Cercando Love su Netflix si trovano due risultati ben diversi: il film erotico di Gaspar Noé e le due stagioni della serie di Judd Apatow. Il primo è, per usare un eufemismo, “non per tutti”, mentre il secondo è così tanto per tutti da essere uno dei prodotti meglio confezionati sulla piattaforma. Love ha due bei protagonisti (soprattutto ha Mickey), una durata per episodio di venti minuti che permette la visione durante una pausa di lavoro o di studio, affronta in modo talvolta malizioso il rapporto amoroso e racconta la quotidianità Losangelina senza per forza insistere sul cliché della “ragazza/o che viene a Los Angeles per inseguire i suoi sogni.”
Judd Apatow decide di non spostare di una virgola l’attenzione sulla storia di Gus e Mickey. Anche la seconda stagione segue le loro uscite, il loro privato, la loro vita sul posto di lavoro, i loro rapporti sessuali strani in cui Mickey usa sempre un vibratore rosa. Questo è d’altronde il limite e il cuore pulsante allo stesso tempo di Love. Bisogna prendere le parti di Gus e di Mickey, tifare per loro, affezionarsi al povero nerd alle prese con una ragazza complicata. È Freaks and geeks, dopo circa vent’anni, con degli adulti. Ma, allora, che fine fanno i Freaks vicini ai trenta anni? Mettono su famiglia, come gli amici di Mickey, oppure come lei finiscono a barcamenarsi tra una storia e l’altra, un uomo e un altro, finché non incontrano quello giusto. Invece i Geeks che fanno? Passano le serate a riscrivere colonne sonore per i film, a parlare di serie degli anni ’90 e a lamentarsi di essere senza ragazza/o. Lo spunto non è nuovo, Apatow però pensa agli episodi come ad un lungo film: ogni puntata riprende precisamente da dove era finito l’episodio precedente e alla fine della seconda stagione ci accorgiamo che Gus e Mickey si conoscono da meno di due mesi.
Confermata la terza stagione, possiamo delineare un’ipotetica trilogia che ha più di un elemento in comune con i tre capolavori di Linklater ( Before sunrise, Before sunset, Before midnight). La prima parte dei tre capitoli di Love racconta il primo incontro, le prime uscite, i primi momenti da amici dei due protagonisti. La seconda racconta invece una cosa difficilissima come la genesi di un rapporto. Tutti gli episodi narrano un relazione continuamente in divenire, mutevole, liquida. Gus e Mickey stanno insieme ufficialmente e non, come coppia aperta e non, escono per i fatti loro ed escono insieme. Apatow e Rust (i creatori della serie), non rifiutano di raccontare le tribolazioni di una storia di amore tradizionale, ma raccontano piuttosto le scelte che bisogna fare per creare una coppia, come quando Jesse, in Before sunset, mentre si trova a Parigi, deve decidere una cosa semplice come prendere un aereo prima o dopo, sapendo che cambierà completamente la sua vita.
Love è un divertente racconto delle piccole cose, della quotidianità, delle scelte e dei sacrifici che un individuo fa per indirizzare la propria vita. Apatow è sempre stato bravo, bravissimo, a raccontare questo processo, adolescenziale in Freaks and Geeks e adulto nella serie di Netflix. Come quando Lindsay alla fine della serie del ’99 deve decidere se andare a seguire il tour dei Grateful dead o no. Tutti i lavori dello sceneggiatore australiano sono così precisamente immersi nel periodo in cui sono adattati che alle volte diventano ridicoli. Basti pensare alle centinaia di volte in cui sentirete Mickey o Gus o uno dei loro amici parlare di “Uber”, dei “Brunch”, delle grandi serie di successo per ragazzi come Witchita, di come i Podcast stiano distruggendo la radio (semi-citando i The Buggles: Podcasts killed the radio star).
Per quanto i difetti non manchino (Gus alle volte è insopportabile per la sua ingenuità, tanto quanto lo è Mickey nel suo essere esuberante; i personaggi di contorno sembrano messi un po’ a caso, dato che non hanno nulla da fare col protagonista; le battute molte volte strappano al massimo un sorriso), la visione e l’uso sporadico delle droghe, le allusioni alla sfera sessuale e i riferimenti maliziosi come il vibratore rosa di Mickey o le due ragazze che Gus incontra nella prima stagione, rendono l’ultima fatica di Apatow davvero godibile e interessante.
Jesse e Celine sono ad un altro livello, così come lo è Linklater, ma anche Gus e specialmente Mickey (e ancor di più Gillian Jacobs, l’attrice che la interpreta) meritano tutta la nostra attenzione.
Love – la recensione della seconda stagione (no spoiler)
L'ottima serie di Judd Apatow sceglie di raccontare la quotidianità di un rapporto senza dover calcare la mano nella costruzione di una tensione interna.