Il regista polacco Grzegorz Zariczny, debutta al festival orobico con Fale, opera prima che nasce dalla sua esperienza come documentarista e si basa sulle vicissitudini di uno degli attori principali.
Le adolescenti Ania e Kasia sognano di diventare parrucchiere di successo e nel frattempo trascorrono il tempo come apprendiste nel salone gestito dalla signora Szefowa, un capo severo e antipatico. Del resto le giornate a Nowa Huth, nella periferia di Cracovia, sono tutte uguali e non c’è molto da fare, ma è qui che le due ragazze vivono gli ultimi momenti cruciali della loro infanzia spensierata e le prime complicazioni dell’età adulta.
In questo microuniverso di individui in solitudine e senza conforto, le due ragazze si trovano alle prese con dilemmi famigliari e insofferenze legate a un contesto che le ignora totalmente: Ania, la protagonista dai tratti androgini, vive sola con un padre infantile che spesso la redarguisce in modi tutt’altro che gentili; mentre Kasia, l’amica conosciuta al salone da parrucchiera, deve fare i conti con un padre alcolizzato e una madre depressa. Con alti e bassi cercano insieme di vincere la noia imperante che nella zona industriale della città sembra affossare ogni minimo sussulto di novità e divertimento. Non manca di certo qualche passeggiata al parco o il corteggiamento con il ragazzo di quartiere, ma il tutto si esaurisce in una cerca disperata di qualche attività che possa migliorare una giornata infelice. Così tra una acconciatura sbagliata e i rimproveri della signora del negozio, si danno a piccoli sprazzi di gioia e svago fugace, come una decolorazione fai da te o il bagno (velatamente erotico) cui sono solite dedicarsi.
Il ritratto che il giovane cineasta polacco fa di questa Cracovia livida e smorta è sconfortante: la regia posata amplifica il senso di scoraggiamento delle due giovani adulte, capitate in un mondo ostile che non le valorizza; paesaggi smorti e personaggi assenti sembrano suggerire una certa desolazione intima e architettonica, mentre lunghi silenzi saturano una sceneggiatura solida e forse poco incisiva. Ci si aspetterebbe infatti una deriva più caustica e tagliente del film, soprattutto in relazione ai turbamenti adolescenziali delle due protagoniste, costrette nella staticità sociale della moderna realtà polacca. Ciò che ne emerge in definitiva è però il cupo realismo di una città vuota e trascurata, con le strade fiancheggiate da abitazioni squallide e blocchi di grattacieli, dove il fatiscente e il consunto è preferibile al “nuovo e troppo pulito”.
Probabilmente ispirandosi ai primi lavori del Kieslowski documentarista l’intento era gettare uno sguardo inedito sulla Polonia post-industriale, stretta in una morsa di profonda negatività. In questo caso l’obiettivo è centrato innegabilmente.
BFM35: la recensione in anteprima di Fale / Waves
Una Polonia grigia, senza stimoli e senza illusioni, è protagonista della sesta pellicola presentata in concorso al Bergamo Film Meeting.