Fare una classifica con i migliori film di un intero anno è un esercizio di sintesi incredibilmente difficile, soprattutto nel definire quale debba essere la tassonomia, quale il criterio secondo cui scegliere le pellicole da lasciare fuori e quelle da includere. Sarebbe facile cedere alla tentazione di assecondare i gusti dei lettori per fare tutti contenti, almeno quanto lo sarebbe isolarsi in una torre eburnea e fingere che l’unico cinema ‘che conta’ sia quello d’essai. Nel cercare un approccio equilibrato al cinema del 2016, abbiamo deciso di fare in modo che nella nostra top 20 non mancassero il cinema d’autore e quello per il grande pubblico, il documentario e il film d’animazione, il cinema per ragazzi, quello musicale e il genere del cinecomic. E, soprattutto, non abbiamo voluto cadere nell’errore di prendere più seriamente il dramma rispetto alla commedia, perché far ridere è un’arte nobile e difficile quanto quella di evocare il dolore.
Nel cercare un equilibrio abbiamo necessariamente dovuto escludere molte pellicole che avremmo a tutti i costi voluto menzionare, come ad esempio Sole Alto, El Club, Fuocoammare, Tutti Vogliono Qualcosa, Deadpool e molte altre. Ci sono stati poi titoli dei quali abbiamo discusso tanto per la classifica dei migliori film dell’anno quanto per quella delle più cocenti delusioni (uno per tutti: Rogue One – A Star Wars Story) e, infine, non avete idea di quanto sia stata limitante la scelta di citare solo i film usciti in sala in Italia nei canali ufficiali, che ci ha impedito di considerare lavori che altrimenti avrebbero torreggiato in vetta alla classifica; si pensi a La La Land di Chazelle, Arrival di Villeneuve, Moonlight di Jenkins, Swiss Army Man dei Daniels, Manchester By The Sea di Lonergan e Rai – Paradise di Konchalovsij.
Fatta questa difficile premessa, potete però esser sicuri che ognuno dei nomi è entrato in classifica dopo una lunga e attenta riflessione e che, anche le pellicole che forse risultano meno conosciute al grande pubblico o che probabilmente non troverete citate altrove, meritano assolutamente l’onore di rappresentare quanto di meglio il cinema del 2016 abbia saputo regalarci. Buona lettura!
20. PERFETTI SCONOSCIUTI
Paolo Genovese, che di certo non ci ha abituati a dei capolavori, si chiude in una stanza con un team di sceneggiatori che sembra una squadra di calcetto e ne esce con il soggetto più straordinario dell’anno, dando vita a un film in gran parte magnificamente girato. In un’atmosfera che ricorda il Polanski di Carnage, un gruppo di amici – interpretato da un cast perfetto – si riunisce per una cena e decide di condividere ogni messaggio o telefonata che arriverà sui telefoni durante la serata. La scenografia di Chiara Balducci diventa una protagonista a sé, mentre viene messa in scena una pièce teatrale sulla debolezza dei rapporti umani. Un finale tanto improvviso quanto privo di senso ed eleganza ci riporta con i piedi per terra, ricordandoci che tra gli sceneggiatori c’è anche chi ha firmato Un Natale al Sud, il più brutto film italiano del 2016. Provocatorio.
19. ONE MORE TIME WITH FEELING
L’apprezzatissimo Fuocoammare di Rosi andrà pure a rappresentare l’Italia agli Academy Awards, ma se c’è un documentario che più di ogni altro si è insinuato nei nostri cuori nel 2016 e che non li abbandonerà presto, questo è One More Time With Feeling di Andrew Dominik: una testimonianza a tratti rubata e sempre asciutta ed elegantissima del dolore più straziante e della normalità che lo accompagna. Nel film Dominik seleziona frammenti del privato del geniale cantautore Nick Cave, che affronta smarrito la sua vita e la sua arte dopo l’improvvisa morte del figlio. Un film profondo e mai retorico che ci tocca il cuore con le note lancinanti di Cave e ci seduce con un bianco e nero semplicemente meraviglioso e uno dei più straordinari usi del 3D di cui abbiamo memoria. Sorprendente.
