Nel magmatico concorso della Berlinale di due anni fa, che vide trionfare Taxi di Panahi, si nascondeva un film indipendente tedesco che ha portato a casa solo quel premio per la fotografia che a Berlino si chiama “Outstanding artistic contibution for cinematography”. L’opera in questione, dal 23 marzo in sala grazie a Movies Inspired, si chiama Victoria ed è girata in un lunghissimo piano sequenza di più due ore (qualcuno ha pensato a Birdman?), pur senza mai scadere nel mero esercizio di stile. Il film di Sebastian Schipper è un trionfo.
Victoria (Laia Costa), una giovane spagnola che si è trasferita a Berlino, incontra un gruppo di amici nella sera del compleanno di uno di loro. La serata, da grande festa quale doveva essere, si trasforma quando uno dei ragazzi svela un segreto pericoloso.
La Berlinale ha scelto da tempo il suo stile: portare la politica, l’impegno sociale e dare spazio a cinematografie minori. D’altronde sono quelli che hanno scoperto Fahradi, hanno premiato Fuocoammare, ospitano Panahi e diversi registi da paesi che spesso non sono protagonisti della scena cinematografica. Non che questi registi non siano bravi, al contrario, eppure negli ultimi anni trovare un film non “politico” alla Berlinale era veramente un’impresa. Victoria è a suo modo un film impegnato, nella misura in cui racconta la gioventù del capoluogo tedesco, appassionata più della notte che del giorno e piena di contaminazioni culturali da tutta Europa e da tutto il mondo. La colonna sonora, infatti, è stata affidata a un geniale musicista tedesco sperimentale, Nils Frahm, berlinese di origine e cresciuto tra i club di quelli città come Kalkbrenner o Apparat ( quello della colonna sonora de Il giovane favoloso, per intenderci). Il film quindi riesce immediatamente a portarci nell’atmosfera giusta, entriamo subito nel club dove balla Victoria, sentendo la musica berlinese in un locale berlinese, in mezzo al neon come nei film di Gaspar Noé.
Da qui il film procede in tempo reale, in un perpetuo piano sequenza nel quale gli amici parlano, scherzano, dicono e fanno tutte le idiozie che tutti abbiamo sperimentato in qualche notte “allegra”. Il rapporto si irrobustisce, la chimica aumenta e i ragazzi, che vanno sempre a bere in cima ad un palazzo, ci vanno con Victoria e cominciano a raccontare un segreto che sarà il perno della seconda parte.
Il copione era come quelli del già citato Gaspar Noé: due o tre pagine di linee guida, poi il resto è tutto nelle mani del cast. Perché anche un regista, in una situazione cosi frenetica e rischiosa, non può permettersi pause o consigli agli attori, indicazioni di nessun genere. Va tutto deciso primo e non si può sbagliare. Aleksander Sokurov ha raccontato la difficoltà e le condizioni proibitive di fare un film che è solo un piano sequenza come L’arca russa e sottolineava come più che le condizioni mentali a fare la differenza siano le condizioni materiali. Il cameraman non può fermarsi per più di due ore, non devono esserci inconvenienti esterni come la pioggia, non si deve mai uscire dal personaggio, mai distrarsi. Le vere star di Victoria sono i giovani attori, talmente spontanei e genuini da far assomigliare il film ad un documentario o un video fatto tra amici. Ma la spontaneità della prima parte sparisce a partire dalla seconda ora, quando questa pellicola diventa una sorta di thriller, girato magistralmente. I 138’ minuti passano come un proiettile e si esce dalla sala esausti ma soddisfatti.
Il maggior riconoscimento di cui si può fregiare Victoria è la presenza viva di una storia che ci tiene dentro, ci rende partecipi, empatici. Un’unica inquadratura che non sembra mai eccessiva, mai stucchevole e mai fine a se stessa. Non è tanto una scelta di regia, quanto una di sceneggiatura. Un film del genere poteva essere fatto solo in tempo reale, poiché Berlino è una città di avventure, sorprese, follie e contaminazioni. Sebatian Schipper lo sa e, per fortuna, sa anche girare bene. Victoria è un’opera da non perdere.
Victoria – la recensione in anteprima di uno straordinario film in piano sequenza
Arriva in sala la bellissima pellicola di Sebastian Schipper già premiata alla Berlinale di due anni fa.