Nel 1997 il compianto Abbas Kiarostami, in occasione della palma d’oro conferita al suo Il sapore della ciliegia, osò (si fa per dire) baciare sul palco la presidentessa di giuria, Catherine Deneuve, come è costume a Cannes. Questo semplice gesto di amicizia costò la censura della premiazione in patria e costrinse Kiarostami a tornare una settimana dopo a casa sua, a Teheran, perché per le durissime regole del governo islamico dell’Iran un uomo e una donna che non sono sposati o imparentati non possono toccarsi.
Queste sono le regole con cui deve girare Asghar Farhadi, che da About Elly fino al nuovissimo e, ancora una volta, premiatissimo film Il cliente, non cambia stile né temi; sembra fare sempre lo stesso film, ma ogni volta è diverso, ogni volta il suo modo di fare thriller si evolve sempre di più e le sue riflessioni, specialmente in questo ultimo, si estendono ben al di là del suo difficile paese natìo. Il senso di colpa, la vendetta, l’ambiguo e il grande affetto verso i propri cari, espresso tutto per mezzo della parola, perché in Iran gli attori non si toccano.
Emad e Rana sono una giovane coppia di attori costretta a lasciare la propria casa al centro di Teheran a causa di urgenti lavori di ristrutturazione. Un amico li aiuta a trovare una nuova sistemazione, senza raccontare nulla della precedente inquilina che sarà invece la causa di un “incidente” che sconvolgerà la loro vita.
Vedere Il cliente è uno dei modi migliori per imparare a scrivere una sceneggiatura. Insegna come non si debba dire tutto subito, come si scrivono delle scene di tensione senza eccessivi movimenti di macchina e del corpo degli attori, ma solo con le parole e una camera a mano che non lavora normalmente.
Nel cinema di Farhadi non c’è mai niente di completamente vero e niente di completamente falso; non c’è più l’idea manichea del bene e del male: come recita Andreotti nel divo “ Sono tutti medi peccatori”.
Lo è la moglie della coppia, la quale non vuole e non riesce a raccontare quello che è successo agli altri o alla polizia, per vergogna e pudicizia, ma soprattutto per paura del giudizio altrui (raccontare che un uomo l’ha vista nuda, l’ha toccata e che lei, ingenuamente e in buona fede, gli ha aperto la porta).
Lo è il marito quando si mette in testa di “vendicare”, in qualche modo, la moglie. Niente armi, niente Nocturnal animals, ma solo le strade di Teheran e un colpevole inaspettato, una grande sequenza finale e un modo di fare cinema proprio dei grandi registi, quelli che prendono un genere e poi lo trasformano e lo fanno loro. Esiste allora un thriller alla Farhadi, pieno di “innocenti” colpevoli e vittime che, alle volte, sono anche carnefici. Personaggi ossimorici di cui, come anche nel suo capolavoro Una separazione, non siamo mai sicuri.
Il cliente e un film difficile per noi occidentali. Già dalle prime scene, quando il protagonista, professore liceale, si rivolge alla sua classe totalmente maschile, proviamo un senso di straniamento; oppure quando la giovane coppia, appena arrivata nel nuovo palazzo, si presenta ai vicini: gli uomini si salutano con una stretta di mano, le donne da lontano, senza intervenire nell’azione. Farhadi poi racconta di due giovani e progressisti iraniani, colti, che stanno allestendo una rappresentazione dilettantesca di Death of a salesman di Arthur Miller.
Il cliente e Morte di un commesso viaggiatore possono a prima vista sembrare opere lontane, sconnesse, quasi messe insieme per puro caso. Ma Will Looman è vicinissimo al protagonista (palma d’oro come miglior attore al festival di Cannes), ne condivide la necessità di far stare bene sua moglie e di proteggerla, di essere all’altezza delle cose e delle responsabilità; se non può proteggere o vendicare la moglie, non sarà mai all’altezza.
Poi un oscuro finale, tanto struggente quanto oscuro, che ci lascia interdetti ma non delusi e ci dimostra una volta in più che Asghar Farhadi è, citando Lermontov, Un eroe del nostro tempo.
Il Cliente: la recensione in anteprima del nuovo film di Farhadi
Il grande cineasta iraniano Asghar Farhadi torna con un nuovo capolavoro, un thriller inusuale che si presta o molteplici livelli di lettura.