18. LE CONFESSIONI
Tentare di percorrere una strada non battuta è rischioso, ma con il suo Le Confessioni Roberto Andò ha dimostrato di saper osare, regalandoci un film inusuale e divisivo con cui ha preso un tema abusato e banalizzato come quello della critica alla politica monetaria internazionale e ne ha fatto un racconto sofisticato e misterioso. In un ritiro forzato, sospeso tra il surrealismo di Buñuel e il giallo ad orologeria di Agatha Christie, un monaco, una scrittrice di bestseller per bambini e il gotha della finanza internazionale si ritrovano protagonisti di una sorta di processo collettivo, in cui ognuno deve rispondere agli altri ma ancor prima a se stesso. Il cast straordinario (Toni Servillo, Daniel Auteuil, Connie Nielsen, Pierfrancesco Favino e altri) non può che contribuire alla riuscita di un episodio cinematografico così fuori dagli schemi. Coraggioso.
17. ROOM
L’irlandese Lenny Abrahamson (quello di Frank) mette su pellicola il romanzo Stanza, letto, armadio, specchio di Emma Donoghue: la storia di una donna segregata e stuprata per sette anni dal suo aguzzino, che cresce un figlio in una stanza di tre metri per tre cercando di convincerlo che il mondo è tutto lì ed è bellissimo. Un racconto struggente, ispirato alla storia vera di Elisabeth Fritzl, che però non cede al pietismo e si divide in due atti: un thriller emotivo incentrato sulla segregazione e un dramma psicologico focalizzato sulla rinascita, collegati da un’adrenalinica fuga verso la libertà. Il pervertimento della normalità e il suo successivo riscatto si fanno forti dello sguardo del bambino che scopre il mondo per la prima volta, costringendoci a farlo con lui. Oscar alla straordinaria Brie Larson. Catartico.
16. IL DRAGO INVISIBILE
Il cinema per ragazzi è un filone incredibilmente sottovalutato, ma nel 2016 ci ha regalato un piccolo grande capolavoro di genere che è passato ingiustificatamente in sordina. Il regista David Lowery stravolge il classico Disney Elliott il drago invisibile e ne fa un remake in cui una straordinaria sensibilità e dolcezza prendono il posto del solito mix tra effetti speciali invasivi e villain che vogliono distruggere il mondo. Il piccolissimo orfano Pete viene adottato da un amorevole drago peloso e cresciuto per anni nell’isolamento della foresta. Il richiamo esercitato sul bambino dalla normalità di Bryce Dallas Howard e Robert Redford lo metterà davanti al dolore di fare una scelta. Un intenso e malinconico racconto sul trauma e sulla difficoltà del cambiamento, come non se ne vedevano da anni. Formativo.
15. SING STREET
Nell’anno del successo incontenibile di Stranger Things, John Carney ci riporta tra un gruppo di giovanissimi amici negli anni ’80 e ci regala una commedia musicale semplicemente irresistibile, in cui riesce nel difficilissimo compito di raccontare il disagio sociale pur facendo trionfare i ‘buoni sentimenti’ (che roba fuori moda, eh?). Il risultato è un film nostalgico e divertentissimo, che ritrae tutta la naïveté della prima adolescenza e i maldestri e coraggiosi tentativi di costruire il futuro che contraddistinguono quella fase della vita. Impossibile non uscire dalla sala senza sentirci un po’ ridicoli ripensando al nostro passato e senza al contempo essere armati di una rinnovata fiducia nel mondo. Il taglio da going into business story rende il tutto più interessante. Adorabile.
