Il 2016 è stato per il cinema francese un anno record, in cui gli incassi in sala hanno registrato un +4% e sono stati tra i più alti degli ultimi 50 anni. Anonima Cinefili approfitta dello spunto offerto dai dati del Centre National du Cinema per proporvi per qualche giorno un focus su quelle pellicole che negli ultimi anni si sono distinte oltralpe ma delle quali probabilmente non avete sentito parlare.
Les Démons (I Demoni) è un film del 2015; una vera e propria perla ancora inedita nelle sale dello Stivale, dove la distribuzione deve fare sempre i conti con un mercato che predilige i contenuti di evasione a quelli più scomodi, sui quali qualche volta varrebbe la pena soffermarsi, indagare e magari anche confrontarsi.
Non crediate però di trovarvi di fronte a una pellicola dai toni pesanti o dai dialoghi ostici: uno dei grandi pregi del regista Philippe Lesage è anzi proprio quello di mettere in scena un racconto che incede a tinte tenui, a misura d’uomo – o meglio di bambino. È proprio questo taglio leggero, probabilmente, che fa di Les Démons un film che non risparmia nulla allo spettatore, diventando a modo suo perfino “selvaggio”. Ragion per cui, nell’attesa di una distribuzione italiana, auspichiamo che chiunque organizzi festival o rassegne voglia selezionarlo per proporlo al pubblico di casa nostra.
l quarantenne Lesage, che oltre alla regia firma anche la sceneggiatura, ha al suo attivo diversi premi ottenuti per lo più nell’ambito del cinema indipendente e dei documentari. Cresciuto a Longueuil e Montreal, in Canada, per ambientare Les Démons sceglie in particolare il sobborgo Old Longueuil, un luogo – almeno così fanno intuire le poche e scarne cronache – legato in qualche modo ad esperienze personali che ricondurrebbero ai temi del film.
Felix è un bambino di dieci anni che frequenta un gruppo di suoi coetanei a scuola e in piscina, ma è un bambino triste, pauroso, infelice a dispetto del nome che porta. La sua ansia lo spinge a trasformare tutte le sue paure in fobie, che interiorizza nel profondo, fino a farle diventare dei veri e propri demoni. Il deficit di sicurezza di Felix non può trovare una compensazione né nel rapporto con il fratello e la sorella maggiori, che hanno altre amicizie e altre priorità, né in quello con i litigiosi genitori, perennemente in crisi matrimoniale. Il protagonista è così costretto a scoprire da solo chi sia (anche sessualmente) e chi siano gli altri. Come ogni bambino, è dotato di una grande immaginazione che riesce a stento a gestire, e quando viene a sapere della scomparsa di un suo compagno di scuola inizia a pensare ossessivamente a dei racconti che lo avevano turbato in precedenza: delle voci sulla presenza nel quartiere di una banda che rapisce e sevizia i minori. È forse questo il momento in cui, più o meno consapevolmente, Felix è costretto a fare i conti anche con i demoni esterni. Lui e il gruppo dei suoi coetanei, che credono di aver scampato il pericolo, si ritroveranno comunque a dover affrontate una sorta di perdita dell’innocenza. Perché non è detto che le acque di una piscina siano più sicure rispetto al mare aperto.
Les Démons è un film che affronta il tema della pedofilia? Indubbiamente sì, tra gli altri. Tuttavia sarebbe più esatto dire che è una pellicola che descrive un mondo: il mondo dei bambini che a dieci anni non sanno ancora chi sono e cercano di scoprirlo. Un’età in cui il confronto con gli adulti diventa indispensabile, a patto che gli adulti osservino, siano in ascolto e non si girino dall’altra parte. Da questo punto di vista i 118 minuti di Lesage sono lungi dall’essere didascalici, retorici, emotivi, evocativi. Merito ovviamente della sceneggiatura che non cede mai ai luoghi comuni, al prevedibile o, peggio ancora, a intenti didattici o moralistici; ma merito anche di una regia che non si è lasciata irretire dal tema forte e, al contrario, ha utilizzato tanti temi e tanti spunti per fare un film potente, onesto, credibile. Les Démons è una pellicola sorprendente dall’inizio alla fine, dove nulla è dato per scontato e dove nulla e nessuno è quello che lo spettatore si aspetta. Lesage maneggia la macchina da presa con una padronanza assoluta e con una capacità di descrizione che entra quasi “fisicamente” nei luoghi e nei personaggi. Quello che colpisce ancora di più, però, è la sua estrema abilità nel gestire gli spazi: i movimenti di macchina, uniti all’utilizzazione dello spazio in cui vengono fatti muovere i personaggi, regalano allo spettatore momenti di cinema che sembra in 3D pur non essendolo. Un risultato ottenuto anche grazie al grande lavoro fatto con le scenografie e con le musiche.