Dopo una quantità sterminata di finti trailer, due serie televisive, numerosi passaggi radiofonici e un film (due, se si conta anche la pellicola in cui è protagonista Herbert Ballerina), Maccio Capatonda torna al cinema per un nuovo lungometraggio e ancora una volta prende di mira con la sua cifra surreale ed estrema i costumi italici.
Se con Italiano Medio aveva immaginato il percorso verso la stupidità di un singolo individuo, con Omicidio all’Italiana Maccio – al secolo Marcello Macchia – prende di mira la demenza collettiva che porta un certo giornalismo e un certo pubblico televisivo a sviluppare un’attenzione tanto morbosa quanto superficiale verso gli episodi di cronaca nera.
Protagonisti del film sono delle vecchie conoscenze degli aficionados di Maccio: i fratelli Peluria, qui sindaco e vicesindaco di un paesino moribondo e quasi senza abitanti (figuriamoci turisti). Il sindaco Peluria (Macchia), in uno slancio di improbabile imprenditorialità, trasformerà la fortuita morte di una contessa in un omicidio spettacolare, che possa destare l’interesse dei media e di conseguenza trasformare il piccolo centro in una meta di pellegrinaggio per il turismo dell’orrore.
L’umorismo che ritroviamo nel film è quello che ben conosciamo: continuamente sospeso tra il demenziale, il surreale e il geniale, gioca con la lingua e con gli stereotipi su un soggetto, che invece, demenziale non lo è per niente.
Probabilmente è errato parlare di ‘denuncia sociale’, dato che (fortunatamente) non emerge l’ombra di un intento didascalico; in compenso la critica di Macchia arriva sempre con la sobrietà di un’ammiccamento rivolto a chi lo può cogliere, ed è tanto impietosa da travolgere brutalmente ogni personaggio – principale o secondario – del film.
Tanto a livello di script quanto a livello di regia la realizzazione della pellicola dimostra un netto miglioramento rispetto al debutto registico di un paio d’anni fa, e nonostante ceda ogni tanto a soluzioni televisive della peggior specie (di quelle che sembravano esauste già ai tempi di Drive In) mostra anche movimenti di macchina e scelte di grande consapevolezza, e un citazionismo cinefilo che sfiderà lo spettatore a un continuo, compiaciuto e divertentissimo gioco di richiami.
Omicidio all’Italiana ha molti dei limiti di un contenitore cinematografico affastellato di contenuti più adatti alle forme brevi del linguaggio televisivo e del web, eppure, intrattenendo magnificamente e divertendo, finisce per puntare i riflettori su una tematica di grande interesse e cui stranamente quasi nessuno si è dedicato fino ad ora. Ben vengano le gag demenziali, se permettono di raccontare le miserie di un paese senza retorica e anzi con una causticità rara.
Omicidio all’italiana: la recensione in anteprima del nuovo film di Maccio Capatonda
Marcello Macchia torna davanti e dietro la macchina da presa per una surreale denuncia della morbosità televisiva. Protagonisti i fratelli Peluria.