14. REVENANT (ex æquo)
Per la quattordicesima posizione della nostra classifica (che di fatto sarebbe una top 21) abbiamo un ex æquo. Nonostante la recitazione di Di Caprio – a dispetto dell’Oscar – non sia all’altezza delle sue migliori interpretazioni, la sceneggiatura sia ridotta all’osso e il citazionismo verso Tarkovskij sia ai limiti del plagio, con The Revenant Alejandro Gonzalez Iñárritu ci regala una pellicola il cui piano sequenza iniziale andrebbe proiettato nelle scuole di cinema e la cui fotografia – firmata da Emmanuel ‘Chivo’ Lubezki – è quanto di più entusiasmante visto in sala quest’anno. Il film, con la sua folle vicenda realizzativa, è la quintessenza di quello spirito di onnipotenza, creazione e pionierismo che è alla base dell’idea stessa di cinema. Un’opera caratterizzata da una megalomania che solo il sacro fuoco dell’arte può giustificare. Ambizioso.
14. THE NICE GUYS (ex æquo)
A parimerito con Revenant non potrebbe esserci pellicola più diversa: parliamo di The Nice Guys di Shane Black. Lo sceneggiatore dei primi due Arma Letale torna dietro la macchina da presa dopo Iron Man 3 e ci regala la sorpresa dell’anno: una pellicola magnificamente godibile incentrata sulla straordinaria e inedita coppia comica costituita da Ryan Gosling e Russell Crowe; un duo che all’insegna del pragmatismo e della goffaggine si ritrova a indagare nella Los Angeles del 1977 sulla morte di una pornostar. Ne risulta un divertentissimo buddy movie mascherato da thriller e con elementi slapstick in cui la violenza va di pari passo con le risate e una certa ingenuità: ingredienti che ci hanno ricordato non poco la storica coppia formata da Bud Spencer e Terence Hill. Esilarante.
13. LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT
Sarà pure ben lontano dall’essere un film perfetto, ma con i mezzi con cui i Marvel Studios realizzerebbero a stento dei titoli di testa, Gabriele Mainetti ci stupisce girando uno dei più interessanti film supereroistici di cui abbiamo memoria, nonché una delle migliori pellicole italiane dell’anno. Lo script di Guaglianone e Menotti trasforma la povertà di mezzi in un punto di forza e confeziona una storia in cui gli ultimi e gli emarginati assurgono al ruolo di eroi, villain e principesse. Le influenze esterne sono molte, prima fra tutte quella dei Manetti Bros, ma questo cinecomic di borgata – nella stessa annata di Deadpool – dimostra quanto un attento lavoro di scrittura possa permettere di sfidare anche i giganti dell’intrattenimento. E noi non vediamo l’ora di scoprire le nuove avventure di Enzo Ceccotti. Rivelatorio.
12. THE HATEFUL EIGHT
Con il suo nono lungometraggio Quentin Tarantino si guarda un po’ troppo allo specchio e dopo un meraviglioso primo atto che potrebbe ricordare lo straordinario Huis Clos di Sartre, si perde in un trionfo di violenza che nonostante la debole metafora politica non offre la molteplicità di letture tipica dei suoi primi lavori. Detto questo, The Hateful Eight rimane una delle pellicole più memorabili dell’annata, un giallo vecchia maniera mascherato da western, in cui il visionario talento del regista pulp per eccellenza lascia il segno, confezionando un racconto che per ambizione visiva e teatralità svetta su un panorama cinematografico troppo spesso uguale a se stesso. La colonna sonora del gigantesco Morricone, pesantemente debitrice alle musiche composte da Bernard Herrmann per Hitchcock, ancora riecheggia nelle nostre orecchie, evocando quei paesaggi innevati ripresi nella gloria dei 70mm. Iconico.
11. THE WITCH
Premiata al Sundance nel 2015, l’opera prima di Robert Eggers ci segna con la sua terrificante semplicità; si svincola da ogni cliché proprio del cinema di genere e mette in scena con straordinaria eleganza una storia di per sé tutt’altro che innovativa. Al racconto di una presenza demoniaca si accompagnano però i temi della fede, della fame, dell’isolamento e del sospetto, che da soli basterebbero a portare a un punto di non ritorno le dinamiche familiari. Con il suo passo lento e incessante, The Witch suggerisce e non mostra, costruendo un climax ineludibile che tiene incollati allo schermo. Eggers ci fa perdere in atmosfere e tematiche che ricordano Sokurov e Polanski, dimostrando che non servono CGI o grandi star per confezionare un successo di critica e pubblico. Perturbante.
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