. Peccato però che la pellicola si limiti a usare questo contesto come ambientazione quasi irrilevante, dal momento che l’intento di Tyldum è evidentemente quello di mettere al centro della scena la storia d’amore tra i due protagonisti. Nonostante sia lo sceneggiatore Jon Spaihts (Prometheus, Doctor Strange) ad occuparsi dello script, qui non è la fantascienza a farla da padrone bensì il melodramma, visto che l’opera da cui Passengers trae maggiore spunto non è nient’altro che Titanic; tuttavia, se il film di James Cameron è un melò al 100% (che segue attentamente le sue regole), Passengers è un ibrido che non ha un’identità ben precisa e non riesce a trovare un equilibrio tra i momenti leggeri (i migliori) e i momenti più drammatici. Nella seconda parte poi il lungometraggio si perde proprio per strada, trasformandosi nella fiera del prevedibile e, in qualche occasione, anche del trash; con una regia molto scolastica e una CGI non all’altezza del budget che finiscono di affossare il risultato finale.
Passengers è rivolto chiaramente a un pubblico adolescenziale.
La pellicola, scritta da Spaihts nel 2007, doveva in principio essere un film low budget ed erano stati scritturati per il ruolo di protagonisti Emily Blunt e Keanu Reeves; ma non se ne fece niente per diversi anni fino a quando la Sony comprò i diritti nel 2014, scelse Tyldum come regista e come star Chris Pratt e Jennifer Lawrence. I costi così lievitarono fino ai 110 milioni di dollari finali. Ovviamente la scelta di casting non è stata casuale: Pratt e Lawrence sono gli idoli dei teenager e non solo e, per questo, i produttori si aspettavano un trionfo al botteghino che in realtà sul mercato domestico non è arrivato. Alla fine il cast fa bene il proprio lavoro, con la Lawrence decisamente più convincente rispetto alla sua controparte maschile (Pratt, nelle parti drammatiche, soffre un pò di più). Il personaggio migliore del film è però sicuramente l’androide barista interpretato da Michael Sheen (le sue scene sono un omaggio del regista norvegese a Shining).
In definitiva Passengers si rivela una grande occasione persa: con tutte queste risorse a disposizione (si segnala anche un Laurence Fishburne non utilizzato al meglio ed un Andy Garcia come comparsa illustre) i presupposti per un buon film c’erano tutti ma, statene certi, il destino di Passengers è l’oblìo.