Presentato in anteprima alla 73° Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti, da giovedì 26 ottobre sbarcherà nelle sale italiane il film Riparare i Viventi, terzo lungometraggio della giovane regista francese Katell Quillévéré, autrice specializzata in pellicole dal forte sapore melò e reduce dal buon successo di critica ottenuto in patria con la sua opera seconda Suzanne (che ha aperto nel 2013 la Semaine de la Critique a Cannes).
Riparare i Viventi tratta la tematica, di grande importanza civile, della donazione degli organi.
Simon (Gabin Verdet), un giovane diciassettenne amante della bicicletta e del surf, si trova coinvolto in un incidente stradale che gli causerà la morte cerebrale. I due medici Pierre Révol (Bouli Lanners) e Thomas Rémige (Tahar Rahim) cercano allora di convincere i genitori del ragazzo, Marianne (Emmanuelle Seigner) e Vincent (Kool Shen), a dare l’autorizzazione per la donazione; i due ci penseranno su ma alla fine accetteranno, permettendo in questo modo a Claire (Anne Dorval), una musicista di mezz’età con una malattia cardiaca degenerativa, di poter tornare a vivere serenamente grazie ad un cuore nuovo.
Il film è tratto dall’omonimo bestseller di Maylis De Kerangal, edito da Feltrinelli.
La pellicola della Quillévéré ha indubbiamente, alla base, una missione civica e didattica molto nobile perché riporta al centro del dibattito una questione di cui si parla sempre troppo poco e lo fa con un lungometraggio che utilizza registri diversi nell’arco dei 104 minuti di durata, nonostante rientri propriamente nel genere del melodramma: se nella prima parte l’approccio è più autoriale (con uno stile molto riconoscibile e tipicamente francese) nella seconda invece è il realismo a fare da padrone, con una descrizione molto accurata di come funziona l’iter del trapianto di organi e mostrandoci addirittura, senza filtri, i dettagli di un’operazione a cuore aperto (quasi come se fosse un documentario). Se da una parte il tentativo da parte della regista di non presentarci il solito melò è sicuramente interessante, dall’altra però, così facendo, viene svuotata la carica emotiva che il film dovrebbe avere perché di fatto riduce drasticamente la sua drammaticità, non coinvolgendo fino in fondo lo spettatore all’interno della storia (nonostante l’ottimo lavoro degli attori e la colonna sonora composta da Alexandre Desplat) e questo, in un melodramma, non si può fare; la pellicola alterna momenti intensi (si intuisce che la Quillévéré ci tenesse a questo progetto) a sequenze inconcludenti e, in un paio di occasioni, anche di cattivo gusto (le fantasie dell’infermiera e la scena prima dell’intervento, quella dell’iPod, sono delle scelte registiche francamente inopportune) ma, nonostante ciò, il film non sfocia però mai del tutto nel ridicolo, riuscendo a mantenere comunque la sua dignità; bisogna inoltre dare merito al lavoro egregio del cast, formato da interpreti formidabili come la Seigner (ma non è certo una novità), la Dorval (collaboratrice storica di Xavier Dolan) e il bravo Tahar Rahim.
Riparare i Viventi è una pellicola (purtroppo) riuscita a metà perché la sua natura di Pubblicità Progresso mette eccessivamente in secondo piano la storia e i personaggi; tuttavia il cinema ha il dovere morale di raccontare storie che di solito non vengono raccontate nei media tradizionali e questo film è meritevole di attenzione proprio per questo motivo.