Primo lungometraggio del regista francese Laurent Teyssier, Toril è un film poco convincente, un’opera autobiografica a metà strada tra il dramma sociale e la crime story con i tratti tipici del noir mediterraneo.
Questa la sinossi: un burbero contadino delle campagne francesi cerca di togliersi la vita a causa dei debiti che lo stanno paralizzando da troppo tempo (sulla scena in questione ci riesce ancora difficile sospendere l’incredulità). Il figlio di nome Philippe decide così di salvare le terre del padre e riguadagnare la stima della famiglia, rivolgendosi al più grande trafficante di droga della regione, uno spietato criminale col fiuto per gli affari. Come succede spesso in queste situazioni, le cose si metteranno male e Philippe si troverà invischiato in una rete da cui sarà quasi impossibile uscirne.
Anche se innovativo a suo modo nel dipingere la bella Provenza con toni cupi e desolanti, l’esordiente Teyssier viaggia sul sicuro: guarda a delle cose magari inedite impiegando degli schemi già collaudati. Abbiamo il giovane scapestrato, pecora nera della famiglia che tenta in tutti i modi di aggraziarsi il padre; l’amico fraterno che lo copre e lo aiuta nella sua missione (personaggio anche abbastanza superfluo) e il tipico boss mafioso di quartiere, esagerato nei modi e spaccone, che a volte scade nel grottesco. È evidente come anche la sceneggiatura, vero punto dolente del film, reiteri spesso gli accorgimenti di un cinema di denuncia poco chiaro, concentrandosi maggiormente sull’effetto sorpresa più che sulla psicologia dei personaggi, appena abbozzati e relegati a semplici macchiette. Uno su tutti, la fidanzata di Philippe, Sonia (Sabrina Ouazani), il cui ruolo marginale si esaurisce nella classica bella ragazza poco sveglia e irritante. Menzione d’onore invece per quanto riguarda Vincent Rottiers (interprete del protagonista), attore di innegabile bravura che già ci aveva persuaso nel discusso Dheepan di Jacques Audiard. Non a caso sulle sue spalle si regge l’intera struttura filmica, altrimenti molto fragile.
L’atmosfera rurale francese è però ben ricreata: la calura soffocante dell’estate, il frinire delle cicale, la corrida; tutto è reso con una certa capacità di messa in scena, avvalorata peraltro da uno studio della luce non indifferente. Peccato per alcune scelte stilistiche di cattivo gusto, come le stucchevoli sequenze al rallentatore o le ellissi temporali mai troppo chiare.
D’altra parte il film procede senza eccessivi intoppi e Laurent Teyssier si dimostra abbastanza abile nel descrivere l’universo in transizione della Provenza, documentando il declino dei piccoli agricoltori a fronte dell’avvenuta monopolizzazione dei supermercati; senza tralasciare l’impatto economico del commercio illegale che ne deriva. Se non altro gli va riconosciuto il merito di aver trasposto sul grande schermo la realtà crudele e meschina della piccola provincia francese di cui in molti ignoravamo l’esistenza; abituati al luccichio delle cartoline raffiguranti una Francia sud-orientale fascinosa e lussureggiante. Un gesto nobile che però non sopperisce ai difetti del film.
BFM35 – la recensione in anteprima di Toril
Il quinto film in concorso al Bergamo Film Meeting è un'opera autobiografica sospesa tra il dramma sociale e la crime story. Teyssier non convince.